Matteo Renzi ha messo al centro del suo mandato la scuola, come leva strategica per fare ripartire il Paese. Nel corso dei due discorsi alla Camera e al Senato in occasione del voto di fiducia al nuovo governo, il premier ha più volte citato la scuola e gli insegnanti. E, qualche ora dopo l suo incarico, anche la neoministra Stefania Giannini ha fatto sentire la sua voce con diversi interventi. Ma quale scuola ereditano Renzi e il suo governo? Cosa sarà realmente possibile fare per migliorare la situazione in cui operano insegnanti e alunni?
Edilizia scolastica. Il primo punto che intende toccare il nuovo governo è quello dell’edilizia scolastica: 36mila edifici scolastici mezzi sgarrupati e con incidenti, anche di una certa gravità, quotidiani. Il Piano prevede di spendere almeno i 2,5 miliardi di euro già stanziati dal 2004 ma non ancora spesi. E, secondo la Giannini, si potrebbe arrivare anche a 4 miliardi sfruttando i fondi già disponibili, ma bloccati dal patto di stabilità, in tantissimi comuni.
Dispersione scolastica. E’ una delle emergenze più gravi del sistema scolastico italiano. L’Italia è uno dei paesi europei con la maggiore dispersione scolastica. I cosiddetti early school leavers (i ragazzi tra i 18 e i 24 anni con al massimo la licenza media) rappresentano nel nostro Paese il 17,6 per cento. Soltanto Spagna, Malta e Portogallo fanno peggio di noi in Europa, il cui dato nel 2012 si attesta al 12,8 per cento.
Competenze dei quindicenni. Nonostante un certo recupero negli ultimi anni, le performance dei quindicenni italiani restano ancora lontane dai coetanei della maggior parte dei paesi Ocse ed Europei. I dati delle competenze in Lettura, Matematica e Scienze ci collocano al di sotto della media dei paesi industrializzati. I 485 punti racimolati dagli studenti italiani nel 2012 ci piazzano al 32° posto, dopo Germania, Francia e perfino il Portogallo. Vanno meglio le cose per i bambini della scuola elementare. Nei test Timss di Scienze e Matematica i bambini della quarta elementare italiani si piazzano al di sopra della media internazionale. Stesso discorso in Lettura, dove ci piazziamo abbondantemente sopra la media dei 45 paesi che hanno partecipato all’indagine nel 2011.
Passaggio dalla scuola all’università. Nel corso degli ultimi anni, in Italia, il tasso di passaggio dalla scuola superiore all’università è sceso di 14 punti percentuali. Dal 70 per cento del 2001/2002 si è passati al 56 per cento del 2013/2014. Nel Belpaese, soltanto poco più di metà dei diplomati proseguono gli studi all’università.
Laureati. Sono considerati strategici per lo sviluppo di un paese ma in Italia i giovani 30/34enni in possesso di una laurea sono davvero pochi. Con il 21,7 per cento siamo in fondo alla classifica dei 27 paesi dell’Unione europea, dove se ne contano quasi 36 su cento. E alcuni paesi ci doppiano. E’ il caso della Finlandia dove 46 giovani su cento hanno già una laurea. Percentuali di giovani laureati al di sopra del 40 per cento anche per Regno Unito, Francia e Svezia.
Spesa pubblica per l’istruzione. Stando ai dati forniti dall’Istat, il nostro Paese è uno degli ultimi nella lista europea: appena il 4,2 per cento del Pil destinato all’istruzione, contro il 5,3 dei paesi Ue, al 6 per cento della Francia e al 7,8 per cento della Danimarca.
Spesa per alunno. Con 8.690 dollari equivalenti per alunno/studente all’anno, secondo l’Ocse l’Italia si piazza abbondantemente sotto la media dei paesi europei che spendono 9.208 dollari per alunno o studente dalla scuola all’università. L’Italia spende un 4 per cento in più della media Ue per i bambini della scuola dell’infanzia e della primaria, ma meno per i ragazzi della scuola media e superiore e parecchio meno per gli studenti universitari.
Alunni per classe. Stando ai dati forniti dall’Ocse, le classi italiane sono ancora meno affollate della maggior parte di quelle dei paesi europei. In media, un alunno in meno per classe alla primaria e gli stessi alunni per classe alla media rispetto ai paesi Ue.
Alunni stranieri. La popolazione scolastica straniera in Italia sta crescendo a ritmi incalzanti. Inn appena 8 anni – dal 2006 al 2014 – si è passati da 430mila a 830mila alunni con genitori nati fuori dai confini italiani.
Alunni nelle scuole private. Le scuole private, nel nostro Paese, stanno perdendo appeal. Nell’anno scolastico appena trascorso il numero di alunni che frequentano le scuole non statali è poco superiore al milione. Poco più di uno su dieci rispetto al totale degli alunni – 8 milioni e 800mila – tra scuole pubbliche e private. In Germanie, il 93 per cento degli studenti frequenta scuole pubbliche, in Francia le scuole di stato sono frequente dal 78 per cento degli alunni. La media europea si attesta all’82 per cento.
Ore di lavoro degli insegnanti. Il carico di lavoro degli insegnanti italiani è in linea con quello dei colleghi europei. Con le 25 ore settimanali delle maestre della scuola dell’infanzia, le 22 settimanali per i maestri della primaria e le 18 ore di insegnamento dei professori della scuole medie e superiori, più annessi a connessi, siamo in linea all’elementare e poco sotto (2 per cento in meno) alla media e al superiore.
Stipendi insegnanti. I docenti italiani sono tra i meno pagati d’Europa. Un docente di scuola primaria italiano con 15 anni di carriera guadagna il 15 per cento in meno della media Ue e il 23 per cento in meno rispetto ai paesi dell’Europa occidentale.
Età dei docenti. Dietro le cattedre delle scuole italiane siedono i docenti più vecchi d’Europa. Con il 62 per cento di docenti over 50 e appena 27 su mille under 30 possiamo vantare la classe docente meno giovane al mondo. E’ l’Ocse a fornire i dati sull’età dei docenti. Nei paesi Ocse, in media i docenti giovani under 30 sono dieci su cento.
Merito e carriera per i docenti. E’ uno dei punti di maggiore contrasto in Italia. Nel nostro Paese non è previsto nessun meccanismo premiale per i docenti “migliori”, né una carriera nel vero senso della parola.
Tecnologie a scuola. Il nostro Paese non sembra messo bene neppure sul fronte delle tecnologie a scuola. Per numero di computer siamo agli ultimi posti: appena 6 computer per alunni in quarta elementare. Contro una media europea di 16 computer per alunno e 32 della Spagna e i 33 della Danimarca, sempre ogni cento alunni.
La Repubblica 04.03.14
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