Per tradurre in opportunità rivitalizzanti i gravi problemi che il 2014 porterà con sé, la politica ha bisogno di darsi grandi «missioni» per identificare le quali sono fondamentali pensiero e idee ma anche lo slancio dell’immaginazione. Nell’anno in cui ricorre il centenario dello scoppio della Prima guerra mondiale ciò è vero sia per l’Italia sia per l’Europa, entrambe attese, se non vogliono diventare preda di spinte populistiche rancorose, alla sfida di un profondo rinnovamento ideale. Ne è un segnale la gamma di problematiche per le quali si chiede una rottura delle «convenzioni» e delle prescrizioni standard che ci hanno guidato fin qui e si invoca la «non convenzionalità» delle politiche: dalla urgenza di uscire dalla recessione economi- ca, alla opportunità di dare soluzioni innovative alle crisi industriali e bancarie, alla necessità di generare lavoro per giovani e donne in quantità inusitata e in forme creative. L’«immaginazione al potere» può tornare ad essere uno slogan trascinante, grazie al quale mobili- tare le risorse per dare vita a un nuovo «progressismo» e a un nuovo «umanesimo» di ascendenza illuministica addirittura di tipo kantiano.
La progettualità si avvale dell’immaginazione e delle sue forti componenti trasformative ed emancipative. L’immaginazione è alla base dell’attivazione del sentire, della formazione di equilibri/squilibri emotivi, dello sviluppo dell’impulso progettuale verso un più largo senso dell’umano e verso il futuro. Richiamare a sé la facoltà di immaginare vuol dire accende- re intrinseche capacità di autotrasformazione. Come nella Critica della Ragion Pratica e nella Critica del Giudizio di Kant, la datità del presente è superata dall’immaginazione, che rappresenta il possibile e spinge alla trasformazione dell’esistente, consentendoci di liberarci dei nostri particolarismi, di riconoscere il punto di vista degli altri, di raggiungere la più profonda razionalità del giudizio. Visione che supera la datità e prefigurazione di quadri alternativi so- no contenuti anche nel «nuovo inizio» di Hanna Arendt, non a caso sensibile lettrice della terza critica di Kant. L’immaginazione congiunge le potenzialità trasformative della vita affettiva con quella derivanti dalla sempre possibile dilatazione volontaria della propria psi- che, permettendo «strategie emotive» – come la nostalgia della vulnerabilità o la riscoperta del senso perduto del limite – volte a superare lo scarto e il «dislivello prometeico» tra la nostra potenza produttiva e la nostra capacità percettiva.
L’immaginazione è una facoltà cruciale anche per l’etica, individuale e collettiva, e per la ricerca della giustizia. L’immaginazione fonde l’esplorazione e l’attenzione, forza il limite di ciò che esperiamo direttamente, ricrea – in una realtà banalizzata all’estremo dalla riproduzione seriale di immagini e di simulazioni – un universo di significati e ne moltiplica le possibilità. Ciò che Anders chiama «fantasia mora- le» nutre l’impulso al cambiamento, il progresso morale, il desiderio di diventare migliore, passando attraverso l’amicizia, l’amore, la fiducia, l’ammirazione e la gratitudine, forme molteplici che ci aprono agli altri e a nuove possibilità di essere. L’immaginazione ha, dunque, una forza anche morale, in quanto attivatrice di sentimenti e di pensieri che inducono a riorganizzare la vita interiore e la condotta me- diante specifiche attività della mente e del cuore, le quali caratterizzano la dimensione etica non solo come esercizio di volontà e regolazione razionale ma anche come impegno pubblico spinto da passioni e emozioni. In un mondo pervaso da dolore, gioia, violenza, aggressività, amore, amicizia, la chiarificazione concettuale e la generazione di nuovi vocabolari, con- sentiti da una immaginifica «conoscenza» morale, giocano un ruolo fondamentale. L’immaginazione opera come un vero e proprio organo dilatando e approfondendo la percezione della realtà, ridisegnando alla luce di un’ideale i contorni di una situazione, di un’esperienza, di una vita, lavorando sui confini tra il necessario, il possibile, l’auspicabile. Molto più spesso di quanto non si creda, l’etica incorpora uno sforzo di immaginazione, ossia un investimento di energie creative che sovverte tradizionali distinzioni e attiva rapporti non oppositivi ma di reciproco richiamo e completamento tra emozione e ragione, corpo e mente. Come dice Laura Boella «la riabilitazione dell’immaginazione in ambito morale fa tutt’uno con l’attribuzione di una valenza etica al pensiero, alla capacità di ideazione e di significazione della mente, contro l’idea che organo della morale sia la
Maramotti volontà e che tra intenzione, motivazione e scelta, ci sia uno iato; l’immaginazione svolge un’attività “costruttiva” e interpreta il mondo come dotato di significato e valore».
Il problema non è tanto di riconoscere che le emozioni e l’immaginazione possono essere motivi dell’azione umana – cosa che si fa da tempo immemorabile – quanto non limitarsi a un riconoscimento che le individua solo come cause «cieche» dell’azione e «ostacoli» alla razionalità ponderata, perseguendo un riconosci- mento che le individua come «ragioni morali», dotate di autorevolezza raziocinante e forza normativa. L’antinomia tra razionalismo (per cui la ragione è totalmente aliena dalla passio- ne) e sentimentalismo (i sentimenti sono verificati solo nella loro contingenza) va, dunque, superata e va scoperto il ruolo epistemico (in quanto cognizione, precognizione, subcognizione) che le emozioni svolgono nell’articolazione della ragione, soprattutto quella pratica. La via maestra è indicata proprio da Kant, laddove colloca la costruzione dell’autorità del giudizio morale, ricorrente a una concettualizzazione a priori, nella «seconda natura» dell’esse- re umano – costituita dalla capacità di autori- flessione – concepita in continuità con il «naturale» e sviluppata nell’apertura verso gli altri come senso di giustizia e come etica pubblica. L’immaginazione fa tesoro dell’empatia, vale a dire del sentirsi partecipi delle gioie e delle sofferenze degli altri. L’empatia racchiude, in reciproco sostegno, sia ragione sia istinto psicologico, avvalorando la funzione di apertura, di dilatazione dell’immaginazione, di liberazione spesso svolta dai sentimenti, fondando su basi solide l’interesse presente nella mente umana per la bontà, la correttezza e la rettitudine.
L’Unità 08.01.14