È la casa dei Bronzi di Riace, ma non solo. Quello che si apre oggi a Reggio Calabria è un Museo archeologico restaurato e in gran parte nuovo. Il suo allestimento è ancora provvisorio: adesso si limita ad alloggiare i due guerrieri, forse eroi mitologici, di cui poco si sa, salvo che sono capolavoro di autori diversi e che risalgono al V secolo avanti Cristo. Ma quando fra sei mesi verrà completata, la sistemazione del Museo documenterà con tanti materiali inediti sia la stagione della Magna Grecia sia altre vicende della storia antica di quella regione. E diventerà un prezioso polo d’attrazione culturale, provando a rovesciare una storia spesso portata ad esempio di trascuratezza verso i beni culturali.
Giunge così a conclusione, con una forte accelerazione finale, e dopo ripetuti stop and go, uno dei cantieri più impegnativi che investono tutela e valorizzazione del patrimonio artistico italiano. Il vecchio museo di Marcello Piacentini è stato integralmente e filologicamente restaurato dallo studio romano Abdr (Paolo Desideri e i suoi collaboratori), dotato di norme antisismiche e di moderni impianti di aerazione. Inoltre l’edificio, risalente al 1937, prima opera pubblica in cemento armato, è stato ampliato e potrà così ospitare reperti finora custoditi nei depositi.
Spiega Simonetta Bonomi, soprintendente archeologica della Calabria: «Con l’allestimento definitivo, mostreremo oggetti mai visti e anche oggetti già visibili, ma in maniera del tutto nuova, privilegiando il loro contesto storico e culturale. Inoltre daremo spazio ai fenomeni precedenti la colonizzazione greca, con materiali provenienti da Sibari e da Caulonia. E metteremo l’accento su fasi ancora in via di approfondimento, come l’età del bronzo e l’età del ferro, o quella dei contatti con i Micenei. Una sezione documenterà la presenza degli Enotri, l’antica popolazione presente in Calabria e in altre regioni meridionali nell’XI secolo avanti Cristo. Tutto questo non sarebbe stato possibile senza l’ingrandimento degli spazi espositivi».
Intanto da oggi, con l’inaugurazione cui parteciperà anche il ministro Massimo Bray, il Museo esibisce i suoi pezzi più celebrati. I due Bronzi vennero recuperati nel tratto di Ionio davanti alla spiaggia di Riace nel 1972. Furono esposti al Quirinale nel 1981, suscitando una memorabile ondata di entusiasmo, con file chilometriche che si ripeterono per giorni e giorni. Da allora sono diventati un simbolo, ma la loro immagine è stata anche svilita e deformata ad uso di spot pubblicitari. E tuttora si immagina di trasferirli un po’ dovunque, messaggeri di una malintesa eccellenza italiana. Ora le due statue, restaurate dall’Iscr (Istituto superiore di conservazione e restauro), sono tornate dov’erano, nel museo reggino, ma in sale integralmente nuove. I due guerrieri sono sistemati su piedistalli di marmo separati da un’intercapedine e da quattro sfere, sempre di marmo, che hanno il compito di assorbire le scosse sismiche (l’intervento è stato curato dall’Enea).
Ai due Bronzi fanno da cornice una serie di capolavori forse meno noti, ma di pregio indiscusso e già ospitati nel vecchio museo piacentiniano: le teste di uomini barbuti provenienti dal relitto di una nave affondata al largo di Porticello, a Villa San Giovanni, oppure la testa di Basilea e la testa del Filosofo (entrambe del V secolo a.C.), o, ancora, la testa in marmo di Apollo, il kouros (giovane) di Reggio Calabria. A contrasto con l’antico, nel grande cortile ora coperto da un’avveniristica copertura in tensegrety («un insieme continuo di cavi e puntoni mai realizzato in queste dimensioni in Italia», sottolinea Desideri), le pareti sono impreziosite da un intervento dell’artista calabrese Alfredo Pirri che, sfruttando la luce proveniente dal soffitto, crea una serie di giochi d’ombra.
Il Museo ora avrà un proprio laboratorio di restauro, una biblioteca e, sul tetto, una caffetteria dalla quale l’occhio spazierà interamente sullo Stretto di Messina. Di un nuovo Museo archeologico a Reggio, che fosse all’altezza del grande patrimonio custodito, si parla dal 2006. Originariamente l’allora direttore regionale dei Beni culturali, Francesco Prosperetti, pensò che si potesse costruire un edificio sul lungomare. Ma l’idea venne accantonata e si optò per il restauro del palazzo piacentiniano. Fu sempre Prosperetti ad avviare lo studio preliminare, che venne poi ereditato da Desideri. Il progetto fu approvato da una commissione presieduta da Salvatore Settis e il cantiere venne avviato nel 2010 ad opera di un’impresa di Altamura, la Cobar. Nel giro di un anno e mezzo i lavori erano praticamente conclusi (nel frattempo Prosperetti era tornato a dirigere i Beni culturali in Calabria). Ma mancavano i finanziamenti per l’allestimento interno, sempre curato dallo studio Abdr. Sono stati prima Fabrizio Barca, ministro della Coesione territoriale nel governo Monti, e poi Massimo Bray, a imprimere una svolta. Che ora giunge al suo approdo.
Racconta Desideri: «Abbiamo curato con attenzione la pulizia dell’aria: di fatto i pochi visitatori che a turno entreranno nella sala dei Bronzi saranno puliti da tutte le contaminazioni chimiche e batteriche. Una specie di lavaggio. La parte impiantistica è stata realizzata rispettando la struttura di Piacentini. Abbiamo studiato a fondo i suoi disegni e abbiamo trovato anche le sue lettere a Mussolini nelle quali si lamentava che il ferro previsto per le finestre era stato dirottato per farne cannoni».
La Repubblica 21.12.13