«Mi sembra che una delle parole vincenti, certamente di maggiore impatto e suggestione, di Matteo Renzi sia stata “cambiamento”. Ora questo orizzonte evocato deve essere praticato. Perché questo è il compito di un leader che si assume l’onere, oltre che l’onore, di guidare un Paese: coniugare, con gli atti di governo, idealità e concretezza. E ciò significa, in chiave europea,andare oltre l’angusto confine dell’austerità. Non basta evocare l’innovazione, occorre dare ad essa un segno sociale, una visione, un progetto di trasformazione. E per Renzi premier questa sfida si gioca in Europa». A sostenerlo è Jean-Paul Fitoussi, Professore emerito all’Institut d’Etudes Politiques di Parigi e alla Luiss di Roma. È attualmente direttore di ricerca all’Observatoire Francais del Conjonctures Economiques, istituto di ricerca economica e previsione, autore di numerosi saggi, tra i quali l’ultimo è «Il teorema del lampione. O come mettere fine alla sofferenza sociale» (Einaudi, 2013). «L’Europa – rimarca ancora Fitoussi – ha un futuro se si libera dall’ossessione del deficit pubblico. Mi auguro che Matteo Renzi ne tenga conto nel suo agire da premier, anche perché la sua prima verifica elettorale riguarderà proprio l’Europa».
Professor Fitoussi, visto da Parigi quale effetto fa il cambio di leadership a Palazzo Chigi?
«Cosa vuole che le dica, i problemi del- la politica italiana sono complessi, spesso spiazzanti, certo “machiavellici”. Posso aggiungere che ho una grande stima per Enrico Letta, e ho avuto anche una buona impressione di Matteo Renzi, che ho avuto modo di conoscere di persona un paio di anni fa a Firenze, in un convegno sulla cultura». Sempre dall’osservatorio europeo: dopo Mario Monti ed Enrico Letta, ora è Matteo Renzi il terzo premier che a distanza di pochi anni entra a Palazzo Chigi senza un passaggio elettorale. Come vede questa «anomalia italiana»?
«Può essere un’anomalia, ma non mi pare che essa sia fuori dal dettato costituzionale. Non credo che sia una “scorciatoia”, di certo non stravolge la Costituzione italiana. In altri Paesi non sarebbe possibile. Questo pone un problema importante: quello della legittimità democratica e della legittimazione popolare. Il che porta al cuore di una delle sfide interne che Renzi dovrà affrontare…».
Quale sarebbe questa sfida?
«Una nuova legge elettorale, parte integrante di una riforma delle istituzioni rappresentative e del funzionamento dello Stato. Mi pare che Renzi abbia dato un’accelerazione alla riforma della legge elettorale con l’accordo raggiunto con il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi. Si tratta di vedere se questo accordo avrà un ulteriore impulso, ovvero subirà una battuta d’arresto, con l’ingresso di Renzi a Palazzo Chigi».
Il 2014 è l’anno dell’Europa: a maggio le elezioni e, subito dopo l’Italia avrà la guida del secondo semestre dell’Ue. Da convinto europeista qual è, cosa si attende dal governo Renzi?
«Quello che ci aspettavamo dall’elezione di Francois Hollande, un’aspettativa solo in parte, e nemmeno grande, realizzata: una pressione più forte sui Consigli europei per un cambiamento veloce e sostanziale delle politiche economiche comunitarie. L’Europa potrà uscire dal buco nero in cui ancora si trova, solamente se saprà attivare una vera politica di investimenti sia pubblici che privati. Bisogna favorire a tutti i costi gli investimenti, perché il problema fondamentale che l’Europa ha è che soffre di un deficit su cui poco si ragiona e ancor meno agisce: il deficit di futuro. Il fallimento delle ricette iper liberiste e del ciclo neoconservatore, avrebbe dovuto insegnare che quello degli investimenti è lo strumento essenziale, imprescindibile per dare un futuro alle giovani generazioni e rilanciare la crescita. Bisogna cambiare le politiche europee, operando per una modifica sostanziale del Patto fiscale».
Su quale direttrice dovrebbe muoversi il cambiamento da lei auspicato, e «consigliato» al probabile neo premier italiano? «È necessario togliere gli investimenti dal calcolo del disavanzo pubblico, solo così si potrà dare spazio e liberare risorse per affrontare il futuro, andando oltre l’orizzonte dell’austerità. A livello europeo, occorrerebbe puntare su grandi investimenti nel campo delle fonti energetiche, sulla green economy, così come nelle infrastrutture, nel sapere e nella ricerca. È questo il momento di farlo. Questa sì sarebbe una svolta verso il futuro e non verso il passato, che è poi quello che si continua a fare, pensando che il problema fondamentale siano i conti in ordine. Una Europa che resta prigioniera dell’ossessione del debito pubblico, è una Europa che rinuncia ad avere un futuro. Ecco, spero che Matteo Renzi contribuisca a “rottamare”, paro- la a lui cara, l’ Europa conservatrice, ripiegata su se stessa, Di certo non sarà l’austerità a tirarci fuori dalla recessione né a contrastare una preoccupante deriva populistica. Un europeismo coraggioso: questo mi sento di chiedere a Renzi».
L’Unità 15.02.14