I quindicenni della provincia autonoma di Trento, ragazzi da proteggere, sono tra i migliori studenti al mondo. In scienze, in matematica, nella comprensione di ciò che leggono (in italiano). I test Ocse, basati sulle risposte ai nostri Invalsi, assegna all’énclave studentesca trentina 521, 523 e 533 punti per ordine di disciplina. Trento è tra il quarto e il quinto posto in una classifica planetaria (65 paesi industrialmente avanzati) che vede Giappone, Corea del Sud e Finlandia offrire i più acuti e secchioni alunni in assoluto. La nicchia cinese di Shanghai e Singapore è oltre, fuori classifica. I quindicenni della Calabria nelle stesse tre discipline sono 90 punti lontani da Trento, un filo sopra il Messico, un filo sotto il Kazakistan. Nella matematica 90 punti di differenza significano questo: i quindicenni di Trento frequentano la seconda liceo mentre i quindicenni calabresi sono in terza media. Due anni di didattica e apprendimento di distanza.
Se la media nazionale dei «poveri di conoscenze» è del 25%, al Sud cresce fino al 34%. La percentuale di chi non è mai arrivato tardi a scuola è attorno al 75% a Trento e Bolzano, in Veneto, Emilia e Friuli. In Calabria scende al 54%. A Bolzano i sempre presenti sono ottanta su cento, in Campania il 37,7%. «La diversità di performance in molte aree del Mezzogiorno», ha osservato il ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza, obbliga «a maggiori investimenti per la lotta alla dispersione scolastica nelle zone più a rischio».
Gli autonomi di Trento, che costano alla loro provincia una volta e mezzo quanto costano allo Stato italiano gli studenti non trentini, non sono soli. Viaggiano su medie alte i ragazzi friulani, i veneti, anche i lombardi. Hanno punteggi da Nord Europa, voti olandesi. Il presidente del Veneto Luca Zaia, non proprio un intellettuale, sottolinea: «È la risposta che vogliamo dare a coloro che ritengono si debba andare all’estero per imparare». L’Italia con due motori del sapere, il Nord e il Sud — al centro vanno in folle gli studenti del Lazio — migliora, risale, recupera. Il dossier che analizza i dati dal 2003 al 2012 rivela che, in matematica, siamo cresciuti più di tutti. E nelle tre discipline prese in considerazione abbiamo fatto progressi incisivi al pari di Turchia, Messico e Lussemburgo. Anche il Meridione, tutto il Meridione. In particolare
cresce la Puglia, dove un utilizzo costante e attento dei fondi europei oggi consente agli studenti di Lecce e Brindisi risultati in matematica migliori di quelli nel Lazio e letture più consapevoli che in Liguria, Toscana, nell’Umbria. Sui risultati scolastici, che illustrano con aderenza la società dei giovani italiani, siamo ancora nella parte destra, medio-bassa, della classifica Ocse. Ma stiamo risalendo. In matematica andiamo meglio di Spagna e Israele, nella comprensione meglio di Spagna e Svezia. Se tenessimo conto non dei 15 anni di età (uno studente alla seconda classe superiore), ma dei dieci anni di scuola effettivamente svolti, recupereremmo ancora di più: in tutte e tre le discipline saremmo sopra la media Ocse.
Non c’è una spiegazione ufficiale, e neppure ufficiosa, sul perché stiamo recuperando. Gli ultimi due governi (con Profumo e Carrozza ministri dell’Istruzione) sono troppo recenti per aver inciso su statistiche che arrivano ad analizzare fino al 2012. E le considerazioni dell’analista Ocse Francesca Borgonovi affiancano quelle del coordinatore del progetto Pisa, Andreas Schleicher: «Più importante della quantità dei soldi che si investono è come si investono». Singapore, con novanta punti in media più di noi in matematica, spende la stessa cifra dell’Italia per ogni alunno: 85 mila dollari. Con altri risultati. «Bisogna pagare meglio gli insegnanti», ha aggiunto l’analista.
Il focus dell’Ocse, ecco, toglie un po’ di drammaticità agli ormai famosi otto miliardi sottratti alla scuola — da Tremonti e Gelmini — tra il 2008 e il 2011. Il presidente Invalsi Paolo Sestito commenta: «Quei tagli erano comunque sbagliati perché lineari, non puntati sugli sprechi, e poi dobbiamo sottolineare che i progressi degli studenti italiani sono da situare tra il 2003 e il 2006, probabilmente i tagli Gelmini quei progressi li hanno rallentati. Non cancellati».
La Repubblica 04.12.13
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L’Ocse promuove la scuola italiana “Sotto la media, ma miglioramenti”
L’Ocse «promuove» la scuola italiana. Soprattutto per l’impegno dimostrato in questi anni. Sebbene le competenze degli studenti rimangano ancora al di sotto della media Ocse, il nostro è uno dei paesi che ha registrato «i più notevoli progressi» in matematica e scienze negli ultimi anni.
