Fra i diritti fondamentali della persona, universalmente riconosciuti, quello alla vita e alla salute è senz’altro il più fondamentale di tutti. E dunque, si può considerare davvero storica la maxi-multa che l’Antitrust italiana ha comminato a due colossi farmaceutici mondiali come Roche e Novartis con l’accusa di essersi spartiti il mercato a danno dei pazienti.
n verdetto destinato a segnare una pietra miliare su scala internazionale nella difesa di quel bene indisponibile che è appunto la salute.
Bisognerà aspettare necessariamente l’esito dei ricorsi al Tar, già annunciati dalle due multinazionali, per verificare la fondatezza e la legittimità della sanzione. Si tratterà in particolare di stabilire se il farmaco equivalente più economico che il “cartello” avrebbe boicottato, danneggiando così oltre ai malati anche il Servizio sanitario nazionale e le assicurazioni private, ha in realtà la stessa efficacia terapeutica e analoghi effetti collaterali.
Ma un fatto intanto è chiaro: d’ora in poi, questa decisione costituirà un precedente e un deterrente. In Italia o altrove, Big Pharma sa che dovrà fare sempre più i conti con le autorità che tutelano il mercato e la concorrenza. La salute non è una merce e non può avere perciò un valore di scambio.
Registriamo pure con soddisfazione, allora, il favore con cui l’Agenzia italiana del farmaco ha accolto la sentenza dell’Antitrust. Se è “storica” (e lo è «per tutta l’Europa e non solo») anche per l’organismo di diritto pubblico che opera sulla base degli indirizzi e della vigilanza del ministero, questo promette bene per il futuro di un settore così rilevante sul piano sociale prima ancora che produttivo ed economico. Non si può fare a meno, tuttavia, di chiedersi come mai finora l’Aifa non sia intervenuta tempestivamente, per regolare la diffusione e la vendita di questi prodotti.
Secondo la documentazione raccolta dalla Guardia di Finanza e gli accertamenti del Garante, le due aziende farmaceutiche non si sarebbero limitate soltanto a lucrare sui prezzi. Ma, attraverso un accordo fra di loro, avrebbero addirittura messo fuori mercato un prodotto alternativo assai meno costoso, impedendo di fatto a tanti malati di accedere a queste cure per i costi molto elevati incompatibili con i bilanci degli ospedali. E qui si parla di gravi malattie oculistiche che colpiscono soprattutto i più anziani, provocando spesso la cecità.
È la nostra stessa Costituzione, all’articolo 32, a sancire solennemente che la Repubblica tutela la salute come “fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività” e a garantire “cure gratuite agli indigenti”. Ed è sulla base di questi principi, appunto, che in forza della normativa anti-trust l’Autorità sul mercato e la concorrenza ha il diritto-dovere d’intervenire per reprimere comportamenti che contrastano con l’interesse generale. Tanto più in un campo particolarmente sensibile come quello della sanità, dove gli “animal spirits” del capitalismo rischiano di compromettere le condizioni di vita delle persone.
Dal cibo all’acqua e alla conoscenza, dall’ambiente al clima, siamo nel campo invalicabile dei “diritti sociali” su cui si fondano la democrazia e la cittadinanza. Già nel Settecento scriveva Montesquieu in un aforisma: “Fare l’elemosina a un uomo nudo, per strada, non esaurisce gli obblighi dello Stato, che deve assicurare a tutti i cittadini la sopravvivenza, il nutrimento, un vestire dignitoso, e un modo di vivere che non contrasti con la salute”. E in quest’epoca di risorse scarse, la logica spietata dell’efficienza economica e del mercato non può prevalere sulle garanzie fondamentali di un welfare equo e ordinato.
Siamo di fronte a quello che il giurista Luigi Ferrajoli, nel suo recente libro La democrazia attraverso i diritti
(Laterza), chiama il “capitalismo anarchico”. E non a caso cita proprio lo smantellamento dello Stato sociale come principale minaccia per la democrazia, incardinata sull’uguaglianza dei diritti fondamentali. «Solo una rivoluzione giuridica e politica — aggiunge Ferrajoli — può oggi imporre la garanzia di tutti questi beni vitali, siano essi artificiali o naturali, come beni di tutti contro la loro mercificazione o devastazione a opera di un capitalismo sregolato e predatorio ».
L’industria farmaceutica ha un ruolo troppo rilevante nella vita sociale per sottrarsi alle sue responsabilità. Sono, innanzitutto, responsabilità etiche. E anche il “dio profitto” è tenuto a rispettarle.
La Repubblica 06.03.14