I «futili motivi» che generano violenza, di Paolo Conti
Episodi di efferata violenza a Roma, a Parma, a Cantù, collegati tra loro da un filo rosso: i futili motivi. Una radio tenuta a volume troppo alto, uno sguardo di troppo, uno scambio di battute. Sciocchezze che generano drammi. Lo psichiatra Gustavo Pietropolli Charmet attribuisce questi fatti insensati, alle tendenze narcisistiche: «L’offesa, l’ipotetica umiliazione va lavata col sangue. È il tipico meccanismo che sta alla base del bullismo». Uccidere per un rumore notturno, per una radio ad alto volume. Accoltellare perché tu sei di Como e lui è di Milano, anche se lavora duramente come te per guadagnarsi il pane quotidiano. Picchiare a sangue un tuo coetaneo di quindici anni, e in cinque, perché lui ha salutato e ha parlato per qualche secondo «di troppo» con la fidanzatina di uno del gruppo. Tutti episodi diversi, e anche geograficamente lontani tra loro (l’omicidio è a Roma, l’accoltellamento è avvenuto a Cantù, il pestaggio a Parma) ma che sono collegati da un unico filo: quei famosi «futili motivi» previsti dall’articolo 61 del Codice penale come circostanze aggravanti. …