Aspettavamo una scossa e la scossa c’è stata. Siamo un po’ tutti sotto shock per il mezzo-Italicum che oggi o domani dovrebbe ricevere il primo suggello parlamentare. Con un colpo a sorpresa Matteo Renzi ha dato il via libera (tirandosi dietro, con doppia sorpresa, pure Berlusconi) alla proposta dei soci di minoranza dello strano governo (Ncd e cuperlian-dalemiani) di applicare la riforma solo alla Camera, dando per assodato che il Senato quanto prima scomparirà. Anzi, facendo come se fosse già scomparso. Da ieri l’altro. Game over, direbbe Matteo.
L’azzardo è dunque massimo, e pur essendo abituati alle corse senza respiro del Premier e alle vittorie al fotofinish molti elementi della sceneggiatura destano preoccupazioni che forse dovrebbero impensierire lui stesso.
Primo. Il Senato c’è ancora. A dirla tutta, dovrebbe anche approvare la non-riforma del sistema di elezione che lo riguarda, prima di decretare la sua buona morte.
Con una classe politica caduta al minimo della sua credibilità, cosa ci fa pensare che tra un anno e mezzo (referendum compreso) saremo approdati gioiosi e felici alla Terra Promessa? (Cioè alla Terza Repubblica?)
Non solo il testo base della riforma del Senato ancora non c’è. Manca pure l’algoritmo che dica, nero su bianco, come si fa, con il mezzo-Italicum, a trasformare i voti in seggi: non proprio un «dettaglio da addetti ai lavori». Non c’è nemmeno l’accordo tra i partiti della maggioranza su tutto il percorso, se Schifani può dire ai microfoni di Skytg24 e ad Avvenire – non due mesi fa, ma ieri l’altro – che è contrario alla riforma proposta da Renzi e che loro pensano a un Senato con funzioni differenziate rispetto alla Camera, che non dà e toglie la fiducia al governo, ma comunque elettivo. Quindi eletto con la proporzionale pura? Quando ne parleranno con il Pd e si metteranno d’accordo?
Se tira quest’aria nella maggioranza, figuriamoci all’opposizione. Il Movimento 5 Stelle è da sempre per mantenere per intero la doppia casta di senatori e deputati, ma con stipendi ridotti, benché a decidere sarà come sempre l’amatissima Rete. Le resistenze saranno fortissime. Rispunteranno le barricate contro l’eccessiva concentrazione di poteri come nel modello Westminster: una camera sola che decide, con la maggioranza nelle mani del leader del maggiore partito. E prepariamoci a rivedere l’eterno film della contrapposizione tra gli appassionati sostenitori della «più bella Costituzione del mondo» e i pasdaran del semi-presidenzialismo (già che ci siamo perché non cambiare tutto? mah si, rimescoliamo le carte e ricominciamo tutto daccapo…).
Secondo. Fare le cose a metà non equivale a «fare le cose». Bisogna prendere atto che questo governo non è riuscito a mettere in sicurezza la legge elettorale. Punto. L’Italicum-Consultellum è la perfetta combinazione degli opposti (premio e liste bloccate in piccoli collegi accanto a un proporzionale puro e preferenze in grandi circoscrizioni). Dopo eventuali elezioni tenute con quel sistema, la maggioranza fabbricata alla Camera sarebbe del tutto inutile e bisognerebbe negoziarne un’altra molto più larga al Senato. Per non entrare in altri dettagli, tipo il voto di preferenza che la Corte ha preteso di imporre ma che nella legge per il Senato non c’é, o le strampalate soglie differenziate per partiti coalizzati e non coalizzati che sono invece rimaste.
Dopo il tragico errore da parte del Pd di non votare la mozione Giachetti sul ritorno alla Mattarella, siamo ancora alla dimostrazione che non vi è un accordo su un sistema elettorale decente. Si è dunque scelto un rischio massimo e una soluzione pasticciata che per un anno e mezzo ci lascia sospesi in uno strano limbo che offende le istituzioni e sottrae ai cittadini il loro sacrosanto diritto, che dovrebbe essere in qualsiasi momento potenzialmente esigibile, di tornare a votare per scegliere da chi vogliono essere governati.
Siamo abituati con Matteo Renzi a viaggiare sulle montagne russe e a confidare sull’intuito, l’abilità e la fortuna che aiuta gli audaci. Continuiamo quindi a contare sul suo coraggio e ad attendere fiduciosi che il governo faccia le cose. Questa cosa qui, però, per ora zoppica.
La stampa 06.03.14