L’anno scolastico è ancora lontano ma i sindacati già lanciano l’allarme sulle le classi. Il fatto è che a settembre le scuole italiane si troveranno con 34mila studenti in più che si siederanno sui banchi scolastici. Non che questo sia un fatto negativo in assoluto. Per anni si è parlato di una diminuzione degli studenti legato alla decrescita della natalità. Questa tendenza non c’è più, anche grazie alla presenza degli immigrati. Semmai, da anni, esiste il problema contrario: che a una crescita seppure modesta degli alunni non corrisponde una crescita similare del corpo degli insegnanti. Cosi’ soprattutto in qualche grande città del Nord si rischiano «classi-pollaio» con oltre trenta alunni. L’Anief, associazione sindacale del settore scuola ha messo in evidenza come «tra il 2007 e il 2012 l’amministrazione abbia soppresso oltre 100mila cattedre». Nel dettaglio per il prossimo anno scolastico sono previsti 33.997 allievi in più: l’incremento più consistente sarà nelle classi superiori con +25.546 allievi (+ 1,03%); in aumento anche gli scolari della primaria (+9.216, +0,36%). Previsto invece un lieve decremento nella scuola media: ci saranno 785 alunni in meno (-0,05% rispetto all’anno scolastico in corso). «Ma anziché adeguare l’organico dei docenti a questo importante boom di allievi, il ministero dell’Istruzione denuncia l’Anief ha comunicato ai sindacati che non ci saranno variazioni del corpo docente. A ben vedere, però, la forbice prof-alunni si sta sempre più allargando. Scorrendo gli ultimi dati forniti dalla Ragioneria Generale dello Stato si scopre che tra il 2007 e il 2012 il personale della scuola ha perso oltre 124 mila posti». L’incremento degli alunni per l’anno scolastico 2014-2015 e’ stato comunicato in un incontro tecnico tra ministero e sindacati. «L’incremento riguarda soprattutto alcune regioni del nord riferisce Massimo Di Menna della Uil scuola e il rischio è che soprattutto nelle grandi città avremo classi particolarmente numerose, con oltre trenta alunni». Ora e’ atteso un atto amministrativo, un decreto interministeriale (Istruzione-Economia) per la determinazione degli organici. «Sarebbe più opportuno prima provvedere alla formazione delle classi e poi verificare i posti da assegnare», dice ancora il sindacalista della Uil. Tra i problemi spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir c’è anche «la legge del 2011 con la quale il legislatore ha fatto cadere l’autonomia delle scuole d’infanzia, primaria e secondaria di primo grado, accorpandole in mega-istituti senza capo né coda, rette da dirigenze in perenne affanno. Non è un caso che il nostro sindacato abbia deciso di contrastare questa impostazione, patrocinando gratuitamente i ricorsi ai Tar contro il dimensionamento selvaggio. Un’opera che abbinata al blocco degli organici, anche a fronte di un incremento sostanzioso di alunni, come avverrà nel prossimo anno, sta producendo timori sempre maggiori, purtroppo fondati, sulla funzionalità del servizio scolastico». Tra l’altro, spiegano i sindacati, gli insegnanti italiani non solo devono confrontarsi anche con classi di trenta alunni, ma lo fanno con una paga mensile tra le più basse in Europa (una media di 1.200-1.300 euro al mese, uno stipendio che si colloca al penultimo posto in Europa). Ieri il neo ministro dell’Istruzione Stefania Giannini ha auspicato che si possa superare per gli stipendi degli insegnanti il meccanismo degli scatti automatici. Ora, rintuzzano ancora i sindacati, parlare di blocco degli automatismi significa «non tenere conto della realtà», del fatto che l’anzianità è l’unico modo per difendere il potere d’acquisto dei salari e che per premiare davvero il merito occorrono risorse. «Queste idee meritocratiche, queste vecchie impostazioni di stampo gelminiano non tengono conto della realtà, ovvero che il contratto nazionale della scuola è bloccato dal 2006 e che gli stipendi degli insegnati italiani sono tra i più bassi d’Europa», commenta il segretario generale della Flc Cgil Domenico Pantaleo. Il sindacalista evidenzia poi che «in tutta Europa l’anzianità contribuisce alla valorizzazione della professionalità. Quindi c’è tutta la nostra disponibilità a discutere ma si deve aprire un tavolo perché in questi anni con il blocco dei contratti i salari nella scuola, e in tutto il settore della conoscenza, hanno subito un vero e proprio attacco». «Non bisogna considerare l’anzianità in maniera dispregiativa, negativa, perché in tutta Europa è considerata un elemento della carriera», dice Francesco Scrima, segretario generale della Cisl Scuola.
L’Unità 24.02.14