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“Lancio un referendum sul web adesso diteci che scuola volete”, di Corrado Zunino

Nella pasticceria Salza, Borgo Stretto di Pisa, praticamente casa sua, il ministro Maria Chiara Carrozza spiega davanti a un tè caldo il 2014 della scuola e dell’università italiane. Fuori piove. Come da tweet di fine anno, inizia dalla Costituente della scuola. Ministro, che cosa sarà?
«La Costituente della scuola sarà la più grande domanda, e mi auguro la più grande risposta, sulla scuola italiana contemporanea. Non parliamo di un convegno né di stati generali, non sarà neppure una consultazione tra addetti ai lavori. Vogliamo aprire un dibattito in tutto il paese su questo bene primario che è la scuola. Cosa ne pensano, e come la vorrebbero, presidi, insegnanti, studenti, genitori, partiti, fondazioni, associazioni. Domande semplici
su dieci temi. Non si è mai fatto prima».
Si rischia di scrivere il più grande libro dei sogni mai scritto.
«Vorrei capire, confesso che su alcuni temi non so come gli italiani la pensino. La valutazione, per esempio. I genitori vogliono che le scuole frequentate dai loro figli siano valutate secondo standard internazionali?
E con le scuole, gli insegnanti? O ritengono la valutazione una violazione della privacy, un metodo poco significativo? E l’autonomia scolastica è un bene, un’opportunità, un disastro? Da ministro ho le mie idee, ma se non capisco quelle del paese non posso elaborare l’ultima riforma della riforma della riforma. Vorrei fare insieme agli italiani la grande e giusta riforma della scuola italiana».
Che tempi si è data per capire?
Davanti a sé al massimo ha un anno e mezzo.
«Ci siamo messi al lavoro subito dopo Natale, in queste ore stiamo scegliendo i dieci temi cardine. Invieremo il questionario e chiunque, fino a maggio, potrà intervenire: risposte sul sito del ministero che resteranno anonime. A giugno renderemo pubblici i risultati, a settembre diremo quali indicazioni il ministero ha recepito».
Ha detto che le idee, lei, se le è formate. Sull’autonomia scolastica, per esempio?
«Oggi la scuola italiana è fortemente centralizzata, ma il funzionamento dei singoli istituti dipende dai singoli presidi. Se sono capaci, le loro scuole funzionano. È così, ma non saprei dire perché: le consultazioni mi aiuteranno».
Scusi il cambio di passo, ma ha letto che abbiamo gli adolescenti più pigri d’Europa? Ultimi in Europa per pratica sportiva.
«Ho intenzione di dirottare fondi europei sull’attività fisica. So quanto serve, da studente sono stata una buona praticante: sci, tennis, basket ».
Perché le scuole italiane non sono quasi mai aperte il pomeriggio e mai in estate?
«Sono molto favorevole all’apertura prolungata, ma il punto è il solito: trovare i soldi per garantirla. Si può pensare ad aperture senza costi con affidamenti, per sport e cultura, a soggetti esterni».
In Italia, e forse solo in Italia, si tengono aperte per 15 anni graduatorie per le classifiche degli insegnanti che devono entrare in cattedra. L’ex ministro Profumò annunciò un lavoro di pulizia di queste graduatorie: c’è chi si è sistemato altrove, chi non vuole più fare l’insegnante.
«Profumo aveva ragione, ma il lavoro non si è fatto. Dobbiamo riprenderlo in mano».
Gli istituti tecnici superiori, gli Its riservati a chi ha un diploma tecnico e vuole aggiungere due anni di alta specializzazione, sono stati un successo: il 59 per dei diplomati ha trovato subito un lavoro.
«Vogliamo estenderli. Le autorizzazioni spettano alle Regioni ma penso che l’anno prossimo nasceranno una quindicina di nuovi Its, soprattutto in Toscana e Lombardia. Gli istituti tecnici e professionali, superiori e no, riguardano il 40 per cento dei nostri studenti e durante il semestre europeo a guida italiana l’istruzione professionale sarà al centro del dibattito continentale».
Non c’è troppo poca storia dell’arte negli orari scolastici?
«Sì e noi faremo un investimento sulla storia dell’arte, anche qui attingendo a fondi europei. I due semestri Ue, Grecia e poi Italia, rilanceranno la cultura umanistica».
Alla fine che cosa manca alla scuola italiana?
«La diffusione del digitale e un investimento su laboratori, biblioteche, palestre».
L’università continua a perdere finanziamenti: 6,2 miliardi contro i 6,5 del 2012.
«Sono i tagli del governo Monti. Nel 2014 riporteremo a casa 191 milioni e cambieremo il modo di distribuire le risorse. Finanziamento generale, premi e assunzioni vanno fatti insieme, all’inizio dell’anno accademico».
Il segretario del Pd, Renzi, sostiene che metà delle università italiane devono essere cancellate, servono solo ai baroni.
«Io credo che non si debba cancellarne neppure una: oggi laureiamo pochi giovani. Agli atenei che hanno usato male i soldi, fanno poca ricerca e non richiamano i professori migliori il ministero deve solo togliere autonomia».
Finanzierà ancora le universit à tematiche non statali?
«Certo. Scienze gastronomiche di Pollenzo è stato un successo e vedrei con favore università tematiche destinate allo studio energetico e alla biomedicina».
Lo sa che a due anni dall’introduzione dei prestiti d’onore 19 milioni non sono stati ancora toccati? Solo 500 studenti hanno chiesto il prestito.
«Il prestito d’onore non mi piace, in America ha creato un mare di guai. Preferirei introdurre l’education bond, un prestito privato non vincolante: lo studente lo restituirà solo se sarà in condizioni di farlo, senza rischiare nulla».
È sicura che il prossimo test di ammissione a Medicina sarà nazionale?
«Combatto per quello, anche se le pressioni nei miei confronti sono fortissime».

La Repubblica 05.01.14

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