Dal 2003 al 2012 i risultati ottenuti dagli studenti nei test «Pisa» sono migliorati di 20 punti in matematica e di 18 punti in scienze. Stabili, invece, ai livelli del 2000, le performance in lettura, che pure erano diminuiti a metà decennio. È quanto emerge dall’ultima indagine Ocse-Pisa sulle competenze dei quindicenni.
«Non possiamo trascurare il fatto che l’Italia registri risultati inferiori alla media Ocse – commenta il ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza – tuttavia siamo uno dei paesi che ha registrato i maggiori progressi in matematica e scienze e questo deve essere da stimolo per continuare a lavorare per migliorare le performance dei nostri studenti». E se il Pd chiede che si continui ad investire per colmare i «forti ritardi» che pure permangono nella scuola italiane, i sindacati rivendicano con orgoglio che l’istruzione «è una delle parti migliori del nostro Paese», come afferma la Uil.
AUMENTANO PRESTAZIONI TOP IN MATEMATICA
Dal 2003 al 2012 sono aumentati gli studenti «più brillanti» (2,9% in più): oggi sono il 10% (13% la media Ocse) del totale, una percentuale però ancora lontana da Shanghai (55%) e Svizzera (21%). Nello stesso periodo sono diminuiti del 7% gli studenti con competenze molto basse, pur essendo ancora il 25% del totale, contro una media Ocse del 23%. La Germania si ferma al 17%, la Svizzera al 12% e Shanghai al 4%. Per quanto riguarda le scienze, la quota di studenti a basso rendimento (18,7%) è superiore alla media Ocse, ma si è ridotta del 6,6% tra il 2006 e il 2012. Le performance «top» sono invece il 6,1%: inferiori alla media, ma cresciute dell’1,5% negli ultimi sei anni.
MASCHI PIÙ BRAVI IN MATEMATICA, FEMMINE IN LETTURA
Per quanto riguarda i numeri, il gap di genere in Italia è più ampio rispetto alla media Ocse: i ragazzi superano le ragazze di 18 punti (la media è di 11 punti). «Questa per me è la spia – sottolinea Carrozza – di una questione culturale, di un gap di genere che attraversa ancora in maniera profonda il nostro paese e che va contrastato». Le studentesse però sono più brave nella lettura e superano di 39 punti il risultato dei maschi. Il divario è in linea con la media Ocse, mentre non si rilevano differenze di genere statisticamente significative nelle scienze.
RITARDI E ASSENZE INCIDONO SU RENDIMENTO, ITALIA RECORD
Tra le cause che concorrono a determinare un basso risultato nei test, secondo l’Ocse, oltre, ad esempio, al non aver frequentato la scuola per l’infanzia, ci sono anche la mancanza di puntualità e le assenze ingiustificate. In Italia il 35% degli studenti ha riferito di aver saltato almeno un’ora di scuola nelle due settimane precedenti ai test Pisa, uno su 2, il 48%, ha saltato invece almeno un giorno di scuola: «tra le più alte percentuali registrate dai paesi Ocse».
AUMENTANO IMMIGRATI, MA RESTANO INDIETRO
Tra il 2003 e il 2012 gli studenti stranieri in Italia sono aumentati del 5%: oggi sono quasi il 7,5% del totale, contro una media Ocse del 12%. Ma tra loro e i colleghi nostrani esiste un divario più ampio della media Ocse nelle competenze. Gli studenti immigrati hanno ottenuto 48 punti in meno dei loro colleghi italiani nei test Pisa di matematica (la media è di 34 punti). L’Italia, osserva l’Ocse, non ha tradizionalmente esperienza di studenti immigrati e anche per questo motivo il fenomeno è più problematico.
MA IN ITALIA PIÙ EQUITÀ
Anche se negli ultimi 10 anni le risorse per la scuola sono diminuite «dell’8%», l’Italia non ha sacrificato l’equità nell’istruzione. E la scuola pubblica funzione. Le differenze socio-economiche incidono meno sulle prestazioni rispetto alla media Ocse: in media, il 15% della variabilità nei risultati è ascrivibile alle condizioni socio-economiche della famiglia; in Italia il dato scende al 10%. «Dobbiamo guardare al nostro sistema educativo non come una spesa, ma come un investimento, perché possa continuare a svolgere questa funzione fondamentale per una società più giusta», conclude il ministro. Su questo insiste anche Francesca Puglisi, componente Pd in commissione Istruzione al Senato: ci sono «forti ritardi», «occorre investire». «Tutti i gruppi parlamentari, già dall’inizio della legislatura, concordano che i soldi spesi in istruzione sono un investimento», sottolinea infine il sottosegretario all’Istruzione, Marco Rossi Doria.
La Stampa 04.12.13