Il leader della diaspora berlusconiana, Angelino Alfano, ha il difficile compito di dare ai propri parlamentari identità e cultura politica nella stagione che ci separa dalle elezioni. Impresa che si è rivelata dura per un veterano come Pierferdinando Casini e, al centro, impossibile per il senatore a vita Mario Monti. Sbaglia per ò Alfano a pensare – o ad ascoltare chi in tal senso lo indirizza – che schierando il suo movimento su posizioni «dure», demagogiche, «di destra», guadagnerà voti, consensi, attenzione. Al contrario, perder à stime, considerazione, spazio. Chi vuol menare gli immigranti, sbattere tutti in galera, usare la famiglia non come nido ma come spaventapasseri, ha già i suoi riferimenti a destra, e spesso tra i 5 Stelle.
Sperare che il no del Nuovo centro destra alle unioni civili tra omosessuali, proposte dal Partito democratico del neo segretario Matteo Renzi, ringalluzzisca la base cui guardano Alfano, Lupi, Mauro, è illusorio. L’Italia si è rivelata dai tempi dei referendum sul divorzio e l’aborto, mezzo secolo or sono, allergica alla politica dei valori, confermando che l’antico buon senso di casa nostra sa evitare le polemiche che a lungo hanno diviso l’America, per esempio, sull’interruzione di gravidanza. Due grandi regioni meridionali, la Sicilia e la Puglia, hanno eletto, con notevole presenza di voti cattolici e tradizionali, presidenti omosessuali, Crocetta e Vendola.
La destra occidentale ha ormai accettato, dalla Francia alla Gran Bretagna, culture di tolleranza e inclusione. In America, dove lo stesso Ronald Reagan trattò con compassione la morte per Aids dell’attore Rock Hudson fermando gli estremisti, i repubblicani sono divisi da febbri ideologiche, ma perfino le figlie dell’ex vicepresidente Dick Cheney, due conservatrici Doc, si dividono sulle nozze gay, ne parlano, non discriminano o tacciono.
La proposta di Renzi è soft, non si tratta di matrimoni omosessuali – pur ormai routine in tante metropoli da New York a Los Angeles -, ma di unioni civili che cancellano solo le più odiose discriminazioni a danno dei cittadini gay. Bloccarla non rende Alfano e il suo Ncd bastione credibile dei valori tradizionali, ma al contrario palcoscenico petulante, dove risuona la grancassa populista. Il voto cattolico in Italia è stato studiato a lungo, da Mannheimer a D’Alimonte, e non rivela correnti di maggioranza contro l’integrazione dei cittadini.
Nel suo libro «Il ventennio», l’ex presidente della Camera Gianfranco Fini riflette con amarezza sulla strada aspra che la destra italiana deve compiere per diventare definitivamente occidentale e liberale, amarezza tanto politica quanto esistenziale. La disattenzione di Silvio Berlusconi ai temi etici, l’accordo meccanico tra centrodestra e gerarchia della Chiesa italiana nel recente passato, hanno seminato confusione e opportunismi. Oggi il clima è diverso, dal Vaticano, alla Cei, alle parrocchie, ai movimenti, Comunione e Liberazione di don Carron in testa. Papa Francesco incanta il mondo restando saldo sulla strada maestra della Chiesa, ma ammonendo che essa va percorsa da «tutti i peccatori», senza barriere o protezionismi dell’anima. Il grido neo francescano «Chi sono io per discriminare quel peccatore…?» commuove le anime, ci parla di fratellanza per chi non condivide la nostra etica, la nostra condotta personale. Insomma la scommessa di Alfano è perdente nella tattica della politica e disastrosa nella strategia dei valori. E – se ci possiamo permettere – stride anche con la sua personalità, che non ha rivelato finora il difetto dell’astioso settarismo.
La Stampa 04.01.14