Pronti, via. Anno nuovo, si riparte. Matteo Renzi , neosegretario Pd, non perde tempo e comincia il 2014 proponendo alle altre forze politiche le opzioni su cui il Partito democratico sarebbe disponibili a trovare un accordo in materia di legge elettorale e riforme istituzionali. Renzi chiede «un accordo serio, istituzionale, su tre punti: legge elettorale, riforma del bicameralismo e una riforma del titolo V».
La riforma del titolo V consiste nell’abolizione del Senato e la sua sostituzione con la Camera delle autonomie la modifica di alcuni poteri delle Regioni da riportate allo Stato.
LEGGE ELETTORALE – Sulla legge elettorale «rinunciamo a formulare la nostra proposta ma offriamo diversi modelli alle forze politiche che siedono insieme a noi in Parlamento» scrive sul suo sito lo stesso Renzi nella prima enews dell’anno, elencando tre modelli: quelli della legge elettorale spagnola; della legge Mattarella rivisitata; e del doppio turno di coalizione dei sindaci.
DIRITTI CIVILI – Nel patto di coalizione , spiega ancora Renzi, il Pd chiederà inoltre «che ci sia un capitolo Diritti Civili» con le modifiche alla Bossi Fini, le unioni civili per persone dello stesso sesso, la legge sulla cooperazione internazionale, i provvedimenti per le famiglie e una disciplina più efficace delle adozioni». Altre proposte arrivano da Renzi anche in materia di riforma della Costituzione.
ORA O MAI PIU – Il segretario del Pd twitta: «Nonci sono più alibi». E linka la enews in cui tra le altre cose si legge: «Il mandato delle primarie dell’8 dicembre è fortissimo e non accetta compromessi: subito una legge elettorale seria, riforma della politica con tagli per un miliardo di euro, provvedimenti immediati sul lavoro perché torni un briciolo di speranza nel futuro dell’Italia. Bene, allora tiriamo giù le carte». APPELLO AI PARTITI – «Pronti a cambiare verso alla politica italiana, rimpicciolita nelle proprie ambizioni da anni di pigrizia e conservazione» scrive il segretario del Pd nella enews nella quale ha allegato anche una lettera da lui scritta ai partiti con le proposte di riforma elettorale. «Da noi i cittadini oggi esigono rapidità di decisione e chiarezza delle posizioni. Oggi, primo giorno lavorativo del 2014, dobbiamo dimostrare di aver chiaro che non possiamo perdere neanche un secondo» aggiunge Renzi nella lettera ai partiti.
JOB ACT – «La direzione del Pd sarà convocata per il 16 gennaio. In quella sede mostreremo anche come vogliamo procedere per il Jobs Act che è un documento molto più articolato di quello che si è letto fino ad oggi».
Ecco il testo della e-news:
« Sulla politica nazionale, penso che sia inutile aspettare le stanche liturgie di sempre, i tavoli, le riunioni di coalizione. Credo sia maturo il tempo di lanciare in modo chiaro e trasparente le nostre proposte perché le altre forze politiche ci dicano la loro. Qualcuno mi ha detto “Scusa Matteo, ti abbiamo votato l’8 dicembre e non hai ancora abolito il Senato e nemmeno hai cambiato la legge elettorale”. Hanno ragione loro. Perché il mandato delle primarie dell’8 dicembre è fortissimo e non accetta compromessi: subito una legge elettorale seria, riforma della politica con tagli per un miliardo di euro, provvedimenti immediati sul lavoro perché torni un briciolo di speranza nel futuro dell’Italia. Bene, allora tiriamo giù le carte. Mi hanno detto: “Matteo almeno aspetta il ponte. Fino all’Epifania stai fermo”. Non scherziamo! Sono vent’anni che la classe politica sta facendo il ponte. Partiamo dai.
