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“Schiaffo dalla Consulta ma lo Stato deve sopravvivere e il Parlamento è legittimo”, di Liana Milella

La sentenza della Corte? «Ci riporta alla Prima Repubblica». Il Parlamento attuale? «È delegittimato, ma non annullato». I 148 deputati ancora non convalidati? «Possono sperare». Grillo? «A lui si è data materia, ma non ha ragione ». C’è stato uno schiaffo della Consulta al Parlamento? «Sì, ma forse finirà tutto lì».

Il professor Gustavo Zagrebelsky con Repubblica riflette sulla sentenza della Corte sul Porcellum e sulle sue conseguenze.
Grande caos. Grillo impazza. Vuole fuori dalla Camera i 148 “abusivi”. In realtà, vuol far fuori tutti. La sentenza della Corte cancella la storia d’Italia a partire dal 2005, quando è stato votato il Porcellum?
«Un’osservazione sul “grande caos”. Ci si è cacciati in un vicolo cieco, del quale è difficile vedere l’uscita. Possiamo prevedere che ci sguazzeranno a lungo politici, politicanti, giuristi, azzeccagarbugli. Cerco di non far la fine di questi ultimi. Siamo forse alla fine di un ciclo. Se una lezione siamo ancora in tempo a trarre per l’avvenire è che ogni piccolo cedimento quotidiano, alla fine produce una valanga che ci travolge tutti».
A proposito di Grillo, che impressione le fa l’attacco alla collega dell’Unità Maria Novella Oppo?
«Le liste di proscrizione ci riportano a un periodo buio. Una cosa è la polemica sulle idee, che può essere accanitissima, un’altra l’attacco alle persone. Le idee si discutono e si contestano, le persone si rispettano».
Torniamo ai travolgimenti, la sentenza travolge o no 7 anni di storia costituzionale?
«No. Per il principio di continuità dello Stato: lo Stato è un ente necessario. L’imperativo fondamentale è la sua sopravvivenza, che è la condizione per non cadere nell’anomia e nel caos, nella guerra di tutti contro tutti. Perfino nei cambi di regime c’è continuità, ad esempio dal fascismo alla Repubblica, o dallo zarismo al comunismo. Il fatto stesso di essere costretti a ricordare questo estremo principio significa che siamo ormai sull’orlo del baratro».
Dunque, questa sentenza non è retroattiva?
«Se si applicano le regole comuni, e se la Corte non si inventa una qualche diavoleria, la situazione in termini giuridici è la seguente: dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza (non del comunicato, ma delle motivazioni, ndr.) la legge dichiarata incostituzionale non può più essere applicata».
Quindi esiste o non esiste il problema dei 148 eletti col premio di maggioranza? Propaganda politica a parte, vanno convalidati prima, vanno sostituiti, possono stare tranquilli?
«Su questo i giuristi scateneranno la loro fantasia e possiamo aspettarci le tesi più diverse e contraddittorie. Si può ragionare così: l’elezione di febbraio è un fatto concluso, sotto la vigenza di quella legge. Quindi la giunta per le Elezioni non dovrebbe fare altro che trarre le conclusioni di quella elezione. Portando a termine la vicenda elettorale, secondo la legge vigente allora. Oppure si potrebbe dire che la giunta, nel convalidare o non convalidare, non può applicare la legge vecchia e deve tener conto di quella nuova. Questa seconda soluzione porterebbe al caos, anche perché i deputati non convalidati non potrebbero essere sostituiti da altri tra quelli non eletti, perché anche la loro elezione sarebbe illegittima. Ma è proprio qui che dovrebbe valere il principio della continuità dello Stato».
Nel suo comunicato la Corte dice che il Parlamento può fare la legge elettorale che crede. Secondo lei, oltre ogni ragionevole dubbio, sta parlando di “questo” Parlamento?
«Vede bene… a che punto siamo giunti: in nome della salus rei pubblicae ci dobbiamo tenere istituzioni parlamentari che solo un cieco non vedrebbe quanto la attuale vicenda abbia delegittimato dal punto di vista democratico. L’incostituzionalità della legge elettorale del 2005 deriva dalla violazione dei principi che riguardano il diritto di voto. Se anche nulla accadrà giuridicamente, i nostri governanti si rendano conto che molto deve cambiare politicamente. Quello che è accaduto rischia di essere un colpo mortale alla credibilità delle istituzioni».
Ma lei che giudizio dà della sentenza della Consulta?
«È forse la decisione più legislativa che la Corte abbia mai pronunciato. Apparentemente elimina pezzi della legge, in realtà vale come ribaltamento della sua logica perché sostituisce un sistema maggioritario con uno puramente proporzionale. A mia memoria, un’operazione del
genere non era mai stata tentata».
Sarebbe stato meglio azzerare tutto e ripristinare il Mattarellum? La corte avrebbe potuto farlo…
«Avrebbe potuto ammettere il referendum di due anni fa facendo “rivivere” il Mattarellum. A maggior ragione avrebbe potuto farlo in questa occasione. Ma la storia non si fa con i se».
Che succede adesso? Se, per assurdo, si votasse domani, con che legge si voterebbe? E cosa succederebbe dopo l’uscita delle motivazioni?
«Domani, si voterebbe con la vecchia legge. Dopo le motivazioni con una proporzionale».
E come la mettiamo con il voto di preferenza? La Corte dice che il cittadino elettore ne deve esprimere almeno una. Questo non annulla tutti gli eletti attuali che non sono stati frutto di una preferenza e che succederà per quelli futuri?
«Per la prima parte, se vale, vale il principio di continuità. Per il futuro è onere della Corte rispondere nella sua sentenza. La legge che ne risulta deve essere di per sé funzionante e spetta a lei dirci come ».
Lei ha criticato il Porcellum tante volte. Adesso, se dovesse dare un consiglio ai nostri legislatori, cosa gli direbbe? Di lasciarlo com’è dopo la “cura” della Corte, di integrarlo, di buttarlo via tutto?
«È una domanda strettamente politica perché le opzioni possibili sono le più diverse ».
Sì, ovviamente. Ma cosa sarebbe più utile per il nostro Paese?
«Come le opzioni, anche le opinioni sono le più diverse. Si possono lasciare le cose così come staranno dopo la sentenza della Corte. Da giurista, dico che il proporzionale è un sistema altrettanto degno quanto il maggioritario, quindi non è affatto obbligatorio che il Parlamento intervenga per modificare la legge in questa direzione. Se si vuole farlo, lo si può fare. Ogni sistema elettorale, purché non pasticciato, ha la sua dignità, i suoi pregi e i suoi difetti. Ma qui dovrebbero entrare valutazioni di politica istituzionale. Purtroppo non c’è materia come quella elettorale in cui prevalgono gli interessi immediati dei partiti politici. Da questo punto di vista, non vedo per quali ragioni si dovrebbe trovare oggi quell’accordo che per tanto tempo non è stato possibile raggiungere».
La sua previsione?
«Che ci terremo la proporzionale e si continuerà a dire che la si vuol cambiare per guadagnare tempo e lasciare le cose come stanno».

