“Eppure la cultura ci può salvare”, di Gianni Riotta
L’Italia che emerge dai dati europei sui consumi culturali è come un’immagine composta al computer da milioni di pixel, mosaico che, spostando il fuoco, si sgrana e assume diverse fisionomie. Paese impoverito, potremmo dire a prima vista, che taglia su spettacoli e libri perché disoccupazione, cassa integrazione, precariato limano i redditi familiari. È di ieri la notizia che ha visto ridotti quasi della metà gli italiani in lizza per la Maratona di New York: crisi del podismo o risparmi? Un Paese intimidito, che non studia musica perché preoccupato di quel che la crisi ci butta addosso, magari deciso a investire i risparmi in un corso che si ritiene più utile, «Informatica», «Inglese Commerciale», «Tecniche del Marketing» anziché violino, pianoforte, composizione. Un Paese affaticato, perché niente logora come la vita del disoccupato e del precario. Da mattina a sera cercando un posto, un impiego, calcolando se i tre mesi di contratto a rischio rinnovo valgano la pena, o se sia meglio restare free lance e non perdere clienti. Incerti se cercarsi una raccomandazione detestata, tornare a …