Non sarà una rivoluzione dolce quella che ha in mente Matteo Renzi e che i suoi tecnici stanno trasformando in un Job Act con l’ambizione di cambiare il volto dell’economia e del mercato del lavoro in Italia. La premessa: «L’Italia ha tutto per farcela. È un Paese che ha una forza straordinaria ma è stato gestito in questi anni da una classe dirigente mediocre che ha fatto leva sulla paura per non affrontare la realtà (straordinaria la pennellata di De Rita nella relazione Censis di quest’anno)». Nessun intervento soft, annuncia il segretario Pd, ma «un cambiamento radicale», «partendo dall’assunto che il sistema Paese ha le risorse per essere leader in Europa e punto di attrazione nel mondo. E che la globalizzazione non è il nostro problema, ma la più grande opportunità per l’Italia. Un mon- do piatto, sempre più numeroso e sempre più ricco, che ha fame di bello, quindi di Italia. A noi il compito di non sprecare questa possibilità; abbiamo già sprecato la crisi, adesso non possiamo sciupare anche la ripresa». Parte da qui il segretario, da una aspra critica alla classe dirigente che ha guidato il Paese fin qui. I dati sulla disoccupazione, dice, «sono una fotografia devastante. Bisogna correre, allora. Fermare l’emorragia dei posti di lavoro. E poi iniziare a risalire la china».
Come? Secondo Renzi attraverso il suo Job Act, tre capitoli e un programma di lungo respiro, «che creerà polemiche», ma non fermerà il Pd, assicura. Il primo capitolo è dedicato a interventi di sistema e misure volte soprattutto ad agevolare le aziende, a partire da un taglio dei costi dell’energia, perché il «dislivello tra aziende italiane e europee è insostenibile e pesa sulla produttività». Quindi, meno 10% da subito, soprattutto per le piccole imprese e poi meno tasse per chi produce lavoro, attraverso un aumento delle imposte sulle azioni finanziarie consentendo un taglio del 10% dell’IRAP per le aziende.
Sulla revisione della spesa il Job Act (documento che è aperto alla discussione e che verrà presentato definitivamente in direzione il 16) prevede il vincolo di ogni risparmio di spesa corrente che arriverà dalla revisione della spesa alla corrispettiva riduzione fiscale sul reddito da lavoro. Interventi anche sull’agenda digitale con fatturazione elettronica, paga- menti elettronici, investimenti sulla rete. Rivoluzione nelle Camere di commercio: via l’obbligo di iscrizione, piccolo risparmio per le aziende ma soprattutto segna- le concreto contro le corporazioni, scrive il segretario nella sua enews. Via, e questa sarà una misura destinata a creare polemica, la figura del dirigente a tempo in- determinato nel settore pubblico, si en- tra a tempo indeterminato soltanto se si vince un concorso.
Per snellire la burocrazia è previsto un intervento di semplificazione amministrativa sulla procedura di spesa pubblica sia per i residui ancora aperti, sia per le strutture demaniali sul modello che va- le oggi per gli interventi militari. Saranno i sindaci a decidere le destinazioni, con un parere entro 60 giorni di tutti i soggetti interessati e da quel momento in poi si procede, stabilendo così una certezza sui tempi del provvedimento amministrativo. Sulla trasparenza amministrazioni pubbliche, partiti, sindacati «hanno il dovere di pubblicare online ogni entrata e ogni uscita, in modo chiaro, preciso e circostanziato». Un capitolo a parte è dedicato alla creazione di nuovi posti di lavoro, sette i settori individuati ( Cultura, turismo, agricoltura e cibo, Made in Italy, ICT, Green Economy, Nuovo Welfare, Edilizia, Manifattura) per ognuno dei quali ci sarà un piano industriale ad hoc. E solo il terzo step di questo piano prevede un intervento massiccio sulle norme e i contratti. L’obiettivo: semplificare la giungla di leggi sul mercato del lavoro entro otto mesi con un codice del lavoro «che racchiuda e semplifichi tutte le regole attualmente esistenti e sia ben comprensibile anche all’estero». Riduzione drastica anche delle forme di contratto oggi in vigore, 40, per arrivare ad «un contratto di inserimento a tempo indeterminato a tutele crescenti. Superamento della cassa integrazione in deroga e previsione di un assegno universale per chi perde il posto di lavoro, estendendolo a chi oggi non può goderne legandolo però all’obbligo di seguire un corso di formazione professionale e di non rifiutare più di una nuova proposta di lavoro. Trasparenza anche sulla formazione con l’obbligo di rendicontare on line tutte le spese sostenute con i finanziamenti pubblici, «criteri di valutazione meritocratici delle agenzie di formazione con cancellazione dagli elenchi per chi non rispetta determinati standard di performance». Infine: un’Agenzia unica federale per il coordinamento dei centri per l’impiego e legge sulla rappresentatività sindacali sui luoghi di lavoro.
L’Unità 09.01.14