Un respiro di sollievo. Sembra provenire dai banchi del Pd, quando Laura Boldrini annuncia che la Camera ha respinto a scrutinio segreto, con 351 voti contrari, 154 favorevoli e 5 astenuti le pregiudiziali di costituzionalità sulla legge elettorale. Prova tangibile che l’accordo Renzi-Berlusconi regge. E regge anche l’unità dei democratici. Non a caso la dichiarazione si voto contro le pregiudiziali è stata affidata a Alfredo D’Attore, un bersaniano che più si è segnalato nel criticare l’intesa fra il segretario e il Cavaliere.
La conta così soddisfa Matteo Renzi che incita i suoi a proseguire su questa strada: «Bene così, avanti tutta», dice il sindaco di Firenze.
I suoi, intanto, fanno notare come sia raro che dal segreto dell’urna esca una maggioranza così “bulgara”. E soprattutto, dicono, i “franchi tiratori» sono stati fra 20 e 30. Sono 34, annuncia in aula il capogruppo di Sel Gennaro Migliore. Forse sono meno, dicono gli altri e sono una “quota fisiologica”. E quelli nostri, commentato i democratici, si dovrebbero contare sulla dita di una mano.
Contro le proposte di Sel, grillini e Fratelli d’Italia hanno votato
Forza Italia, Pd Scelta civica e Nuovo centrodestra. Ma subito dopo democratici, forzisti e alfaniani non sono riusciti, per mancanza dei 3/4 dei voti nella capigruppo, a fare calendarizzare il provvedimento per il 6 febbraio. Tutti gli altri erano per lo slittamento. Così, di fronte al disaccordo fra i gruppi, Laura Boldrini ha deciso di fare ripartire la discussione l’11 febbraio. Messo da parte l’Italicum, da lunedì la Camera sarà impegnata a discutere il decreto “svuota carcere” e il “destinazione Italia”.
Questo slittamento però preoccupa Renato Brunetta, timoroso che l’ostruzionismo grillino sui due decreti in scadenza possa ritardare l’iter della legge elettorale. E le sue parole trovano orecchie attente fra i renziani: «Si riapre il rischio palude tra Grillo, che proverà a fermarci, e i piccoli che tenteranno di riaprire una trattativa chiusa», si ragiona fra gli uomini del segretario. E al novero delle minacce possibili bisogna aggiungere anche l’idea di Angelino Alfano che insiste nel volere Renzi coinvolto nell’esecutivo. «Occorre che Renzi sia protagonista della nuova fase del governo; se Renzi non è protagonista, noi non crediamo che si possa andare avanti. Il Pd dica con chiarezza qual è la strategia», dice il vicepremier.
Ma di fondo resta un certo ottimismo basato sul fatto che alla ripresa della discussione ci saranno i tempi contingentati e l’asse Pd-Forza Italia è sicura di portare a casa il provvedimento per metà febbraio. Anche se Laura Boldrini, dopo la decisione della capigruppo ha riaperto il termine per la presentazione degli emendamenti e ha deciso di dedicare all’esame della legge elettorale 22 ore.
Un tempo finora mai concesso per un provvedimento. Infine, sempre la Boldrini, visto che si voterà per principi e gruppi di materie, ha triplicato il numero degli emendamenti che i gruppi potranno segnalare alla presidenza come fondamentali.
Un piccolo successo delle opposizioni che ieri hanno protestato vivacemente contro procedure e metodi usati fin qui nella vicenda legge elettorale. Ma si sono visti respingere anche la richiesta di un ritorno in commissione del testo per un approfondimento. Le proteste, alla fine sono culminate nella decisione di Lega, grillini e Fratelli d’Italia di abbandonare l’aula. Pressioni che hanno ottenuto il risultato dello “slittamento”.
La Repubblica 01.02.14