"Non cambia l'Italia se non cambia la Rai", di Giovanni Valentini
È come se la televisione italiana avesse deciso che il suo meglio è il suo peggio, è come se il mediocre fosse diventato un valore positivo. (da “Storie e culture della televisione italiana” a cura di Aldo Grasso, Oscar Mondadori, 2013 — pag.24). Rispetto all’emergenza lavoro, all’oppressione del fisco e alla necessità di una nuova legge elettorale, la riforma della Rai non sarà magari una priorità assoluta. Ma è pur vero che — come ha detto recentemente in un’intervista al Messaggero il vice-presidente della Commissione parlamentare di Vigilanza, Salvatore Margiotta (Pd) — “per cambiare l’Italia, Matteo Renzi dovrà cambiare anche la Rai”. E prima lo farà, meglio sarà per tutti: anche per smentire i sospetti di un “patto segreto” con l’ex premier-tycoon, Silvio Berlusconi, al quale notoriamente la televisione sta a cuore più del bunga-bunga. La Rai è la pietra angolare dell’intero sistema dell’informazione. E dal suo assetto complessivo dipendono in larga parte la formazione dell’opinione pubblica, l’aggregazione e la raccolta del consenso. Ecco perché, oltre a una normativa più rigorosa sul conflitto d’interessi, occorre …