“La lunga marcia in un vicolo cieco”, di Piero Ignazi
Come poteva il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi convivere con i suoi “carnefici”? Naturale, scontato, ovvio che sbatta la porta e se ne vada. Per andare dove non è chiaro. A raggiungere Beppe Grillo in una forsennata cavalcata anti-europea e populista per sfasciare tutto e portare a casa qualche eurodeputato alle prossime elezioni per il Parlamento di Strasburgo? A rinvigorire il sopito e mai dimenticato furore “anti-comunista”, nonostante l’ingresso in scena di Renzi e di tutta una nuova generazione “post”? A rilanciare il fantasma della cosiddetta rivoluzione liberale, araba fenice di cui si sono perse le tracce fin dall’estate del 1994? A bombardare quotidianamente il governo Letta e i traditori alfaniani, l’altro giorno blanditi come compagni che sbagliano ma da ritrovare al momento della battaglia finale, e ora additati al disprezzo dei seguaci duri e puri del Cavaliere? Qualunque sia la scelta strategica di Berlusconi, il vicolo è cieco. Da una parte c’è il muro invalicabile del grillismo, mille volte più efficace, penetrante e “nuovo” rispetto alla malinconica riedizione di Forza Italia, puro atto …