Se si fossero trovate allineati nella casella di partenza una nuova maggioranza, un nuovo Parlamento, un nuovo Presidente del Consiglio, un nuovo programma, sarebbe stato più semplice: per tutti. Non è andata così. E non poteva andare così, nelle condizioni date. Ma al nuovo giro che comincia oggi, è un fatto che Renzi parte due passi avanti rispetto a tutto il resto. Per l’investimento politico in cui è impegnato: lui e con lui tutto il Partito democratico.
E non certo per le mani in tasca al Senato o per il computer tenuto in bella mostra ieri, alla Camera, sul banco del governo. Questi aspetti del personaggio dicono però che una ventata di novità ha investito la politica italiana: in replica alla Camera, Renzi ha parlato ancora a braccio, ma ha impiegato un buon quarto d’ora, e speso parole assai intense, per celebrare la sacralità del luogo. Dunque: non si è trattato di irriverenza o di semplice noncuranza. Anzi: nonostante lo sfoggio di capacità multitasking del premier, che porta il pc in aula, legge, twitta, beve il caffè e ascolta il dibattito contemporaneamente (e chi non lo fa, oggi, se è costretto a riunioni lunghe sei ore e mezza, tanto quanto la discussione parlamentare?) proprio non è sembrato che l’Aula che aveva davanti fosse per lui sorda e grigia. Nessun pericolo per la democrazia, dunque. Si è trattato anzi di un tentativo di rappresentarla, anzi quasi di viverla, in maniera che riuscisse comprensibile, moderna, vera e reale. In questo tentativo, non tutto – com’è ovvio – funziona allo stesso modo, e proprio l’intervento di ieri alla Camera dimostra la velocità con cui Renzi è capace di correggere il tiro. Al Senato aveva infatti risposto alle critiche di chi lamentava la vaghezza delle sue parole, e la mancanza di questo o quel pezzo del programma, obiettando che non sono certo le parole che servono, bensì i fatti. Ora, se in quella sede non avesse tenuto un discorso di sessantotto minuti, forse questa replica sarebbe apparsa più convincente. O forse nemmeno in questo caso, dal momento che non sarebbe convincente neanche il prete che dal pulpito saltasse l’omelia domenicale perché quelle che contano non sono le prediche ma soltanto le opere di bene. Passando però alla Camera Renzi ha tenuto un discorso più contenuto, e soprattutto più composto, persino più gonfio di sana retorica, ma proprio per questo più conveniente al luogo e alla circostanza. E il governo ha potuto prendere il largo.
Come la nave di Teseo. Della trireme guidata dall’eroe ateniese ci racconta infatti Plutarco che si dovettero sostituire tutte le assi e le vele e i chiodi, e i filosofi non smettevano di discutere se allora, pur essendo cambiati tutti i pezzi, si potesse dire che l’imbarcazione fosse rimasta la stessa. Il fatto è che a prestare un’identità alla nave erano il nome, la missione, il viaggio: così anche Renzi non sembra temere di cambiare in corsa, o forse persino le carte in tavola (e questo sarà forse un problema per Alfano e il Nuovo Centrodestra, alle prese con lo spauracchio di Berlusconi), mantenendo però l’identità del suo governo in forza di un investimento, di una scommessa squisitamente politica.
Che ieri è risuonata più volte, specie nel rivolgersi ai grillini (apparsi come la vera forza a cui Renzi vuole sottrarre consensi nel Paese): voi siete quelli che non conoscono la democrazia interna, noi siamo quelli che credono nella democrazia; voi siete quelli che disprezzano la politica, noi siamo quelli che ci credono ancora; voi siete quelli che considerano irriformabile il sistema, noi siamo quelli che pro- vano a fare, da subito, la riforma elettorale e quella istituzionale; voi siete quelli che danno la colpa all’Europa, noi siamo quelli che citano Spinelli e considerano l’Europa una «straordinaria opportunità» e puntano sul semestre europeo per ridefinire compiti ruoli e responsabilità dell’Italia nel contesto internazionale.
Poi Renzi ha aggiunto: basta? No che non basta. E in effetti non basta. I termini del programma economico e sociale di Renzi attendono di essere molto meglio definiti: scuola, cuneo fiscale, riforma del lavoro, riforma della pubblica amministrazione, strumenti per la crescita sono titoli generali, che il governo e il Parla- mento devono ancora riempire di contenuti. Ma da quel che s’è visto Renzi ha la capacità di cambiare qualche pezzo, di sostituire un remo o una trave, se non funziona, e tuttavia di tenere la rotta. O almeno di provarci: questo è l’impegno che ha assunto. E la navigazione è appena cominciata.
L’Unità 26.02.14