Ho scritto oggi a tutti i leaders degli altri partiti. Per fare le riforme il PD è decisivo, senza il PD non si fanno. Ma il PD da solo non basta. Le riforme non si realizzano da soli, come la moda di oggi di farsi da soli le foto con il telefonino: la riforma selfie non esiste. E meglio così, perché le regole si scrivono insieme. Quando si fanno le riforme si chiamano tutti gli altri partiti. Poi se uno non ci vuol stare, lo dice. Ma senza troppi giri di parole. E lo dice davanti all’opinione pubblica. Nella lettera – che vi allego in anteprima, fedele al rapporto particolare che ci lega ormai da 380 enews – propongo tre possibili soluzioni alle altre forze politiche sulla legge elettorale. Togliamo gli alibi agli altri: sono tre soluzioni molto diverse l’una dall’altra ma tutte e tre con la fondamentale caratteristica di rispettare il mandato delle primarie dell’8 dicembre che costituisce il riferimento fondamentale mio e del PD. Doppio turno come i sindaci, modello spagnolo con premio di maggioranza e circoscrizioni piccole, rivisitazione della legge Mattarella con premio di maggioranza al posto del recupero proporzionale. Vediamo gli altri se ci stanno o vogliono solo perdere tempo, noi su una delle tre siamo pronti a chiudere. Perché tutte e tre garantiscono governabilità. Alternanza. Chiarezza. Sono tutte comprensibili da chiunque. Sono chiare e restituiscono fiducia nella politica. La settimana prossima il PD sarà a totale disposizione dei singoli partiti per incontri bilaterali che aiutino a precisare, approfondire, modificare la proposta migliore. Poi, la settimana che inizia il 14 gennaio la Commissione Affari Costituzionali della Camera entra nel vivo. E per regolamento ha pochissimo tempo per decidere. Dunque, se vogliamo fare le cose sul serio, eccoci. In quindici giorni la politica può recuperare la faccia che ha perso in questi anni. In questi giorni ho fatto una chiacchierata con Federico Geremicca (su La Stampa del 29 dicembre) e una con Stefano Feltri su Il Fatto Quotidiano di oggi. Ho chiesto al Presidente dei Senatori del PD, Luigi Zanda, di incontrare i senatori il prossimo 14 gennaio così ci parliamo in faccia, senza troppi giri di parole, circa la necessaria trasformazione del Senato in Camera delle Autonomie e quindi la cancellazione di incarichi elettivi e retribuiti in Senato. E la Direzione del PD sarà convocata per il 16 gennaio. In quella sede mostreremo anche come vogliamo procedere per il Jobs Act che è un documento molto più articolato di quello che si è letto fino ad oggi. Votandomi, mi avete chiesto di dare una bella spinta, accelerata, alla politica italiana. Ci provo. Se mi date una mano, anche semplicemente dicendomi cosa ne pensate, mi fate felice. L’email come sempre è matteo@matteorenzi.it. Pensierino della Sera. Ieri ha preso servizio il nuovo sindaco di New York City, Bill De Blasio. Premessa: io credo che Bloomberg sia stato un grande sindaco e negarlo sinceramente richiede un atto di coraggio. De Blasio ha dalla sua una straordinaria spinta ideale e passionale. Ieri ha detto una frase che mi è piaciuta molto: Non vogliamo punire il successo, ma creare più storie di successo. Per me questa definizione è fantastica. Perché dice della differenza tra una sinistra rancorosa e perdente e una sinistra delle pari opportunità e del merito. Good Luck, Mister Mayor! Il mio migliore augurio per un 2014 entusiasmante».
Questa è la lettera che ho inviato ai partiti:
Gentilissimi, nei giorni scorsi quasi tre milioni di italiani mi hanno affidato l’incarico di guidare il Partito Democratico attraverso le primarie. Si tratta di una responsabilità molto bella che cercherò di adempiere con il massimo della dedizione, del coraggio, della fantasia. Non credo di esagerare quando dico che il voto delle primarie è un messaggio per tutta la classe dirigente, non solo per noi. Il 2013 che si è appena chiuso è stato un anno terribile per la politica. Il passaggio elettorale non ha prodotto un vincitore certo, la coalizione di maggioranza si è assottigliata prima di procedere a riforme significative, forte è il clima di disgusto dei cittadini nei confronti dei loro rappresentanti. Le primarie hanno impegnato il mio partito, il PD, primo partito nel voto del 2013 e in termini di rappresentanza parlamentare a prendere l’iniziativa, in modo rapido e chiaro. E credo giusto farlo senza tattiche e secondi fini. Da noi i cittadini oggi esigono rapidità d decisione e chiarezza delle posizioni. Oggi, primo giorno lavorativo del 2014, dobbiamo dimostrare di aver chiaro che non possiamo perdere neanche un secondo. Il mio Partito chiede alle forze politiche che siedono in Parlamento, a tutte e ciascuna, di uscire dalla tattica e provare a chiudere un accordo serio, istituzionale, su tre punti. 