Chiusa la partita dei sottosegretari si apre per Renzi quella dell’Italicum. La Camera inizierà a discuterne martedì prossimo, il voto finale dovrebbe arrivare in settimana. Al di là delle richieste di merito sulle soglie di sbarramento, sul premio di maggioranza, su preferenze, primarie, ecc, tra i parlamentari della maggioranza prevale – a Montecitorio come a Palazzo Madama – la richiesta di legare la riforma del voto a quella del Senato. Posizione che trova sponde consistenti nel governo, basti pensare – e non solo – alla componente ministeriale di Alfano. Ma Forza Italia si oppone e richiama il patto Renzi-Berlusconi per sostenere che nulla va cambiato. Il fatto nuovo delle ultime ore, tuttavia, riguarda le aperture del Presidente del Consiglio, uno dei due contraenti dell’intesa del Nazareno. Renzi si sarebbe impegnato con i vertici del gruppo Pd alla Camera «a convincere Berlusconi» sul «nesso politico stretto che esiste tra accordo elettorale, riforma del Senato e Titolo V della Costituzione». Un pressing che dovrebbe aprire la
strada al voto dell’Aula a favore dell’emendamento Lauricella, lo stesso che subordina l’entrata in vigore delle nuove regole al superamento del Bicameralismo perfetto che incontra molti consensi nel Pd, nel Nuovo centrodestra e tra i centristi. E che, almeno dai contatti informali, non farebbe registrare ostilità in Sel, nella Lega e tra i grillini. Il fatto è che Berlusconi avrebbe garantito ai suoi che «la riforma del Senato non si farà». E questo, assieme agli ultimatum di Brunetta – «la riforma elettorale dovrà essere approvata entro marzo» – conferma le convinzioni di chi sospetta che il Cavaliere punti solo al voto anticipato. E a trarre vantaggio da un meccanismo «che produrrebbe maggioranze diverse a Montecitorio e a Palazzo Madama, darebbe voce in capitolo ai partiti maggiori a scapito dei più piccoli, riproporrebbe alla fine le larghe intese». Questi gli effetti dell’Italicum «qualora il testo non venisse modificato». Giuseppe Lauricella, il deputato Pd che ha depositato l’emendamento che sostituisce l’articolo 2 sulla disciplina del voto per il Senato, sottolinea i rischi di incostituzionalità delle nuove norme e ricorda che il presidente della Consulta, Gaetano Silvestri, ha richiamato l’attenzione su due principi: «quello della rappresentanza e quello della governabilità». Contenuti su cui riflettere, quindi, anche in funzione degli scenari politici futuri. Renzi è di fronte a un bivio, anche perché la partita dell’Italicum non si conclude alla Camera e preveda un difficile secondo tempo al Senato. Bisognerà comprendere se Berlusconi – pur di mantenere lo status “riformatore” delle ultime settimane – sarà costretto a non smentirsi sulla proclamata esigenza di superare il bicameralismo perfetto o se farà prevalere, al contrario, la logica elettoralistica che ostenta in privato (e non solo). Renzi dovrà «andare a vedere», consapevole com’è delle posizioni diffuse nei suoi gruppi parlamentari sulle garanzie anti elezioni anticipate. I rischi di rottura non vanno esorcizzati, così come le sponde leghiste, grilline e di Sel che possono controbilanciare patti blindati con Forza Italia. Con questi si dovrebbe misurare il premier se non riuscisse a far cambiare idea a Berlusconi.
Sembra impraticabile, tra l’altro, l’idea – che i retroscena giornalistici attribuiscono a Renzi – di trasformare l’emendamento Lauricella in un Ordine del giorno. «Un Odg che impegna il governo a far scattare l’Italicum dopo la riforma del Senato? – chiede il parlamentare siciliano del Pd – Ma questo non ha logica, non è materia di pertinenza dell’esecutivo». Lauricella esclude, tra l’altro, che il suo emendamento possa essere sottoposto al voto palese. «Il testo sostituisce l’articolo 2 con un nuovo articolo – spiega – E tutti gli articoli dovranno essere approvati o respinti con voto segreto». A decidere, in caso di controversie, dovranno essere il presidente della Camera e la Giunta per il regolamento di Montecitorio. Per lo scrutinio palese lavora naturalmente Forza Italia, ben consapevole dell’orientamento prevalente tra i parlamentari che potrebbe esprimersi con maggiore libertà nel voto segreto. Alla fine, per non creare fibrillazioni ad un governo nato grazie alle garanzie non scritte concesse ad Alfano e per non bruciare formalmente il «patto» con Berlusconi (anche per eventuali futuri risvolti elettorali) – il voto segreto sul lodo Lauricella deciso dalla Camera potrebbe fornire a Renzi più di un alibi togliendogli molte castagne dal fuoco.
L’Unità 01.03.14