Lo chiamano ddl Delrio ed è lo strumento scelto dal governo per abolire le Province. Approvato sabato dalla Camera, adesso si punta a farlo approvare al Senato entro la fine di gennaio. Non è una legge costituzionale, quella è di una riga appena e avrà un iter ben più lungo, ma è un disegno di legge ordinario pensato come prodromo per l’abolizione, necessario per «svuotare» le Province che prende il nome dal ministro degli Affari Regionali, Graziano Delrio, che di questo provvedimento se ne sta prendendo cura.
Fuori la politica
Il primo passo per l’abolizione delle Province è quello di abolire le giunte, i presidenti, i consiglieri. Le Province, secondo il ddl Delrio, dovranno essere gestite direttamente dai sindaci, riuniti in assemblee, e si occuperanno soltanto di funzioni di cosidetta area vasta, come la gestione delle strade, la pianificazione delle scuole. Abolire tutta la gestione politica delle Province dovrebbe portare ad un notevole risparmio complessivo.
Enti snelli
Svuotate dalla politica, le Province in questa fase di transizione diventeranno enti di secondo grado e manterranno soltanto le funzioni di cosiddetta area vasta, come la pianificazione del territorio, dell’ambiente, della rete scolastica del territorio. L’unica funzione di gestione diretta riguarderà la pianificazione, costruzione e manutenzione delle strade provinciali. Con la redistribuzione di funzione e personale tra Regioni e Comuni viene redistribuito sia il patrimonio sia il personale, circa 56 mila persone.
Città metropolitane
Sono enti di nuova istituzione e avranno poteri rilevanti, visto che manterranno le funzioni delle Province. Queste città metropolitane non dovranno sparire dopo la fase di transizione. Il ddl Delrio prevede l’istituzione di nove città metropolitane, alle quali si deve aggiungere Roma capitale con una disciplina speciale. Le nove città sono: Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze Bari, Napoli e Reggio Calabria che però rimane in sospeso visto che la città è oggi commissariata per motivi di criminalità organizzata. Già previste da una legge del 1990, alle città metropolitane vengono trasferiti patrimonio, risorse e personale della Provincia. Il sindaco della città metropolitana coincide con il sindaco della città capoluogo e avrà un consiglio di consiglieri comunali del territorio e un’assemblea dei sindaci.
I tempi
Sabato scorso il decreto ha avuto il primo sì dalla Camera, adesso lo aspetta lo scoglio del Senato dove la maggioranza è meno netta. Ma il ministro degli Affari Regionali Graziano Delrio sembra ottimista: «Fino ad ora abbiamo rispettato abbastanza la tabella di marcia. Ma la cosa importante adesso è una rapida approvazione in Senato così da evitare le elezioni amministrative del 2014. Come obiettivo ci diamo la fine di gennaio». In realtà per evitare le elezioni provinciali di primavera è già stata inserita una norma nella legge di stabilità: sono 52 Province che dovrebbero andare al voto, più altre 20 che sono state commissariate nel 2012. Approvato il disegno di legge, sarà poi la volta dell’approvazione della legge costituzionale, quella che già esiste ed è costituita da una sola riga. Dice, semplicemente: vengono abolite le Province. Le previsioni del ministro Delrio è che questa legge costituzionale possa essere approvata in un anno, cioè nel 2015.
I risparmi
Il ministro Delrio ha fatto due conti: « Per quanto riguarda le Province c’è un dato reale, concreto e immediato sia di riorganizzazione sia di risparmio: non c’è più il personale politico eletto appositamente, presidenti e consigli oltre alle giunte, perché di città metropolitane, unione di Comuni e di quello che resta delle Province fino all’abolizione si occuperanno a titolo gratuito i sindaci e i consiglieri già eletti nei loro Comuni. Questo comporta un risparmio subito superiore ai 100 milioni. L’Istituto Bruno Leoni dice 160. Ma il maggiore risparmio e il maggiore vantaggio si avranno dal riordino delle funzioni e dall’efficientamento delle funzioni di amministrazione e controllo: stimiamo un risparmio intorno a un miliardo l’anno. Le cifre sono variabili, secondo gli studi, ma l’ordine di grandezza è questo».
Il COrriere della Sera 23.12.13