Nel primo Consiglio dei ministri dell’era Renzi entrerà la scuola. Su indicazione del premier, in quella sede il ministro dell’Istruzione avvierà un vasto piano per l’edilizia scolastica. Non una novità in valore assoluto: una novità, tuttavia, per le cifre messe a servizio del grande cantiere e per il percorso ipotizzato per sbloccare subito i finanziamenti. L’investimento da due miliardi servirà a curare 2.300 scuole oggi fuori norma, pericolose, nella maggior parte dei casi senza certificazione anti- sismica. Secondo un “rapporto sicurezza” in mano al precedente governo sono 15 mila gli edifici pubblici per l’istruzione con “urgente necessità di rilevanti interventi”, quasi un terzo dell’intero patrimonio scolastico. Lo stesso dossier spiega che per 10 mila istituti è stata ipotizzata la demolizione.
L’arco di tempo previsto per la grande operazione è di due anni, fino alla primavera 2016. Renzi ha chiesto investimenti e progetti immediati per poter aprire cantieri già dal prossimo 15 giugno, a scuole appena chiuse, e riconsegnarne pronte alcune centinaia — meno compromesse — al rientro di studenti e insegnanti a metà settembre. Il piano prevede, non a caso, corsie privilegiate per l’approvazione dei progetti. «Deve essere subito evidente l’opera di intervento che abbiamo fatto, si deve vedere che lo Stato c’è», il presidente del Consiglio. Davide Faraone, il responsabile Pd della scuola, aggiunge: «Al Sud una scuola in ordine è anche un presidio contro le mafie».
Alla Camera, ieri, il premier aveva detto: «L’edilizia scolastica è innanzitutto un problema di stabilità della aule, ma un paese che non mette in cantiere una gigantesca battaglia affinché la stabilità delle aule e degli edifici scolastici sia più importante dei conti non è credibile». La questione scuola è strettamente collegata alla ripresa economica: «Una scuola, più di una prefettura e di una caserma, ha a che fare con gli italiani, tutti», ha spiegato Renzi ai suoi. Otto milioni di studenti creano un indotto di malcontento (le famiglie) larghissimo. Sempre il premier, che oggi parlerà del “grande cantiere” con il ministro Stefania Giannini nel loro viaggio a Treviso, ha fatto pervenire agli ottomila sindaci d’Italia la richiesta di una segnalazione puntuale dei problemi degli edifici sotto la loro potestà (altri sono di responsabilità provinciale). Ad oggi non esiste, nonostante 20 anni di rilevazioni e 12 milioni spesi, un’anagrafe dell’edilizia scolastica. L’ultima cifra attendibile per i costi di un risanamento globale, conteggiata dalla Protezione civile di Guido Bertolaso, è di 13 miliardi di euro.
L’ex ministro Maria Stella Gelmini parla di 1,620 miliardi finanziati tra il 2008 e il 2009 dal governo Berlusconi. Maria Chiara Carrozza aggiunge 450 milioni di investimento straordinario sotto il suo mandato, di cui 150 milioni già distribuiti dalle Regioni (che possono stipulare mutui trentennali agevolati). Il problema, però, è la distanza storica tra lo stanziamento deciso e i soldi davvero spesi. Sotto il governo Letta alla voce “edilizia
scolastica” sono rimasti bloccati 2,5 miliardi. La scommessa di Renzi è questa: finanziare e spendere. Sarà possibile farlo sottraendo gli investimenti sull’edilizia scolastica dal Patto di stabilità interno, su cui vigila l’Unione europea, e quindi dal deficit. «Il patto su questa parte va
cambiato subito», ancora Renzi, «come si può pensare che un comune e una provincia abbiano competenza sull’edilizia scolastica senza avere la possibilità di spendere soldi che sono bloccati? ».
Ogni anno nelle scuole italiane si contano decine di crolli e incidenti. Nel 2008, quando il controsoffitto del liceo Darwin di Rivoli (Torino) cedette, perse la vita uno studente di 17 anni. L’ultimo monitoraggio — anche questo parziale — è stato avviato dal ministero dell’Istruzione due anni fa. E ci rivela che 15 scuole su cento erano negozi, ex seminari, appartamenti e edifici industriali successivamente riadattati. Un edificio su tre è stato costruito prima del 1960. Per molti le certificazioni non sono rintracciabili. L’82 per cento dei plessi scolastici non ha la “prevenzione incendi” e metà non possiede neppure una scala esterna di sicurezza. Quasi quattro scuole su dieci non sono in possesso del certificato di conformità dell’impianto elettrico e 33 su cento neppure di un impianto idrico antincendio. Oltre metà dei plessi scolastici — 23 mila, quindi — ricadono in zone ad altissimo o ad alto rischio di terremoto, ma soltanto uno su sette è stato progettato rispettando le norme antisismiche.
La Repubblica 26.02.14