Togli la slot machine, caffè pagato. Cento caffè pagati. Ti premio perché hai rinunciato alla “macchinetta”, e magari provo a risarcirti del danno economico. I baristi per primi, e i gestori di bar, si sono accorti da tempo dell’effetto tragico della presenza di slot, videolotteries, videopoker nei loro locali. Stretti dalla crisi, spesso però non hanno avuto il coraggio di staccare la spina alla mangiasoldi: tre slot machine garantiscono da sole un incasso di 1.300 euro. Così il volontariato urbano ha deciso di dar loro una mano, avviando un’azione di obbedienza civile.
«Città per città proviamo a portare nuovi clienti a chi sceglie di rinunciare alle slot», racconta Carlo Cefaloni, creatore insieme a Gabriele Mandolesi di un’iniziativa che oggi ha 94 associazioni a sostegno. Sul sito “senzaslot” ci si autosegnala (sono già in 240 ad averlo fatto), poi il gruppo SlotMob (vuol dire: facciamo un mob, un happening, una festa a chi rinuncia al guadagno derivante dal gioco d’azzardo) coordina via Facebook gli eventi da costruire attorno al bar che ha deciso di rinunciare alle macchinette.
Si è partiti dal Freedom Bar di fronte al liceo classico di Biella, il 27 settembre: gruppi solidali a ordinare il caffè al bancone e novecento persone in piazza. Si è arrivati, fin qui, a Massa Carrara. Undici tappe, dodici bar toccati (a Genova sono stati disinfestati due locali in via Cairoli uno davanti all’altro, il Barpagianni e l’Apèritif, 35 e al 47 rosso) e quattordici giorni di “mob”. A Cagliari è accaduto che quando il Bar Valentina di via Pessina ha festeggiato l’evento, il concorrente ha abbassato la saracinesca partecipando alla festa. «Per ora io non posso permetterlo», ha detto al collega, «ma voglio farti sapere che ammiro la tua scelta ».
Il neomovimento, che party dopo party vuole arrivare fino a maggio, con un mob conclusivo nella capitale, ora dice che era necessaria una rivolta dal basso: «In Parlamento le lobby del gioco hanno mostrato tutta la loro forza al tempo di Balducci ministro della Sanità e i ricorsi ai Tar vengono puntualmente vinti dalle società d’azzardo», dice ancora Cefaloni, giornalista a Città Nuova. Servivano i baristi coraggiosi, cresciuti in un clima cambiato: negli ultimi due anni nelle città è cresciuta la conflittualità verso la diffusione sregolata delle macchinette. «I caffè e i cappuccini in più portati dalla nostra iniziativa non riescono a colmare l’ammanco legato alla rinuncia a un profitto certo, ma per quel bar riparte un ciclo virtuoso che migliora il livello della clientela e ripropone una nuova socialità nel locale». Se escono le slot, infatti, è facile rientri un calciobalilla, un tavolo da ping pong. «Lo SlotMob è un modo per premiare le virtù civili e fare opinione: renderemo la scelta di questi esercenti visibile e imitabile attraverso un marchio etico ».
Betty, 34 anni, madre di due figli di dieci e tre anni, neoattivista
di SlotMob da Sassari, racconta: «Mio marito ha toccato il fondo da dipendenza da slot machine. Per tre anni con me ha recitato e ha perso tutto: il lavoro, l’autostima. Ho ottenuto la sua firma dopo dieci mesi di Sert e ora è in comunità. Sta molto meglio, ma io sono una madre disoccupata con il mutuo sulla schiena. Odio le slot più della mia vita e sono disposta a tutto pur di farle eliminare dalla mia Sassari».
La battaglia dal basso è larga. Il Comune di Piove di Sacco, nel Padovano, ha scelto di togliere l’Imu ai bar che non installano slot machine. E a Palermo il sindaco Leoluca Orlando è andato a premiare il titolare del Bar del Kassaro. «Dieci anni fa ho buttato fuori dal locale chi ha tentato di impormi una macchinetta, loro e la macchinetta», racconta il gestore. A San Giuliano provincia di Pisa Gloria Tenconi ha accettato l’assunzione come barista solo a patto che togliessero le slot machine dalla sala. «Le hanno tolte».
La Repubblica 05.12.13