Le donne sono più affidabili degli uomini se si parla di affari. Da un’indagine condotta da Cribis D&B — società del Gruppo Crif — sull’intero universo delle imprese italiane, con dati aggiornati a ottobre di quest’anno, le imprese guidate dalle donne risultano commercialmente più sicure nel pagamento dei fornitori e nel rispetto delle varie scadenze. All’aumentare delle quote rosa tra i top manager diminuisce il rischio di insolvenza: se ai piani alti le donne sono più del 50% l’azienda è più ligia agli impegni presi con i fornitori, quando si scende sotto il 10% aumenta il grado di rischio.
Senza considerare le differenze di genere nei board aziendali, le imprese italiane che presentano una rischiosità commerciale di basso livello sono pari al 43%, medio al 46%, alto all’11%. E per rischiosità commerciale si intende la possibilità di non pagare i fornitori nei prossimi 12 mesi.
I dati cambiano però se nei board ci sono le donne: la bassa rischiosità scende al 40% se queste rappresentano meno del 10% dei componenti, si alza,
sfiorando il 50% dove le quote rosa si attestano tra il 26 e il 50% e addirittura sale al 53% quando le donne sono la maggioranza (tra il 51 e il 75%). In quest’ultimo caso il 35% delle aziende si trova nel commercio al dettaglio, seguito dai servizi commerciali e alla persona (26%) e dall’agricoltura (il 14%). Tutti settori caratterizzati da aziende piccole o piccolissime. «Una conferma dell’analisi
deriva anche dalla natura giuridica che mostra come, sempre considerando le aziende con presenza femminile maggiore del 50%, il 68% è rappresentato da ditte individuali — spiega Marco Preti, ammini-stratore delegato di Cribis D&B — . Non abbiamo elementi per dare una spiegazione strutturata sul perché le aziende con un board ad alto tasso femminile siano più affidabili, ma è innegabile che le realtà guidate da donne mostrano una maggiore attenzione a onorare gli impegni presi e una gestione più oculata dell’attività rispetto alle aziende guidate da uomini. Questi elementi hanno probabilmente consentito alle imprese “rosa” di gestire meglio le difficoltà generate dalla crisi economica». Infatti negli ultimi cinque anni, secondo i dati di Confartigianato, il numero delle lavoratrici indipendenti italiane (imprendi-trici, lavoratrici autonome, libere professioniste) è diminuito del 6,7%, contro il 9,1% degli uomini. Mentre le donne a capo di imprese con dipendenti sono addirittura aumentate di quasi 29mila unità, pari all’8% .
Tornando al fattore affidabilità e analizzando l’anzianità delle aziende «si nota una distribuzione equilibrata tra imprese giovani (il 21% ha iniziato l’attività nel 2011 o dopo), imprese medie (il 42% tra il 2001 e il 2010) e aziende storiche — dice Preti — . Unendo questo dato ai settori di appartenenza (commercio e servizi), dove il tasso di chiusura e apertura di nuove aziende è più elevato, c’è un’ulteriore conferma dell’affidabilità di quelle guidate da donne».
La Repubblica 08.01.14