Tutte le sere per cinque anni, tra il 1989 e il 1994, Andrea Barbato, giornalista della tv e della carta stampata, ha indirizzato da Rai3 una cartolina a persone più o meno famose. Il 25 febbraio 1992 la cartolina fu per Beppe Grillo.
“Caro Beppe Grillo, avevo pensato dapprima di formare il numero del suo telefonino e di collegarmi con lei, come lei stesso invita a fare, durante lo spettacolo. Poi ho preferito che ciascuno resti a casa propria, lei sul palcoscenico davanti a platee entusiaste, io nello studio tv. Lei è bravissimo, esilarante, inarrivabile. Devo spendere subito gli aggettivi più lusinghieri di cui dispongo per due motivi. Il primo è che lei li merita davvero, con una comicità mai inutile, sempre in sintonia con quello che accade. Il secondo motivo è difensivo: spero di evitare la telefonata corale, che lei dedica a qualche personaggio della tv o della cronaca, e durante la quale la platea in coro, magistralmente diretta dal suo gesto, rivolge all’ignaro che ha risposto un invito molto esplicito e brusco. Una parola, un imperativo, che nella tv di oggi suona persino blanda, se si ascolta quello che viene detto da mattina a sera, ma che chi le parla, per quell’ipocrisia borghese che un tempo si chiamava ‘buona educazione’, non vuole ripetere. Rischiando di entrare nell’elenco di coloro che riceveranno questo messaggio corale, vorrei azzardarmi a muovere a un uomo libero e intelligente come lei, caro Grillo, qualche obiezione. Forse, se non altro, degna d’essere discussa.
La prima è questa: come fa lei a somigliare ogni sera alle sue platee, pur nel cambio di pubblico e di città? Ci riesce centrando dei bersagli molto ovvi e inutili. Una specie di minimo comun denominatore delle antipatie, peraltro finte, degli italiani. Seconda obiezione. Non nego il valore comico, liberatorio, di una bella imprecazione lanciata all’indirizzo giusto. Ma lei crede davvero che la sacrosanta rabbia, la furia contro i poteri, le corruzioni, le meschinità, le inefficienze, le arroganze, vengano soddisfatte, sanate, da una trasgressione verbale? Da un grido insultante da curva calcistica? A scopi terapeutici, dice un giornale, ma io ne dubito. Che terapia è questa? È la strada maestra dell’illusione qualunquistica, dello sberleffo fine a se stesso, della vendetta anonima pronunciata da una poltrona in penombra: l’unico che si espone, che fa il suo mestiere, è lei. (…) Caro Grillo, le platee hanno di buono che cambiano ogni giorno, ma l’Italia è sempre lì, eterna nei suoi errori, e a prova di insulto. Un saluto da Andrea Barbato”.
da Internazionale, numero 1037, 7 febbraio 201