La Repubblica 09.12.13

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«Queste liste di proscrizione inaccettabili in democrazia», intervista di A. C. a Gustavo Zagrebelsky

«Le liste di proscrizione sono inaccettabili in un paese democratico». Gustavo Zagrebelsky, giurista, ex presidente della Consulta, è uno degli intellettuali amati dal popolo a 5 stelle. Arrivò quarto alle Quirinarie della scorsa primavera. Ed è rimasto colpito dalla schedatura dei giornalisti sul blog.
«Chiunque ha diritto di recriminare su ciò che viene scritto dai giornali. Ma per reagire a presunte distorsioni, o anche a diffamazioni, la strada non è certo quella delle liste di proscrizione. Si può sporgere querela, chiedere smentite, o anche attivare delle pratiche di controinformazione. Quello che è stato fatto, invece, fa tornare in mente periodi bui della storia italiana».
La presidente Boldrini ha parlato di un pestaggio digitale.
«Sono d’accordo. E mi auguro che Grillo e il suo movimento riflettano sulla gravità di queste iniziative contro le persone. Bisogna sempre distinguere le persone dalle idee». Perché il M5S è così ossessionato dalla stampa?
«Si sentono bistrattati, ignorati, c’è un complesso di persecuzione che dà luogo a reazioni scomposte. Mi auguro che capiscano che non tutto è lecito dentro la convivenza democratica. La lotta è legittima, purché sia sulle idee».
Ieri è partita anche la schedatura dei 148 parlamentari eletti con il premio di maggioranza. Grillo dice che vanno fermati all’entrata del Parlamento.
«Separerei due aspetti. La legittimità dell’elezione dei parlamentari in questione, in assenza della convalida, è un problema prettamente giuridico che deve essere risolto con gli strumenti adeguati. L’idea di bloccarli all’ingresso delle Aule, invece, configura una inaccettabile violenza privata».
Vede un collegamento tra le due liste di proscrizione?
«La lista dei deputati a mio parere è un atto molto meno grave. Non c’è l’aspetto della caccia all’uomo, o alla donna come in questo caso. E del resto i nomi e i volti dei nostri deputati sono noti, non vedo nella pubblicazione dei nomi degli eletti qualcosa di paragonabile alla foto della vostra giornalista sul blog. Quest’ultimo è un atto decisamente più grave, perchè la vostra giornalista viene messa alla gogna con una “colpa”, mentre i deputati non sono accusati di nulla se non di essere stati eletti con una legge che ora è stata cancellata dalla Consulta. E tuttavia nel complesso queste vicende mi sembrano parte di un degrado complessivo in cui è finito il nostro Paese. Stiamo veramente toccando il punto zero. Questo riguarda tutta la classe dirigente, mi ci metto dentro anch’io».
Ha l’impressione che il M5S stia assumendo connotazioni più marcatamente di destra?
«A me pare ancora un movimento in fieri, che deve darsi una identità più definita. Convivono pulsioni diverse, che creano tensioni interne, come è accaduto sul reato di immigrazione clandestina. È un fenomeno tipico della fase iniziale dei movimenti».
C’è il rischio che si trasformi in un movimento pericoloso per la democrazia. «Temo in particolare che gli altri possano spingere in questa direzione, gettare benzina sul fuoco…».