Il ministro Delrio definisce il disegno di legge “di importanza strategica per il Paese”. Non solo perché svuota le Province, battezza le dieci città metropolitane, regolamenta le Unioni dei piccoli Comuni. Ma per il potenziale che apre. “Questa riforma può valere molto di più di qualsiasi spending review governata dall’alto”, ha detto ieri in aula alla Camera dove il provvedimento è arrivato, dopo il via libera anche della commissione Bilancio. E nonostante qualche distinguo della Ragioneria dello Stato su alcune parti del ddl che potrebbero “potenzialmente” essere prive di coperture.
“Puntiamo a una conversione in legge entro i primi giorni dell’anno nuovo”, auspica il ministro. Senza Forza Italia però, che già preannuncia il suo no. “Il ddl non abolisce le province, ma di fatto crea un ulteriore e inutile carrozzone”, ripeteva ieri Brunetta.
NON abolizione, ma svuotamento delle Province. Non accorpamento dei Comuni, ma passaggio morbido all’Unione di quelli piccoli. Non dal primo gennaio, ma entro l’anno prossimo le dieci Città metropolitane. A parte questo, il disegno di legge Delrio, noto come Svuota-Province, è un primo passo per la riorganizzazione degli enti territoriali. Ma soprattutto per un auspicato taglio di spesa. «Vi sono troppi enti che si occupano delle stesse cose», ha riferito ieri il ministro Delrio alla Camera. «Se blocchiamo anche questo riordino, aumenteremo ulteriormente il distacco dei cittadini dalla politica».
ENTI DI SECONDO LIVELLO
Il disegno di legge in discussione a Montecitorio non abolisce le Province. Per toglierle dalla Costituzione una volta per tutte occorre una legge costituzionale. E in effetti un simile progetto corre parallelo al ddl Delrio, ma avrà vita lunga e accidentata. D’altronde, l’ultimo in ordine di tempo che ha provato gli accorpamenti è stato Monti con un decreto poi bocciato dalla Corte Costituzionale, perché questa materia non può essere maneggiata per decreto. Cambiato lo strumento, ora cambia un po’ anche la sostanza. La novità è che le previste elezioni provinciali nel 2014 non ci saranno più. E questo perché il ddl di fatto le rende inutili, cancellando tutto il personale politico. Presidente e Consiglio saranno eletti dalla conferenza dei sindaci e dei consiglieri del territorio. Ma non percepiranno un secondo stipendio.
FUNZIONI RIDOTTE
La riforma riguarda solo 86 su 107 Province totali, quelle cioè delle Regioni a Statuto ordinario. Di queste 86, dieci diventeranno città metropolitane, con poteri e budget superiori, mentre una ventina sono già commissariate. Le 56 rimanenti — quasi tutte in scadenza a primavera — anziché andare al voto si trasformeranno in “enti di area vasta”, con funzioni ridotte, quelle già individuate da Monti. E dunque la manutenzione di strade e scuole, la tutela di boschi e parchi, la gestione dei rifiuti, l’assetto idrogeologico, il trasporto locale. E la “pianificazione” generale dell’area vasta. Non avranno però i Centri per l’impiego, snodo cruciale dal 2014 per gestire la Youth guarantee, il piano per l’occupazione giovanile che vale 1,5 miliardi di fondi europei cofinanziati nel prossimo biennio. E rinunceranno a tutte le funzioni delegate dalle Regioni: formazione professionale, turismo, beni culturali, sociale. Con la garanzia però che i 56 mila dipendenti saranno riassorbiti tra Comuni e Regioni. E che i tributi propri resteranno: il Tefa ambientale, la tassa nell’Rc auto e l’Ipt sulle trascrizioni dei veicoli. Inoltre, il ddl prefigura un premio alle Province che dismetteranno partecipate in rosso: uno sconto del 20% sul patto di stabilità.
GRANDI E PICCOLI
Dieci città, come detto, dal primo luglio e pienamente entro il 2014, si trasformeranno in “metropolitane”. Con un sindaco “metropolitano” — per ora quello della città capoluogo, ma le regole si potranno cambiare — i cui poteri abbracceranno anche il territorio oggi provinciale. Si tratta di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria. Più Roma capitale, con poteri speciali. Rispetto alle nuove province, le dieci città metropolitane avranno funzioni rafforzate. Di sicuro gestiranno tutta la programmazione urbanistica e dunque i piani regolatori, non proprio briciole. E poi anche parte delle risorse europee attraverso i Programmi operativi nazionali: circa due miliardi tra 2014 e 2020. I Comuni sotto i 5 mila abitanti, daranno invece vita all’Unione dei Comuni, ente di secondo livello, con un proprio bilancio e presidente, consiglio, giunta, ma senza secondo stipendio. Scopo dell’Unione: svolgere “in forma associata” tutti e dieci le funzioni dei Comuni (Tremonti provò con 3 su 10, Monti con 5 su 10).
RISPARMI
È la grande incognita del ddl. Quanto si risparmierà? Secondo la Corte dei Conti, sicuramente il costo delle elezioni e delle “poltrone” politiche: tra i 100 e i 150 milioni annui, a fronte di 8 miliardi di spese correnti. Per Delrio si può arrivare al miliardo. A regime, però.
La Repubblica 03.12.13