Dopo ben più illustri colleghi, ieri è toccato persino a me. II sito di Grillo mi ha inquadrato come giornalista del giorno, scatenandomi addosso i consueti cinque minuti d’odio. Vaffa qui, vaffa là, servo su, verme giù. Sono rimasto sconvolto. Non dagli insulti, ma dagli attestati di solidarietà. Un collega francese mi ha scritto: «E’ come ricevere la Légion d’honneur. Ti invidio!». Ma cosa ho mai fatto per meritarmi questa medaglia? Poco, purtroppo. Nel raccontare a «Che tempo che fa» lo svarione del Pd sul folle emendamento che puniva gli enti locali ostili al gioco d’azzardo, ho ricordato la parata di Renzi per sventare l’autogol. Secondo Grillo avrei invece dovuto sottolineare che l’emendamento era stato osteggiato dai Cinquestelle. Verissimo. Però è Renzi, non Grillo, che ha costretto il Pd a cambiare idea. Ed era quello il tema del mio intervento, tutt’altro che elogiativo nei confronti dei democratici.
L’Italia naviga intorno al cinquantasettesimo posto nella classifica della libertà di stampa, ma se i politici continueranno a mettere i giornalisti alla gogna rischiamo di farla scendere ancora più in basso, meritandoci così una severa reprimenda da parte dello stesso Grillo. Sempre a «Che tempo che fa» ho parlato delle famiglie italiane intrappolate in Congo con i bambini appena adottati. Avrei preferito che Grillo si occupasse di loro e non di me. Se gli riuscisse di riportarli in Italia, garantisco che canterò in diretta l’inno dei Cinquestelle, ai quali estendo con piacere i miei auguri per un Natale senza più vaffa.
La Stampa 24.12.13