1) Una legge elettorale che sia maggioritaria, che garantisca la stabilità e l’alternanza, che eviti il rischio di nuove larghe intese. 2) Una riforma del bicameralismo con la trasformazione del Senato in Camera delle Autonomie Locali e la cancellazione di ogni indennità per i senatori che non vengono più eletti ma diventano tali sulla base dei loro ruoli nei Comuni e nelle Regioni. 3) Una riforma del titolo V che semplifichi il quadro costituzionale e istituzionale, che restituisca allo Stato alcune competenze oggi in mano alle Regioni (per esempio l’energia) e che riduca il numero e le indennità dei consiglieri regionali al livello di quello che guadagna il sindaco della città capoluogo. Per essere ancora più stringenti e rispettare la tempistica che ci viene dal Regolamento della Camera, dove la Commissione Affari Costituzionali sta esaminando la legge elettorale, il PD fa un ulteriore passo in avanti. Pur consapevoli del ruolo di partito di maggioranza relativa, rinunciamo a formulare la nostra proposta ma offriamo diversi modelli alle forze politiche che siedono insieme a noi in Parlamento, convinti come siamo che ciascuna di queste tre proposte rispecchi il mandato assegnatoci dagli elettori delle primarie. Pur essendo il primo partito non imponiamo le nostre idee, ma siamo pronti a chiudere su un modello tra quelli qui sommariamente esposti. I. Riforma sul modello della legge elettorale spagnola. Divisione del territorio in 118 piccole circoscrizioni con attribuzione alla lista vincente di un premio di maggioranza del 15% (92 seggi). Ciascuna circoscrizione elegge un minimo di quattro e un massimo di cinque deputati. Soglia di sbarramento al 5% II. Riforma sul modello della legge Mattarella rivisitata. 475 collegi uninominali e assegnazione del 25% dei collegi restanti attraverso l’attribuzione di un premio di maggioranza del 15% e di un diritto di tribuna pari al 10% del totale dei collegi III. Riforma sul modello del doppio turno di coalizione dei sindaci. Chi vince prende il 60% dei seggi e i restanti sono divisi proporzionalmente tra i perdenti. Possibile sia un sistema con liste corte bloccate, con preferenze, o con collegi. Soglia di sbarramento al 5% Il PD è pronto a recepire suggerimenti, stimoli, critiche su ciascuna di queste tre proposte. Ma chiediamo certezza dei tempi e trasparenza nel percorso: la politica non può più fare passi falsi. Nella prossima settimana sarà nostra cura chiedere
appuntamenti bilaterali a chi di voi sarà disponibile a incontrarsi. L’obiettivo sarà capire in modo semplice e trasparente se esiste la possibilità di chiudere rapidamente un accordo istituzionale. Non servono molti giri di parole: volendo, in qualche ora si chiude tutto. Volendo, però. E il PD dimostra di volerlo nel momento in cui non si attesta su una sola posizione secca, prendere o lasciare, che sarebbe irrispettosa delle altre forze politiche, ma apre a più possibilità chiedendo solo di non perdere neanche un minuto. Vi auguro un 2014 migliore del 2013. Per voi, per le vostre famiglie, certo. Ma anche per il nostro Paese. Nel rispetto dei diversi ruoli, abbiamo una straordinaria responsabilità: un accordo alla luce del sole, il più rapido e vasto possibile, sulla legge elettorale sarebbe un segnale semplice ma chiaro che iniziamo l’anno nel migliore dei modi. Perché prima dei destini personali e dei rispettivi partiti, viene l’Italia e vengono gli Italiani. Il PD è pronto ad accettare la sfida. Un saluto cordiale Matteo Renzi
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Renzi: “Caro Beppe, insieme faremmo grandi cose”
Intervista a Matteo Renzi di Stefano Feltri – Il Fatto Quotidiano
Matteo Renzi ci prova sul serio: un`alleanza con il Movimento Cinque Stelle, non per il governo, ma per singoli provvedimenti, cominciando da una drastica riforma del Senato, “si può risparmiare un miliardo di euro, se i senatori Cinque Stelle sono d`accordo lo facciamo domani”. Notte di Capodanno in piazza Stazione a Firenze, sul palco con Max Pezzali, ex 883, poi giornata in famiglia, qualche partita alla Play Station e un po` di corsa. Il 2014 politico di Renzi comincia con una proposta a Grillo e una rottura con il governo di Enrico Letta, pensando alle elezioni europee di fine maggio: “Se all`Europa proponi riforme istituzionali e un Jobs Act che attiri investimenti stranieri, è evidente che il vincolo del deficit al 3 per cento del Pil si può sfondare”.
