“Il codice del maltempo”, di Giovanni Valentini
Diluvio, alluvione, ciclone, bomba o inferno d’acqua. Di fronte al cataclisma in Sardegna, sono inadeguati gli strumenti, i mezzi e le risorse. Ma ormai sono inadeguate anche le parole. Saltano i parametri del linguaggio convenzionale. E sul piano mediatico, i vecchi schemi non riescono più a rappresentare i nuovi fenomeni, producendo un “buco” comunicativo nel circuito dell’informazione. C’è un misto di incredulità, di fatalismo e di rassegnazione che contagia in questi casi l’opinione pubblica, come se un disastro di tale portata fosse un fenomeno soprannaturale, un castigo della storia oppure una maledizione divina. O comunque, un fatto altrui, remoto e distante non solo geograficamente. La liturgia della solidarietà, tanto doverosa quanto spontanea, contempla perciò il mistero della rimozione insieme alla recita di una litania a cui noi stessi — giornalisti, osservatori, commentatori — non riusciamo a sottrarci. La verità è che questo atteggiamento mentale tende a esorcizzare la violenza e la crudeltà di certi eventi, per accantonare magari inconsapevolmente le nostre responsabilità individuali e collettive. Per tentare di cancellare il “peccato generazionale” di una distruzione …