Ripresa economica ancora con il fiato corto in Europa, mentre i rischi per le prospettive di crescita «continuano a essere orientati al ribasso». Il bollettino mensile della Banca centrale europea sottolinea come pesino le incertezze dei mercati mondiali, in particolare dei Paesi emergenti, ed anche domanda interna e un export che potrebbero deludere le attese. Ma, soprattutto, la Bce lancia l’allarme sulla disoccupazione giovanile, il cui tasso resta altissimo soprattutto in Italia, Grecia e Spagna. L’Italia detiene pure il triste primato di essere il Paese dell’eurozona con il maggior numero di giovani Neet (persone di età compresa tra i 15 e i 24 anni che non sono né occupate, né impegnate in attività di studio o formazione): dal 2007 al 2012 i Neet italiani sono passati da circa il 16% a oltre il 21% del totale, con un incremento percentuale inferiore solo a quelli di Grecia, Spagna e Irlanda (che sono oltretutto sotto il 20%).
ALTROVE GLI OCCUPATI CRESCONO
Per il tasso di disoccupazione generale, le previsioni per quest’anno restano invariate al 12,1%, riviste al rialzo per l’anno prossimo (all’11,7%), con un piccolissimo ridimensionamento per il 2016. In questi numeri aggregati del mercato del lavoro, si nasconde il dramma della disoccupazione giovanile.
«Dall’avvio della crisi finanziaria – scrive l’Eurotower – il tasso di disoccupazione giovanile, definito come il rapporto tra il numero dei giovani 15-24enni disoccupati, e la forza lavoro nella stessa fascia anagrafica, ha registrato un aumento considerevole nell’area euro, dal 15% circa nel 2007 al 24% nel 2013». In Italia il tasso è al 40%, peggio di noi solo Spagna e Grecia.
«L’evoluzione del tasso di disoccupazione giovanile cela notevoli differenze fra Paesi», ricorda il bollettino, e «mentre in Austria e a Malta l’incremento è stato moderato e in Germania si è persino registrato un calo, il tasso di disoccupazione giovanile è aumentato in maniera particolarmentemarcata nei Paesi soggetti a tensioni di mercato, portandosi nel 2013 su valori compresi fra il 50% e il 60% in Grecia e in Spagna e raggiungendo livelli prossimi al40% in Italia, Portogallo e Cipro e al 30% in Irlanda». L’analisi della Bce si sofferma poi sull’evoluzione del debito delle imprese.
Se l’Italia presenta uno dei rapporti debito/Pil più elevati (intorno al 133%, peggio sta solo la Grecia), al contrario le imprese, pur dipendenti dal credito bancario, presentano un rapporto tra i più bassi dell’Unione. Nel quadro disegnato dal bollettino, confermato poi un livello di inflazione basso nell’area euro (1,1% nel 2014 e all’1,4% per il 2015), mentre si ribadisce che i tassi di interesse «resteranno ai livelli attuali o più bassi per un prolungato periodo di tempo» e si chiede ai governi di «non vanificare gli sforzi di risanamento».
Gli indicatori economici dell’eurozona, sostiene la Bce, «suggeriscono, nel complesso, il protrarsi della moderata ripresa nell’ultimo trimestre del 2013».Macon rischi che «continuano a essere orientati al ribasso. Ci si attende un lento recupero del prodotto nell’area dell’euro, in particolare si dovrebbe concretizzare un certo miglioramento della domanda interna, sostenuto dall’orientamento accomodante della politica monetaria, da condizioni di finanziamento più favorevoli e dai progressi compiuti sul fronte del risanamento dei conti pubblici e delle riforme strutturali». Inoltre, chiude l’Istituto di Francoforte, «i redditi reali beneficiano della minore inflazione relativa alla componente energetica», e «l’attività economica dovrebbe altresì trarre vantaggio da un graduale rafforzamento della domanda di esportazioni dell’area».
da L’Unità