"I fantasmi del ’98 e del 2008", di Claudio Sardo
Matteo Renzi ci sta seriamente pensando. La strada per Palazzo Chigi è aperta davanti a lui, solo che decida di percorrerla. Ma pesa il ricordo, anzi il fantasma, del ’98 quando cadde Romano Prodi e fu sostituito alla guida del governo da Massimo D’Alema. Un trauma ancora vivo nella memoria del centrosinistra. Fosse per Renzi andrebbe subito a nuove elezioni: ieri l’ha persino confessato. Gli importerebbe di meno risvegliare l’altro fantasma dei democratici, quello del 2008, quando la vittoria di Walter Veltroni alle primarie del Pd accelerò l’agonia del governo dell’Unione e la fine della legislatura. Il problema è che, senza una riforma elettorale, le urne produrrebbero ingovernabilità e frammentazione. Il segretario del Pd non può permetterselo. Ieri, per rafforzare il proprio impegno sulla legge elettorale, ha detto che essa è indissolubilmente legata alla riforma del Senato: ma tutto ciò allunga i tempi della legislatura e richiede un quadro solido di governo. Per Renzi il nodo è intricato. E la spinta a bruciare i tempi del governo è forte. In realtà, rispetto al ’98 e …