A Pompei si prova a ripartire. Due milioni di euro per gli interventi urgenti. L’arrivo del nuovo soprintendente, Massimo Osanna. Consolidamento idrogeologico. Per l’ennesima volta, dopo i crolli, il ministero per i Beni culturali tenta di riattivare un motore ingolfato. Tocca ora a Dario Franceschini che, una settimana dopo l’insediamento, ha presieduto una riunione il cui esito era atteso dal commissario europeo Johannes Hahn, che ieri è sbottato: «Ogni crollo per me è una sconfitta enorme. Chiedo con forza alle autorità italiane di prendersi cura di Pompei».
L’Unione europea ha destinato a Pompei 105 milioni. Tempi di consegna lavori: fine 2015. Le procedure si muovono lentissime: negli ultimi mesi sono state bandite gare per 9 cantieri, che si aggiungono ai 5 già aperti (su 55 totali). A maggio del 2012 erano stati spesi 588 mila euro. Ora sono stati aggiudicati lavori per 18,7 milioni.
Ma i restauri delle
domus
sono
una parte della questione. I crolli avvengono perché è carente il monitoraggio quotidiano, compiuto da piccole squadre di tecnici che, rilevato un problema, intervengono immediatamente. A Pompei si è sempre fatto, ora non più. I 2 milioni stanziati ieri (un altro milione è andato a Volterra) saranno prelevati dai fondi della Soprintendenza e dovrebbero servire proprio alla manutenzione.
Nelle casse della Soprintendenza giacciono tuttora 54 milioni (62, secondo la Uil). Ma come, i soldi ci sono e si lascia che la pioggia inzuppi i terrapieni e gravi sui muri facendoli crollare? È uno dei paradossi
pompeiani. Trenta di quei 54 milioni sono un’eredità dei commissari — l’ultimo dei quali, Marcello Fiori, è scaduto nel 2010, ora è presidente dei club “Forza Silvio” ed è indagato per abuso d’ufficio. Quei soldi sono sotto il controllo di Corte dei Conti e magistratura, ma non è certo che siano inutilizzabili. E gli altri 24? Una parte ha già una destinazione. Ma un bel gruzzolo è comunque a disposizione, perché non si spende?
A Pompei tutto sembra inceppato. E ai grovigli ereditati con gli anni, altri si aggiungono. Con il Decreto Cultura, agosto 2013, è nata una direzione generale per il progetto
finanziato dai 105 milioni dell’Ue. A fine dicembre è stato designato il generale dei carabinieri Giovanni Nistri, uomo di grande esperienza nel recupero di beni culturali rubati. Nistri, però, non ha una struttura e si appoggia ai deboli ranghi della Soprintendenza. E solo ieri si è avviata la procedura per selezionare i suoi 20 collaboratori.
Le storie pompeiane sfiorano l’assurdo. La Soprintendenza viene periodicamente accorpata a quella di Napoli e poi da questa sdoppiata. Ora è stata separata: si è dovuti ripartire daccapo, per esempio, con la programmazione delle spese e gli uffici non hanno neanche il nuovo codice fiscale. Gli organici sono in calo e vaste zone, come le regioni V e IX, interessate da crolli, sono in condizioni precarie, già segnalate dagli ispettori Unesco. «Tante strutture a Pompei si stanno perdendo», dice sconsolato Fabrizio Pesando, professore all’Orientale di Napoli, che scava nel sito vesuviano dal 1980. «Ma la cosa più grave è la perdita di memoria: ogni volta sembra che si ricominci daccapo».
La Repubblica 05.04.13