Cinque miliardi. Matteo Renzi, segretario del Pd, lancia il suo affondo su uno dei più gravi e urgenti problemi da risolvere: la sicurezza delle scuole frequentate ogni giorno da otto milioni di studenti. Intervistato dal Tg3 chiede «cinque miliardi di investimenti per ristrutturare gli edifici». Ma non solo. Precisa che «l’Europa deve accettare» che l’investimento resti «fuori del patto di stabilità».
È la stessa strada percorsa dal governo Letta che a fine dicembre aveva annunciato di aver recuperato oltre 6 miliardi di fondi europei non spesi che correvano il rischio di perdersi. La novità è la destinazione. Renzi chiede che cinque miliardi vadano per intero alla ristrutturazione delle scuole. Senza dividere le somme in mille capitoli diversi, un po’ al turismo, un po’ al lavoro e così via come è sempre accaduto finora. L’incapacità di affrontare sul serio l’emergenza è tale che da quasi venti anni il Miur lavora alla mappatura completa degli interventi urgenti da fare nelle scuole, un’altra tela di Penelope infinita a cui mancano ancora troppi dati mentre quelli che sono stati inviati con il tempo finiscono per essere superati, e quindi inutili.
Il Miur ha pubblicato soltanto una volta una parte dei dati a sua disposizione, nell’autunno del 2012 quando ministro era Francesco Profumo. Le cifre raccontano quello che vivono ogni giorno gli studenti sulla loro pelle. Il 4% degli edifici è stato costruito prima del 1900. E la maggior parte, il 44% delle scuole, in un periodo che va dal 1961 al 1980. Solo il 17,7% degli edifici è in possesso del certificato di prevenzione incendi. Il 33% non possiede un impianto idrico antincendio; un edificio su due non ha una scala interna di sicurezza; quattro su dieci non hanno la dichiarazione di conformità dell’impianto elettrico. Ancora più serio è l’allarme sismico, quasi 4 edifici su 10 sono in zone ad alto rischio.
Se i dati del ministero si fermano qui, altre associazioni tentano ogni anno di restituire una fotografia ancora più dettagliata dello «scuolicidio», la distruzione lenta e costante degli istituti con indagini a campione. Secondo il rapporto 2013 di CittadinanzAttiva in una scuola su sette ci sono lesioni strutturali evidenti, presenti in gran parte sulla facciata esterna dell’edificio, il 20% delle aule presenta distacchi di intonaco: muffe, infiltrazioni e umidità sono stati rilevati in quasi un terzo dei bagni (31%) e in un’aula e palestra su quattro. Il 39% delle scuole presenta uno stato di manutenzione del tutto inadeguato molto in aumento rispetto al 2012 quando erano il 21%. Più della metà delle scuole non possiede il certificato di agibilità statica, oltre 6 su 10 non hanno quello di agibilità igienico sanitaria, altrettante non hanno quello di prevenzione incendi. Solo un quarto delle scuole è in regola con tutte le certificazioni. Temperature ed aerazione non sono adeguate nella gran parte delle aule, visto che il 51% di esse è senza tapparelle o persiane e il 28% ha le finestre rotte. Il 10% delle sedie e dei banchi è rotto e in oltre un terzo dei casi (39%) gli arredi non sono a norma, adeguati ad esempio all’altezza degli alunni.
Legambiente ha analizzato anche le disparità tra le diverse parti d’Italia. Dal rapporto Ecosistema Scuola 2013 emerge che se Trento, Prato e Piacenza sono i primi tre capoluoghi di provincia per qualità dell’edilizia scolastica, bisogna invece arrivare alla 23esima posizione per trovare il primo capoluogo di provincia del Sud che è l’Aquila, seguito da Lecce alla 27esima posizione.
La Stampa 27.01.14