I contenuti e le proposte del discorso tenuto ieri in Senato dal Premier Matteo Renzi sono senz’altro condivisibili. Il premier si è assunto l’onore e l’onere di guidare una sfida che è e deve essere di tutte e tutti. Guardiamo e lavoriamo tutti con fiducia e ottimismo perché finalmente si avvii quel cambiamento per il quale da tanto tempo molti di noi si spendono, nell’impegno politico e sindacale, o nella fatica e nella passione del lavoro e dell’impresa. Finalmente ci sono timidi segnali di ripresa, ma intanto gli effetti della crisi sono ancora tutti presenti. Da quasi un anno una diversa responsabilità, che si è resa necessaria dopo i risultati elettorali e che ha trovato ancora la guida saggia e lungimirante del presidente Napolitano, ha sostituito le sterili contrapposizioni e la forzata costruzione di alleanze che hanno reso il nostro sistema politico fermo, incapace di dare risposte ai problemi reali di persone ed economia, fragile rispetto agli attacchi di forze populiste che giocano allo sfascio. Ora abbiamo un nuovo governo che ha l’obiettivo vitale di attuare le riforme, per superare le difficoltà che avevano frenato il lavoro del governo Letta, che in questi mesi ha svolto una funzione decisiva per iniziare a restituire fiducia interna e credibilità internazionale.
Questo governo è un governo generazionale e di parità tra i generi, come qualcuno dice: ma nel senso che dobbiamo pensare e costruire quei risultati che renderanno l’Italia un Paese in cui la prossima generazione di donne e uomini potrà vivere meglio, con diritti garantiti e opportunità, ritrovando l’orgoglio di appartenere ad una comunità coesa e forte. Intanto occorre rispondere alle urgenze: la sofferenza di famiglie, lavoratori e piccoli imprenditori non può più aspettare. Si tratterà di ridefinire tassazione e incentivazione, energia, sburocratizzazione e digitalizzazione, fattori di investimento strategico e aree in cui creare nuove opportunità di occupazione, formazione, sistema di diritti e di ammortizzatori.
Dobbiamo avere chiaro che si tratta di regole, di scelte strategiche, di politiche da condividere. Ma si tratta anche di valori. Con la riforma del lavoro dobbiamo rilanciare il valore costituzionale del lavoro e costruire un nuovo welfare fondato sulle persone e sulle persone che lavorano, don- ne e uomini, superando le discriminazioni e le diseguaglianze verso le donne, ripensando l’efficacia degli ammortizzatori sociali, immaginando anche nuovi strumenti di sostegno al reddito per chi perde il lavoro, accompagnato da un investimento vero sulla formazione e sul supporto per la ricerca di nuovo impiego, sui diritti e sulla conciliazione dei tempi privati e lavorativi.
La riforma del lavoro deve essere un processo aperto e condiviso, con ciascuno dei soggetti in causa come imprese, mondo del lavoro, istituzioni.Dobbiamo così rilanciare un piano serio, moderno e strategico di politiche industria- li con la piena consapevolezza che ogni nostra prospettiva di crescita e di rilancio non può che essere inquadrata in un’ottica europea ed europeista.
Energia, ambiente, ricerca, filiera formazione-lavoro, innovazione, tecnologia, qualità, sostenibilità etica e rispetto dei diritti: sono i fattori che rendono il made in Italy un modello di sviluppo che unisce qualità produttiva e qualità del lavoro. Se – come emerge da recenti ricerche – perdia- mo posizioni nel riconoscimento del made in Italy come brand globale, non è per responsabilità delle piccole e me- die imprese, dei lavoratori o degli artigiani che creano il made in Italy, ma per quanto abbiamo saputo investire su noi stessi. La nostra manifattura è stata e continuerà ad essere il motore del Paese, la nostra garanzia di qualità, l’esperienza produttiva diffusa e condivisa su cui fondare il futuro di tutte e di tutti.
Il processo di riforma del lavoro e di rilancio delle politi- che industriali deve svilupparsi garantendo un ulteriore fattore strategico: il riconoscimento e la valorizzazione del- le competenze complementari di donne e uomini. Trovo che su questo il governo possa dare davvero un buon esempio. Tra i principali temi di sfida che si trova davanti ci sono sicuramente le riforme istituzionali, lo sviluppo, la semplificazione burocratica, la capacità di essere protagonisti in Europa. Quattro sfide decisive in mano a quattro giovani donne (mostrando anche un bell’esempio di integrazione armoniosa delle esperienze di lavoro e private, a partire dalla maternità). E poi la gestione di aree strategiche come salute, istruzione e ricerca, difesa, affari regionali e autonomie: ancora affidate a donne. Credo che ci sia, nelle concrete possibilità che questo governo riesca a realizzare il cambiamento, una carta in più: le donne possono essere il fattore che davvero cambia le cose.
L’Unità 26.02.14