È un lungo viaggio, che parte dall’estremo Nord e arriva fino al cuore della Sicilia. Le tappe nel programma dell’itinerario di questo amaro percorso sono le grandi e piccole incompiute d’Italia, quasi seicento opere inutili rimaste a metà o appena abbozzate. Dal nuovo terminal dell’aeroporto di Saint-Christophe ad Aosta allo svincolo di una strada di provincia nell’Ennese, progetti che pesano sulle casse pubbliche per 4,1 miliardi di euro, tra spese già affrontate e fondi impegnati nel tentativo, a volte disperato, di portarli a compimento. L’elenco, in alcuni casi parziale, lo ha appena stilato il ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, che ha finalmente ricevuto la documentazione presentata dalle Regioni ritardatarie, Sicilia e Sardegna, in forza di una norma voluta dal governo Monti che crea per la prima volta una grande anagrafe delle incompiute.
Non c’è regione d’Italia che la faccia franca in questo itinerario dello spreco. Si parte dal nuovo terminal dell’aeroporto di Saint-Christophe: un cantiere a cielo aperto costato già 8,8 milioni di euro. Per ultimare la struttura occorrono altri 3,3 milioni, nel frattempo l’opera è stata pure vanda-lizzata: qualcuno ha pensato bene di portarsi via i sanitari nuovi di zecca. Poco più giù, nel cuore delle ricche Langhe, ecco la collina del disonore: quella di Verduno, dove dal terreno si stagliano verso il cielo centinaia di pilastri, lo scheletro dell’ospedale di Alba e Bra. Una struttura costata ad oggi 159 milioni di euro tra le proteste di ambientalisti e geologi che denunciano la «franosità del terreno».
La Lombardia nel suo elenco non proprio completo (basti pensare che manca ad esempio l’ormai tristemente famoso svincolo di Desio che finisce in aperta campagna), include una miriade di piccole opere: dal nuovo laboratorio dell’Asl di Milano in via Juvara (14,3 milioni di euro spesi e altri 10 per completarlo), ai lavori che vanno avanti ormai da quasi dieci anni per la costruzione del «nuovo ostello della gioventù» di Lecco: 2,6 milioni di euro per un cantiere che doveva essere consegnato nel 2008. Tra le opere lombarde rimaste a metà anche la bretella sull’A22 tra Mantova e l’area industriale di Valdaro.
Scendendo ancora, l’Emilia Romagna tra le incompiute segnala l’intervento da 50 milioni di euro per la «realizzazione del nuovo assetto ferroviario di Ferrara ». Ma nella lista nera non inserisce una famosa incompiuta della cittadina estense: la ristrutturazione del Teatro Verdi, chiuso dal 1985 e, tra annunci e fondi impegnati, ancora in abbandono. Il viaggio prosegue, e si fa tappa in Toscana. Nell’elenco fornito dalla Regione, spicca lo svincolo sulla Cassia di Monteroni D’Arbia: iniziato quattro anni fa e costato al momento 30 milioni, è ancora un cantiere aperto e l’infrastruttura rimane incompiuta, così come la scuola di Lari, il centro didattico di Carmignano o l’asilo di Scandicci.
Nell’elenco delle opere rimaste in mezzo al guado della malaburocrazia compaiono anche piccole e piccolissime infrastrutture di provincia. Ad esempio, il Veneto segnala l’ampliamento della scuola materna del Comune di Montecchio Maggiore (1,3 milioni di euro) e la nuova piscina a Cassola (18 milioni), mentre la Sardegna mette la realizzazione dell’orto botanico della Maddalena (520 mila euro). Il Lazio invece ha consegnato una lunga lista, che comprende incompiute per un valore di 261 milioni: dalla palestra di Vico al museo naturalistico di Palombara Sabina. Non un rigo sulla Capitale, che d’incompiute però ne conta a bizzeffe. Una su tutte, la città dello sport di Tor Vergata: oltre 400 milioni di euro spesi per lavori che sono andati avanti sette anni e poi si sono improvvisamente impantanati. Ma dall’anagrafe, che sarà aggiornata online sul sito del ministero, la fa franca anche Napoli. La Regione Campania sembra la più virtuosa d’Italia, visto che segnala appena due piccole opere incomplete: un palazzetto dello sport e quattro alloggi popolari nel Comune di Calvi Risorta. Un po’ poco per essere credibile. E dire che proprio qui, in provincia di Benevento, c’è forse una delle incompiute più antiche d’Italia: l’ospedale di San Bartolomeo in Galdo. Più oneste nell’ammettere i propri sprechi sembrano la Calabria, la Puglia e la Sicilia. Ma anche qui non mancano alcune sviste. Nemmeno citata è la diga del Pappadai di Taranto (70 milioni di euro spesi in trent’anni e non una goccia d’acqua raccolta) o il teatro di Sciacca: progettato negli anni Settanta, ad oggi è costato 25 milioni di euro e nessuno vuole gestirlo. Troppo grande per la piccola cittadina siciliana, e il teatro si staglia così inutile sul
mar Mediterraneo.
La Repubblica 27.02.14