«Per la sua lotta contro ogni forma di sfruttamento, per essere stato ogni giorno della sua vita dalla parte dei più deboli, degli esclusi, Nelson Mandela è stato un punto di riferimento, una inesauribile fonte di speranza e di coraggio per i popoli oppressi dell’America latina». Ad affermarlo è Rigoberta Menchù Tum, 54 anni, pacifista guatemalteca, premio Nobel per la Pace 1992, assegnatole «in riconoscimento dei suoi sforzi per la giustizia sociale e la riconciliazione». Giustizia e riconciliazione: valori che, rimarca la Nobel, «hanno accompagnato “Madiba” per tutta la sua lunga, straordinaria vita».
I grandi della Terra hanno dato ieri l’ultimo saluto a Nelson Mandela. Cosa ha rappresentato Mandela per le lotte di liberazione dei popoli latinoamericani?
«Ha rappresentato uno straordinario punto di riferimento, un moltiplicatore di coraggio e di speranza. Nelson Mandela è stato un leader che ha saputo dare voce ai tanti a cui veniva impedito. “Madiba” non ha lottato solo contro l’odiosa discriminazione razziale, ma si è sempre speso, con intelligenza, determinazione e generosità, contro tutte le forme di apartheid che segnano quella gran parte del mondo in cui la giustizia non è di casa. I popoli dell’America latina hanno conosciuto sulla loro pelle le varie forme di apartheid…».
A cosa si riferisce in particolare?
«Alle popolazioni indigene espropriate dei loro territori da regimi corrotti e dispotici al servizio delle grandi multinazionali; lo sfruttamento brutale del lavoro minorile… Mandela ha lottato contro queste pratiche di sfruttamento, contro questo saccheggio di ricchezze e di libertà, tanto quanto si è battuto contro il razzismo, comunque mascherato. Per i po- poli latinoamericani, Mandela ha rap- presentato un eroe vero, un simbolo che è entrato nell’immaginario collettivo di milioni e milioni di persone, come in pochi sono riusciti a fare. Per molti di noi è stato un modello, un punto di riferimento prezioso perché ci ha mostrato come lottare contro il razzismo e il neocolonialismo. “Madiba” ci ha dimostrato che vi sono degli uomini che non hanno un momento della propria vita, anche se sono incarcerati per 27 anni, anche se sono perseguitati per le loro idee».
Cosa ha provato all’annuncio che «Madiba» era morto?
«Grande tristezza, certamente, ma una tristezza in parte mitigata dal pensiero che nessuno ha potuto sconfiggerlo in vita. Nelson Mandela vivrà per sempre per le sue lotte».
Qual è stato, a sua avviso, il tratto distintivo della leadership di Nelson Mandela? «La sua leadership è stata improntata alla pazienza e alla tolleranza. Mandel non ha mai fatto la vittima ma è sempre stato un protagonista: si è sempre impegnato per favorire la riconciliazione, il dialogo, e per raggiungere la pace. Una pace non di facciata ma densa di contenuti sociali. E per questo, una pace vera. Mandela è stato un leader inclusivo, che ha fatto della riconciliazione un faro della sua azione politica. Ed è riuscito a farlo perché forte delle idee, dei principi che lo hanno ispirato».
Barack Obama ha ricordato Nelson Mandela come «l’ultimo grande liberatore del XX secolo».
«Mandela è stato questo ma anche di più. Perché non ha liberato solo il suo popolo da uno dei più odiosi regimi, quello dell’apartheid. Mandela ha indicato ad altri popoli le vie della liberazione da praticare. In questo, è stato il più grande leader globale che il mondo ha conosciuto e amato. E lo ha fatto con la forza delle idee che ha praticato e non certo con le armate che non ha mai posseduto. Mandela è stato un combattente per le libertà, ma un combattente che non ha mai preteso di imporre un suo modello ideologico, una sua visione politica. Sta anche in questa la sua inarrivabile grandezza. E per questo la sua lotta resterà impressa nella nostra memoria collettiva. Mandela è stato un sognatore che ha saputo realizzare il sogno della sua vita: liberare la sua gente dalle catene dell’apartheid».
Anche lei è una «sognatrice»…
«Il “sogno” che i popoli indigeni non debbano essere più considerati manodopera a basso costo, oggetti di studio, nativi da catechizzare, soldati costretti ad assassinare la propria gente, cittadini di seconda classe. Non sono padrona della mia vita, e ho deciso di offrirla per una causa. Mi possono ammazzare in qualsiasi momento, purché sia a causa di qualcosa per cui so che il mio sangue non sarà inutile, ma sarà anzi di esempio per gli altri. La mia causa ha le radici nella miseria in cui vive il mio popolo. Nelson Mandela mi è stato buon insegnante».
L’Unità 11.12.13