Mese: Gennaio 2014

"Musei e servizi: cambiare si può", di Vittorio Emiliani

Lo Stato può incassare più soldi senza spendere un euro? Sì, basta che si decida a emanare i nuovi bandi di gara (fermi da quattro anni) per l’appalto dei servizi nei musei. La legge Ronchey n.4/1993 cominciò a risolvere un annoso problema consentendo finalmente l’ingresso di società private per creare guardaroba, librerie, caffetterie, ristoranti, audioguide, visite guidate e servizi simili. Con una crescita promettente: fra il 2000 e il 2002 i musei coinvolti erano passati da 41 a 139. Col tempo però, come succede da noi, 7-8 società hanno finito per spartirsi la parte più ghiotta dei servizi, evitando investimenti troppo impegnativi (la ristorazione) e ritagliandosi «comode» rendite. Nel 2006 soltanto il 10% dei Musei statali risultava offrire servizi di caffetteria e di ristorante. Mentre le librerie (pardon, Bookshop) c’erano nel 41,2 % dei casi e le mostre temporanee nel 48-49% . Perché? Perché sulle ultime le concessionarie lucrano un’alta quota (anche il 70 % secondo la Corte dei conti) sul biglietto aggiuntivo rispetto a quello di ingresso al museo condizionando la gestione di quest’ultimo. …

"Anno costituente o tutti a casa, Renzi strattona governo e Pd", di Mario Lavia

Bando agli indugi, è il messaggio che Matteo Renzi ha insufflato nelle orecchie dei membri della direzione del Pd, la prima da quando è segretario, nella medesima sala che vide le relazioni di Veltroni, Franceschini, Bersani, Epifani, le polemiche di D’Alema e Bindi, le argomentazioni della Finocchiaro, le frecciate di Fioroni, la vis oratoria di Marini. Un’altra éra. Renzi ha fatto Renzi. Ha avvolto la platea con un discorso a braccio, “tecnologico” e al tempo stesso pane al pane e vino al vino: ha strattonato il suo partito e soprattutto il governo. Il senso politico è tutto qui: o portiamo a casa le riforme o la gente ci spazzerà via. Tutti, mica solo io. Perché è esattamente questo – è la sua convinzione – il senso delle primarie, l’urlo di quei 3 milioni di elettori ai gazebo, abbiano votato essi «per me, per Gianni o per Pippo». Non vanno traditi, adesso. E allora datemi il via libera per trattare, trattare e ancora trattare, come dicevano un tempo i sindacalisti. Trattare con tutti, certo, perché « …

"Prezzi e redditi ancora in picchiata in Europa è l’Italia a rischiare di più", di Federico Fubini

Certi scorci del panorama urbano a volte possono lasciare una sensazione di déjà vu che gela il sangue. L’altro giorno un bar della Garbatella, a Roma, ha messo fuori un cartello: abbonamenti da 15 euro per dieci cappuccini e cornetti. Prezzi quasi dimezzati per una colazione. Nel 1934, anche Mussolini annunciò una decisione che oggi suona curiosamente simile: decretò che i commercianti che non avessero ridotto i prezzi sarebbero stati espulsi dal partito fascista. Quando la grande depressione iniziò a mordere in Italia nel 1930, il duce impose un taglio ai salari del 12% lasciando sperare che sarebbe stato l’ultimo. Nel gennaio del ‘32 i disoccupati erano 640 mila, un anno dopo erano raddoppiati. Nel ‘34 il fascismo impose una nuova riduzione di tutte le remunerazioni, quando ormai il prezzo dell’abbigliamento o della spesa al mercato erano dimezzati o quasi. Prezzi e redditi si stavano avvitando, gli uni all’inseguimento circolare degli altri. Solo i debiti continuavano a salire per effetto dei tassi d’interesse, fino a quando il regime decise ciò che allora fu definito «ammortamento» …

"Quelle indulgenze ai razzisti padani", di Piero Ignazi

La Lega ha infranto ogni dubbio e dissolto ogni ambiguità. Non è più quel movimento, osservato con troppa comprensione anche da sinistra, che rappresentava i bisogni del popolo ed esprimeva le pulsioni, confuse ma fattive, della classe produttiva della mitica padania. È un partito che è entrato a pieno titolo nel circolo del neopopulismo xenofobo di estrema destra. L’incontro del segretario leghista Matteo Salvini con Marine Le Pen azzera la speranza-illusione che la Lega post-Bossi sia un partito più “istituzionalizzato”. La virata estremistica del Carroccio, per ora non contestata in alcun modo nemmeno dalle espressioni più moderate del leghismo, in primis il sindaco di Verona Flavio Tosi, non solo radicalizza in maniera vistosa il discorso politico (e gli attacchi razzisti al ministro Cécile Kyenge ne sono la prova), ma pone un problema “sistemico”. Come è possibile infatti che un partito che si sta alleando con l’estrema destra di tutta Europa governi il cuore produttivo del nostro paese, Piemonte, Lombardia e Veneto. Il semplice fatto che un partitino del 4% abbia in mano le chiavi di …

