Una vera e propria rivoluzione che cancella dalle norme italiane la distinzione fra figli legittimi e naturali. Con l’approvazione di ieri del Consiglio dei Ministri del decreto legislativo di revisione delle disposizioni in materia di filiazioni, come ha spiegato il premier Enrico Letta viene «tolto dal codice civile qualunque aggettivazione alla parola figli: da adesso in poi saranno tutti figli e basta». In altri termini da ora in poi nella nostra legislazione non ci sarà più nessuna discriminazione fra i figli nati dentro e fuori il matrimonio. I piccoli delle coppie civilmente sposate avranno, quindi, gli stessi diritti delle coppie di fatto. Anche quelli adottati.
Il testo del decreto legislativo, predisposto nell’ambito della Commissione istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, guidata dal professore Cesare Massimo Bianca, prevede il principio dell’unicità dello stato di figlio e la conseguente eliminazione di ogni forma di discriminazioni fra i differenti status e il provvedimento garantisce la completa uguaglianza giuridica in materia civilistica e penale, rispettando così l’articolo 30 della Costituzione. Il tutto al fine di garantire «la completa eguaglianza giuridica degli stessi» ha precisato Letta. Questo significa che anche i codici di procedura civile e penale, la legge consolare, dovranno essere aggiornati alla luce della decisione di ieri. Un decreto che interessa moltissime persone, se si pensa che oggi in Italia un bambino su quattro è nato fuori dal matrimonio. Sono centomila i figli naturali nel nostro paese, il 20% del totale. In questo modo Palazzo Chigi cancella un’anacronistica differenza e si mette in linea con i principali Paesi europei.
Già nel novembre del 2012 la Camera aveva approvato il disegno di legge che parificava i figli legittimi e naturali. Nell’articolo 74 veniva specificato che «la parentela è il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite, sia nel caso in cui la filiazione è avvenuta all’interno del matrimonio, sia nel caso in cui è avvenuta al di fuori di esso, sia nel caso in cui il figlio è adottivo». Ma quali sono gli effetti concreti del decreto legislativo del Cdm di ieri? Il più importante è il principio per cui la «filiazione fuori dal matrimonio produce effetti successori nei confronti di tutti i parenti, allo stesso modo in cui li produce la filiazione nel matrimonio». Eliminando così quelle norme che fanno riferimento ai figli «legittimi» e ai figli «naturali», sostituendoli con quello di «figlio».
Superata anche la nozione di «potestà genitoriale» sostituita dalla «responsabilità genitoriale». Non è una differenza di poco conto: cambia sostanzialmente tutto perché ad essere privilegiato è «il superiore interesse dei figli minori». In questo concetto rientra anche la cancellazione di qualsiasi discriminazione dei figli adottivi.
Quando ad essere adottato è un minorenne acquisisce lo stato di figlio «nato nel matrimonio». Se ad essere adottato è un maggiorenne non è previsto alcun vincolo di parentela con i parenti degli adottanti.
Questa parificazione ha conseguenze anche ai fini ereditari.
Molto importante è la parte del decreto che regolamenta le successioni: viene previsto un termine di prescrizione di dieci anni per l’accettazione dell’eredità per i figli nati fuori dal matrimonio e cancella il «diritto di commutazione» in capo ai figli legittimi fino ad oggi previsto per l’eredità dei figli naturali. In precedenza in base alla «commutazione» i figli legittimi potevano soddisfare in denaro o in beni immobili ereditari la porzione spettante ai figli naturali. Ora non sarà più così: quando c’è di mezzo un’eredità tutti i figli, naturali o legittimi, avranno gli stessi diritti. E in questo modo viene soppressa la principale discriminazione (ex articolo 537, comma 2 del codice civile) ai danni dei nati fuori dal matrimonio.
Lo stesso decreto affronta anche il grave problema dell’abbandono dei minorenni da parte dei genitori. Quando si verifica i Tribunali dei minorenni segnalano ai comuni le condizioni di indigenza delle famiglie. È previsto anche l’ascolto dei minori, se capaci di discernimento, quando ci sono dei procedimenti che li riguardano e recependo la giurisprudenza della Consulta e della Cassazione il termine per proporre l’azione di disconoscimento della paternità è limitato a cinque anni dalla nascita.
Introdotto anche il diritto degli ascendenti di mantenere «rapporti significativi» con i nipoti minorenni. Ed è prevista una tutela per i nonni con la «legittimazione degli ascendenti» a far valere «il diritto di mantenere rapporti significativi con i minori» valutando le istanze «alla luce del superiore interesse dei minori».
L’Unità 14.12.13