Segretario Renzi, nel suo messaggio di fine anno Napolitano ha detto che rimarrà “fino a quando la situazione del Paese e delle istituzioni me lo faranno ritenere necessario”. Pensa che sia il suo ultimo discorso?
«Non credo. Ma deciderà lui, non altri».
Il Capo dello Stato ha accennato alle polemiche sul suo ruolo e l`eccessivo potere dimostrato.
«Difendo il presidente. Quello di San Silvestro è stato un messaggio che invita al coraggio delle riforme e a occuparsi di lavoro e lo condivido: la classe politica dovrebbe pensare a queste cose invece che perdersi in troppe chiacchiere».
Nel suo contro-discorso Beppe Grillo ha detto che è merito dei Cinque Stelle se Berlusconi non è più senatore, grazie al voto palese, se non è passata la riforma dell`articolo 138 della Costituzione e se sono scesi i costi della politica. É così?
«Mi piacerebbe dirle che è vero, ma non è così. Il Movimento Cinque Stelle da solo non fa nulla. Il voto palese è stata decisione del Pd e determinante è risultato il voto della senatrice Linda Lanzillotta che non mi pare grillina. La riforma del 138 è saltata quando ha cambiato idea Berlusconi, dopo che è uscito dal governo, lo sanno tutti. E sui costi della politica, Grillo ha rinunciato alla propria quota di finanziamento, per circa 40 milioni di euro, ma sul voto che, bloccando le Province, porta a un risparmio come minimo dieci volte più grande, non solo i Cinque Stelle sono stati contrari ma addirittura hanno fatto ostruzionismo agli ordini del compagno Brunetta. Com`è possibile che i ragazzi del Cinque stelle escano dall`Aula quando si vota l`abolizione delle Province? Se Grillo elencando i propri meriti deve dire queste falsità, significa che dentro il Movimento c`è un problema e che ci stiamo perdendo anche lui…».
Quindi i Cinque Stelle si prendono meriti non loro?
«Grillo da solo non può far niente, perché mancano i numeri. Non è colpa sua, è la politica. Alcune battaglie – anche sacrosante – del M5S possono essere portate a termine solo se i cittadini pentastellati fanno accordi. Limitati, circoscritti, in streaming, dal notaio, in piazza, al bar, come vogliono: ma accordi. Da soli si fa testimonianza, ma non si cambia l`Italia. Senza accordi non solo non combina nulla, ma per giustificare i tre milioni di euro al mese che costano i suoi parlamentari, Grillo è costretto a inseguire le scelte di Brunetta o della Lanzillotta. Per i parlamentari Cinque Stelle il 2014 sarà l`anno chiave, quello in cui devono decidere se cambiare forma mentis: ci sono quelli che credono alle scie chimiche e ai microchip nel cervello, e questi fanno ridere, ma sta anche nascendo un gruppo dirigente molto interessante. Se però si limitano a protestare, il massimo che possono fare è rinunciare al finanziamento pubblico per 42 milioni. Un atto di grande efficacia mediatica, ma per l`appunto soltanto 42 milioni…».
Il Pd è pronto a lavorare con il Movimento Cinque Stelle in modo aperto?
«Si sono visti due modi di concepire i Cinque Stelle finora. La vecchia guarda dei nostri li ha trattati come dei parvenu della politica, quasi incapaci di intendere e di volere. Io non la penso così e condivido ciò che ha scritto Marco Travaglio: molti di loro stanno imparando il mestiere. Su alcuni temi hanno fatto cose giuste, sul Milleproroghe, sugli affitti d`oro della Camera. Ma le loro posizioni sono passate solo perché qualcuno del Pd ha deciso che bisognava andare in quella direzione, in altri casi l`iniziativa è stata nostra, come per bloccare l`emendamento sulle slot machine. Vede che degli accordi seri, trasparenti, alla luce del sole, non si può fare a meno?».
Perché, per dare un segnale a Grillo, non rinuncia spontaneamente ai 45 milioni di euro di finanziamento pubblico che spettano al Pd? Senza proporre uno scambio.
«Grillo dice che questi rimborsi sono illegali. Io dico che sono politicamente un errore. Non escludo che lo faremo. Ma come si fa a definire ricatto quella che è una proposta precisa per ridurre i costi della politica?».
E cosa sta aspettando?
«Dal punto di vista tecnico la due diligence dei conti del partito. Dal punto di vista politico che sia chiaro l`iter della proposta del governo. E posso anticiparle che non ci fermeremo qui. Vogliamo occuparci anche dei contributi ai gruppi parlamentari».
