Processo al Porcellum , atto primo: domani alla Consulta s’aprirà l’udienza pubblica. Ma sul banco degli imputati non c’è solo la legge elettorale, c’è soprattutto la politica. Quella incarnata dalla destra, che nel 2005 confezionò la legge. Dalla sinistra, che nel 2006 vinse le elezioni, senza sognarsi d’abrogarla. Dall’ammucchiata destra-sinistra-centro, che ci governa da un paio d’anni senza mai battere ciglio, benché questa legge ci abbia spinto sul ciglio d’un burrone. Infine dai grillini, che disprezzano il Porcellum però dichiarano di volerlo conservare. Sul banco degli imputati c’è dunque il Parlamento, in tutte le sue articolazioni. E c’è il governo, che non ha avuto il fegato di sbrigare la faccenda per decreto.
Sicché adesso tocca alla Consulta, e non sarebbe il suo mestiere. Con quali conseguenze? Qui possiamo disegnare solo ipotesi, scenari, congetture. Il diritto non è una scienza esatta, altrimenti i suoi responsi verrebbero sottratti al verdetto di un giudice d’appello. Il primo dubbio circonda l’ammissibilità della questione. Significa che prima di deciderla nel merito, la Corte costituzionale deve misurarne la «rilevanza» nella causa intentata da Aldo Bozzi (nipote del politico liberale) davanti al tribunale di Milano: un cittadino che contesta l’espropriazione della sua libertà di voto. Significa perciò che quel giudizio dovrà dipendere, in positivo o in negativo, dal giudizio della Consulta. In caso contrario quest’ultima verrebbe interpellata direttamente dai cittadini: in Spagna si può fare, in Italia no. Ma è «rilevante» l’eventuale annullamento della legge elettorale dopo un’elezione contestata, però ormai consumata? Per la Cassazione questo problema non è affatto un problema, e d’altronde pure la giurisprudenza costituzionale offre almeno un precedente (sentenza n. 236 del 2010). Staremo a vedere.
Ciò che sicuramente non vedremo è il vuoto, la sparizione di qualsivoglia congegno elettorale. Altrimenti i mille parlamentari in carica diverrebbero immortali, nessuno mai potrebbe rimpiazzarli. Loro magari ne sarebbero felici, noi un po’ meno. Sicché un sistema pronto all’uso deve pur sopravvivere, dopo che la Consulta avr à usato i ferri del chirurgo. Quale? Per esempio un proporzionale puro, se in sala operatoria verrà amputato il premio di maggioranza. Oppure il Mattarellum . Dice: ma la Corte costituzionale ne ha già negato la reviviscenza, bocciando il referendum abrogativo che intendeva favorirla. Errore: altro è l’abrogazione (con legge o referendum), altro è l’annullamento (con sentenza). La prima vale per il futuro, il secondo retroagisce nel passato. E dopotutto tale soluzione suonerebbe assai meno creativa, meno invasiva. Rimetterebbe in circolo una scelta già timbrata dal legislatore italiano, mentre il proporzionale alla tedesca è roba per tedeschi.
E sul Parlamento in carica, quali conseguenze? Taluno opina l’illegittimità di ogni suo atto, compresa la rielezione di Napolitano. Balle. Se una sentenza vieta la fecondazione assistita, per rispettarla non dovremo uccidere il bambino nato con la fecondazione assistita. Meno ballista, viceversa, l’idea che sarà impossibile convalidare l’elezione di qualche centinaio di parlamentari, dato che le Camere non vi hanno ancora provveduto. Per evitare lo sconquasso, la Consulta potrebbe cavarsela con una pronunzia d’incostituzionalità «differita», che scatterebbe insomma alle prossime elezioni. Come ha già fatto, per esempio, rispetto ai tribunali militari (sentenza n. 266 del 1988). Ma è una frittata, comunque la si giri. E la gallina da cui sbuca l’uovo fritto è il sistema dei partiti .
Il Corriere della Sera 02.12.13