"L'Aquila, la scossa della corruzione cinque anni dopo il sisma", di Claudia Valtattorni

L’Aquila non è una città morta. Cinque anni dopo il terremoto del 6 aprile, cinque anni dopo quella scossa Richter 5.8 che ha stravolto per sempre una città, cinque anni dopo macerie, zone rosse, militari, passerelle politiche, inchieste, processi, promesse e delusioni, L’Aquila prova a rialzare la testa. Oltre 60 i cantieri aperti nel centro storico: si vedono gru, camion, carriole che portano via calcinacci, sacchi di calce e cemento, operai al lavoro. E si rompe quel silenzio surreale che per anni ha caratterizzato il quinto centro storico più grande d’Italia. Le prime facciate dei palazzi antichi sono tornate a splendere. A fianco di edifici meno blasonati e fortunati che invece ancora per molto tempo saranno ingabbiati da travi di ferro ormai arrugginite. «L’Aquila rinasce» si legge sui teloni stesi sui ponteggi. Un mantra che si ripete un po’ ovunque nel cuore della città. Ma non è facile. I più ottimisti prevedono almeno 10 anni di lavori prima di rivedere rinato il capoluogo abruzzese. I pessimisti ne ipotizzano almeno 25. Ma oltre ai palazzi da …

"Sanità. Nella classifica della mobilità il Sud perde pazienti in favore del Nord", di Roberto Turno

Sono 770mila gli italiani che fanno la valigia in cerca di cure, soprattutto di ricoveri, in un’altra regione. Come se tutti gli abitanti della provincia di Cagliari emigrassero per curarsi fuori dalla Sardegna. Un esercito che ha perso pezzi da un anno all’altro (-5%), ma che in dodici mesi ha generato quasi 2 mld di spese nel dare/avere tra regioni. Una spesa cresciuta di oltre 250 mln (+6%), paradosso solo apparente: le cure più gettonate sono infatti sempre più quelle di alta specialità, l’eccellenza, le cure più ricercate e dunque costose. Non a caso il grande buco nero del Sud d’Italia. Perché è proprio da Roma in giù che si continua a lasciare sempre di più la propria città a caccia di cure migliori e più rapide: dalla Campania fuggono 82mila, 59mila abbandonano la Calabria, 58mila la Puglia, 49mila se ne vanno dalla Sicilia. Viceversa la Lombardia “incassa” 143mila italiani da altre regioni, 111mila l’Emilia Romagna, 90mila il Lazio e 70mila la Toscana. Ecco l’altra (e la solita) faccia dell’Italia delle cure. Mai abbastanza nota, …

"La battaglia di Vera contro oblio e ingiustizia" di Antonio Ferrari e Alessia Rastelli

La storia di Vera Vigevani Jarach, ebrea italiana che fuggì in Argentina dopo le leggi razziali, attraversa il Novecento: il nonno morì ad Auschwitz; la figlia Franca, 18 anni, fu sequestrata e gettata in mare da un aereo della morte del dittatore argentino Videla. Vera aveva un desiderio: «Un viaggio nella memoria». Lager e torture, il viaggio di Vera nel buio La storia di un’ebrea italiana: nonno ad Auschwitz, figlia desaparecida in Argentina Vera Vigevani Jarach, ebrea italiana che vive in Argentina, aveva un desiderio. Il «Corriere della Sera» l’ha aiutata a realizzarlo. Questa donna di ottantacinque anni, giornalista per quattro decenni all’ufficio dell’«Ansa » di Buenos Aires, ha attraversato, nel Novecento, due tragedie che l’hanno segnata per sempre: ha perso il nonno materno, Ettore Felice Camerino, mandato al gas ad Auschwitz dagli aguzzini nazisti; e ha perso la figlia Franca, di diciotto anni, sequestrata, torturata e gettata in mare (viva) da un aereo della morte del dittatore Videla. «Non ho tombe sulle quali piangere. Mio nonno è diventato il fumo di un camino, mia …