Province a parte, su cosa potete lavorare insieme, Pd e M55?
«La madre di tutte le battaglie è la trasformazione del Senato in Camera delle autonomie locali. Basterebbe un sì dei senatori Cinque Stelle e cambieremmo la storia italiana. Ma loro nicchiano, chissà perché…».
Il Senato riformato avrebbe membri eletti, e quindi cambierebbe poco rispetto a oggi, o solo rappresentanti degli enti locali come membri di diritto?
«Una parte del Pd e tutto Ncd dicono: non possiamo abolire il Senato, facciamo una elezione di secondo grado. Io la penso diversamente: se sei presidente di una Regione o sindaco, sei automaticamente senatore, senza indennità aggiuntive. E in Senato puoi esprimere il tuo parere solo sulle materie, quelle che riguardano gli enti locali. Finisce il bicameralismo perfetto e macchina burocratica drasticamente semplificata. Non capisco come Grillo possa dire di no: chiedere l`abolizione tout court del Senato è il modo migliore per non ottenere nulla».
Il problema è solo che manca il via libera del capo? I parlamentari M55 sono propensi a collaborare?
«Nessuno gliel`aveva chiesto con questa chiarezza, finora. Vedremo. Anche io ho resistenze interne e incontrerò i nostri senatori il 14 gennaio. Ho però un punto di forza: le primarie non le ho fatte sulle mie cravatte, sul ciuffo di Civati o sullo sguardo di Cuperlo, ma sulla base di linee politiche, e io ho espresso con grande chiarezza questa posizione. Quindi la posizione delle primarie è la posizione di tutto il Pd. Però il Pd da solo, paradossalmente, non ce la fa. Noi facciamo lo stesso appello a tutte le forze politiche, ma quello che mi colpisce di Grillo è che questa palla lui ce l`ha pronta. Come fa a rinunciare?».
E se Grillo rifiuta?
«Dovrei pensare che non riesce a convincere i suoi senatori a firmare una legge che serve a cancellare le loro 60 poltrone».
Nel suo video-messaggio Grillo ha evocato un referendum e la possibile uscita dell`Italia dall`Euro. Ci sono margini di dialogo anche su questo?
«No, in modo categorico. Uscire oggi dall`euro avrebbe ripercussioni decisamente negative sulla vita degli italiani, schizzerebbero i tassi di interesse, sarebbe più difficile lavorare per le imprese, si indebolirebbe ancora la capacità d`acquisto delle famiglie. Sono pronto a una discussione, ma nel merito sono in disaccordo. L`eccesso di tecnocrazia nella gestione dell`euro si risolve non eliminando l`euro, ma riportando la politica a fare il suo mestiere».
Il governo Letta continua a difendere il rigore e il rispetto del vincolo del 3 per cento al rapporto tra deficit e Pil. Lei ha criticato più volte quel parametro. In attesa di riformare i trattati, lei sarebbe disposto a violarlo?
«Se all`Europa proponi un deciso cambio delle regole del gioco, a partire dalle riforme Costituzionali, con un risparmio sui costi della politica da un miliardo di euro che non è solo simbolico, un Jobs Act capace di creare interesse negli investitori internazionali, fai vedere che riparti da scuola, cultura e sociale, allora in Europa ti applaudono anche se sfori il 3 per cento. L`Europa ha bisogno di un`Italia viva».
Quindi possiamo sforare?
«È evidente che si può sforare: si tratta di un vincolo anacronistico che risale a 20 anni fa. Non è l`Europa che ci ha cacciato in questa crisi, ma la mancanza di visione. Lo ha detto bene il Censis: l`emergenza continua è diventata la polizza assicurativa di una classe politica che solo grazie alla crisi, vera o presunta, giustifica il proprio potere. Se c`è una leadership con una visione, non vedo problemi a superare il tetto del deficit, anche se poi va fatta una battaglia per cambiare le regole. Non solo sui conti pubblici».
Pensa alla web tax, per far pagare più imposte alle grandi società che vendono servizi su Internet?
Anche. Tutti devono pagare le tasse, ma le modalità con cui questa battaglia è stata impostata da qualche nostro parlamentare sono un errore. Per come era scritta, la legge non apriva un dibattito, ma una procedura di infrazione europea. E chi lo paga poi il conto?».
Hanno detto che lei ha preso questa linea sotto l`influenza di Google e delle lobby americane.
«Spero che chi lo ha fatto, dopo aver parlato, abbia posato il fiasco».
