Si è trattato di un venerdì pieno di numeri. Una giornata che, purtroppo, è sembrata fatta apposta per corroborare la tesi che vuole ancora ben lontana l’uscita dalla crisi. Ha iniziato nel mezzo del mattino l’Istat, diffondendo i dati aggiornati relativi all’andamento della disoccupazione, confermando la drammaticità della situazione, ed anzi aggiungendo ulteriore allarme per la situazione dei giovani. Nel pomeriggio, poi, ha proseguito Bankitalia con una serie di rilevazioni negative fra cui spicca l’ulteriore crescita del divario fra Nord e Sud del Paese. Ed in questo quadro l’ulteriore comunicazione dell’Istat, relativa al calo secco dell’inflazione, non desta certo la soddisfazione che avrebbe ottenuto in altri tempi. Il dato parla di una diminuzione congiunturale dello 0,4%, che però non annulla l’aumento su base annua, adesso pari allo 0,6% e comunque in rallentamento rispetto alla dinamica rilevata a ottobre (+0,8%). Ma il sospetto, se non la certezza, è che alla base dell’attuale tendenza deflazionistica ci sia soprattutto la continua e sostenuta diminuzione della domanda interna.
LE CIFRE DEL SUD
Cominciamo dai senza lavoro, la cui incidenza percentuale nel mese di ottobre è rimasta invariata nella rilevazione dell’Istat rispetto al mese precedente, attestandosi al 12,5%, ma in aumento di ben l’1,2% rispetto ad un anno fa. Una crescita tendenziale, anno su anno, del tasso di disoccupazione che è diffusa territorialmente, ma risulta assai più accentuata nelle regioni meridionali, nelle quali l’indicatore passa dal 15,5% del terzo trimestre 2012 all’attuale 18,5%; molto meno pronunciato il fenomeno al Nord, dove si è andati dal 6,8% di un anno prima all’attuale 7,6%. Ma a spaventare ancora di più è la situazione dei più giovani. I disoccupati tra 15 e 24 anni sono 663.000 con il relativo tasso percentuale, ovvero la quota dei disoccupati sul totale di quelli occupati o in cerca di lavoro, che è pari addirittura al 41,2%, in aumento dello 0,7% ad ottobre rispetto al mese precedente e, soprattutto, di 4,8 punti nel confronto tendenziale sul 2012. Ed a preoccupare fortemente è anche il numero dei cosiddetti scoraggiati, ovvero coloro che non cercano più lavoro perché ritengono impossibile trovarlo, che sono saliti a 1 milione 901 mila (su base trimestrale).
Bankitalia ha invece inserito le sue ultime rilevazioni nel rapporto dal titolo “L’economia delle regioni italiane Dinamiche recenti e aspetti strutturali”. Un documento dal quale emerge l’ulteriore ampliamento del divario fra Centro Nord e Mezzogiorno, già evidenziatosi nel 2011-12. Un dato spiegato con le caratteristiche strutturali del Mezzogiorno poiché «in quest’ area la componente estera della domanda, che in questa fase congiunturale sta fornendo un contributo positivo alla crescita, ha un peso e un dinamismo minore». Pesa poi, nel Meridione, la presenza di imprese innovative e ad alta produttività inferiore al resto del Paese. Situazione difficile anche per l’accesso al credito nel Sud, «sia per la domanda di finanziamenti che per le condizioni di offerta (in particolare di quelle praticate dalle banche di minori dimensioni), su cui ha pesato la percezione di una più elevata rischiosità dei finanziamenti verso specifici settori e imprese». Una situazione che ha portato Luigi Federico Signorini, vice direttore generale della Banca d’Italia, a sottolineare come «i divari nel Pil pro capite che si osservano oggi tra il Centro Nord e il Mezzogiorno sono gli stessi di quarant’anni fa, quando si interruppe il processo di convergenza delle aree più povere verso i livelli di reddito di quelle più prospere che si era manifestato negli anni del dopoguerra».
Sempre dal rapporto di Bankitalia emerge che dal 2010 al 2012 le retribuzioni nette dei lavoratori dipendenti sono diminuite di 64 euro al mese, passando da una media di 1.328 euro a 1.264 euro. E così alla fine del biennio, se si considerano 13 mensilità, un lavoratore ha incassato in un anno 832 euro meno del 2010. Ed ancora, i fallimenti d’impresa «sono aumentati rapidamente tra il 2008 e il 2012 in tutte le aree del Paese». Via Nazionale aggiunge poi un elemento di valutazione specificando che «ovunque le imprese fallite mostravano una situazione economica e finanziaria più tesa che nel resto delle imprese già nel periodo pre-crisi».
L’Unità 30.11.13