Torino, 11 luglio 1899 29 gennaio 2014. Dopo 115 anni il marchio Fiat va in pensione. «Inizia un nuovo capitolo della nostra storia», dice John Elkann. Che non verrà più scritta sotto la Mole. Fca Fiat Chrysler Automobiles sarà una società di diritto olandese con sede fiscale in Gran Bretagna, quotata in Borsa a New York e a Milano. La rivoluzione sarà completa entro la fine dell’anno, mentre a maggio verrà presentato un piano strategico di lungo termine alla comunità finanziaria.
È quanto ha deciso ieri il cda di Fiat Spa, l’ultimo del gruppo così come si conosceva fino a oggi. L’organizzazione resterà la stessa, dice l’azienda, divisa in «quattro regioni operative. Tutte le attività che confluiranno in Fca proseguiranno la propria missione, compresi naturalmente gli impianti produttivi in Italia e nel resto del mondo, e non ci sarà nessun impatto sui livelli occupazionali».
Possono dunque stare tranquilli sindacati e operai, tra i quali i circa tremila cassintegrati (su cinquemila) di Mirafiori e i lavoratori di Cassino, che aspettano nuovi modelli da produrre? «Abbiamo lavorato caparbiamente e senza sosta a questo progetto per trasformare le differenze in punti di forza e per abbattere gli steccati nazionalistici e culturali», scrive Marchionne nel comunicato redatto al termine del cda.
«OTTIMI RISULTATI»
Quindi il manager si è confrontato con la comunità finanziaria per l’illustrazione dei conti del gruppo, che sono sotto le attese e che neanche quest’anno permetteranno agli azionisti di incassare dividendi. L’utile della gestione ordinaria, nel 2013, è sceso a oltre 3,39 miliardi, rispetto ad attese per circa 3,6 miliardi; l’utile netto è salito a 1,95 miliardi (da 896 milioni nel 2012). Mentre il debito è di 6,6 miliardi, «piuttosto elevato», ammette lo stesso Marchionne, che si ripromette di «rafforzare la base di capitale» appena terminato il trasferimento in Olanda.
TONFO
Numeri che hanno fatto scivolare il titolo a Piazza Affari, tanto che per un po’ Fiat è rimasta sospesa, prima di chiudere la sessione in calo del 4,11 per cento. Marchionne si ritiene comunque soddisfatto: «Abbiamo avuto i primi segnali incoraggianti della nostra strategia premium con ottimi risultati nel quarto trimestre 2013, speriamo di mantenere gli stessi margini nel 2014».
Poi annuncia gli investimenti, che ammonteranno a otto miliardi di euro, mezzo milione in più dell’anno passato. L’obiettivo è scalare la top ten dei produttori di auto, dall’attuale settimo posto, vendendo già da quest’anno 4,5 4,6 milioni di automobili, di cui un milione tra Europa, Africa e Medio Oriente, circa 2,4 tra Canada, Messico e Stati Uniti dove il gruppo realizza il 54 per cento dei suoi ricavi un milione in America Latina e duecento mila nell’Asia Pacifico.
Attenzione, però: «Il 2014 è ancora un anno di transizione», i miglioramenti veri si vedranno solo dal 2015, che sarà anche il penultimo anno della gestione del manager alla guida del gruppo italo americano. Ancora tre anni, dunque, poi il timone passerà di mano, verosimilmente all’interno della cerchia dei suoi collaboratori. «Mi sono circondato di persone molto valide e credo che da questo gruppo emergerà il mio successore. Non sarebbe corretto, vista la forza di questi manager, affidare il compito a qualcuno di esterno».
GLOBALITÀ
Parole pronunciate poco prima dell’incontro previsto con i sindacati metalmeccanici, ai quali in serata sono stati illustrati conti e prospettive, che hanno occupato il dibattito della giornata al pari dell’accordo sulla legge elettorale. Da Bruxelles è intervenuto pure il premier Enrico Letta, con il quale Marchionne si è visto martedì. Dal presidente del Consiglio, sono arrivate rassicurazioni sul fatto che non conta poi così tanto la sede legale del nuovo gruppo «una questione assolutamente secondaria» «contano i posti di lavoro, il numero di auto vendute, la competitività e la globalità». Sulla stessa linea Raffaele Bonanni, segretario Cisl, che si dice «tranquillo, perché gli investimenti vanno avanti e siamo lontani dalle difficoltà del passato».
La questione delle tasse all’estero viene ripresa in un passaggio del comunicato emesso dal gruppo automobilistico: «Questa scelta non avrà effetti sull’imposizione fiscale cui continueranno ad essere soggette le società del gruppo nei vari Paesi in cui svolgeranno le loro attività». La decisione è presa. A poco più di un secolo dalla nascita, Fiat cambia pelle, lascia la sua città natale per Olanda e Gran Bretagna. Entro ottobre la quotazione a New York, poi quella secondaria a Piazza Affari.
L’Unità 30.0.14