A proposito di grandi aziende, lei ha denunciato spesso la privatizzazione di Telecom degli anni Novanta, ma non si è mai espresso sull`attuale passaggio di controllo dai soci italiani agli spagnoli di Telefònica.
«Su Telecom e Monte dei Paschi il segretario del Pd sconta il peso di una eredità: in passato su queste vicende chi aveva responsabilità nella sinistra non si è comportato in modo politicamente inappuntabile, per usare un eufemismo. Su Monte Paschi, se fossi stato sindaco di Siena, e quindi di fatto azionista della banca, avrei detto la mia. Il mio silenzio da segretario del Pd non è di chi non ha niente da dire, ma di chi anzi ne avrebbe troppo. Ma tace, per rispetto delle istituzioni preposte a risolvere il problema».
Il governo cosa può o deve fare su Telecom e Monte Paschi?
«Prescindendo dai tecnicismi, un governo ha un potere enorme di moral suasion, che non è banale, indipendentemente dagli appigli legislativi. Nella vicenda Telecom il governo dovrebbe usarlo per chiarire che lo scorporo della rete è una priorità, o che comunque bisogna avere l`assoluta garanzia di investimenti sull`infrastruttura, attraverso i meccanismi più vari. Su questo settore abbiamo perso troppo tempo. E su Mps il governo dovrebbe usare la moral suasion per evitare che i soldi prestati dai contribuenti italiani vengano messi a rischio».
Lei è più d`accordo con il senatore Pd Mucchetti che voleva cambiare la legge sull`Opa per costringere gli spagnoli a pagare qualche miliardo per Telecom o sta con Letta che quella norma l`ha affossata?
«Che la legge sull`Opa vada cambiata è un dato di fatto. Che cambiarla adesso dia l`impressione di un intervento a gamba tesa, prendendo le posizioni di un giocatore contro un altro è altrettanto vero. Non si cambiano le regole in corsa. Ma il governo su Telecom può giocare un ruolo molto più deciso, nel rispetto delle regole, del mercato, degli azionisti. Presenti e futuri».
Nel duro scontro tra il presidente di Mps Profumo e quello della Fondazione, Mansi, lei con chi sta?
«E secondo lei mi schiero in un derby tra banchieri? A me interessa che il denaro dei cittadini italiani sia speso bene e il quadro delle regole, ma non entro nelle vicende gestionali. Posso chiedere di cambiare la legge sulle fondazioni bancarie, ma non sostituirmi a chi ha responsabilità gestionali».
Nel 2014 si apre una stagione di importanti nomine pubbliche in società controllate dal Tesoro, su tutte l`Eni. Se ne occuperà?
«Il Pd non è interessato alla discussione sui nomi. Ma alle strategie aziendali sì. E su questo abbiamo molto da dire, vedrà».
Su cosa si fonda la sua intesa con Maurizio Landini, la Fiom sembra più renziana della Cgil…
«Non è renziano neanche il Pd, figuriamoci la Fiom. Certo, su alcune cose potrebbe esserci condivisione: dalla legge sulla rappresentanza alla presenza di persone elette dai lavoratori nei consigli d`amministrazione. E poi condividiamo un concetto semplice: chi ci ha portati fino a qui, con polemiche ideologiche e scarsi risultati, non è adatto a portarci fuori da qui».
Lei non parla più di pensioni. Si possono chiedere sacrifici a chi beneficia del sistema retributivo?
«Si possono chiedere contributi – non parlerei di sacrifici – a chi usufruisce di una pensione d`oro senza aver versato tutto il corrispettivo. Non perché ciò cambierà il bilancio italiano, ma perché è giusto. Si può, si deve. È un principio di equità sociale, non una punizione divina: se prendi 10 mila euro al mese di pensione e sei andato in pensione a 55 anni con il retributivo, puoi darci una mano così che il tuo contributo lo mettiamo a disposizione di chi non cela fa più? Ma solo per le pensioni d`oro, non per tutte le pensioni retributive».
Tra pochi giorni presenterà il Jobs Act. Ci sarà il contratto unico di inserimento?
«Ci saranno molte cose. Il Jobs Act non è un trattato giuslavoristico, come pensa chi lo ha criticato senza aspettare di leggerlo, ma un documento con alcune cose concrete da fare subito e altre più di prospettiva. Nei prossimi giorni iniziativa sulle riforme, poi presentiamo il Jobs Act. Non c`è molto da aspettare».
Il Fatto Quotidiano 02.01.14