Ho sentito l’entusiasmo delle persone e di tutti i delegati che sono arrivati e mi sono domandato cosa oggi ci ha reso così uniti. Da tempo è facile attaccare il PD mediaticamente, addirittura come lo zimbello della politica italiana. In realtà si ignora che nell’Italia del 2013 a mantenere e a restituire dignità alla parola democrazia siamo rimasti soltanto noi. E lo facciamo per la comunità e per noi stessi.
Le associazioni rendono l’uomo più forte ne mettono in risalto le loro doti migliori. Tutto questo in un periodo dove il cittadino è considerato un utente e il sentimento dominante è la solitudine, noi non ci rassegniamo ad essere numerini o codici fiscali. Noi non ci rassegniamo. È da qui che noi partiamo.
E se a questo giro è capitato di stare in me in testa, significa che il PD è davvero un partito davvero libero e democratico. Un leader non crea seguaci ma altri leader. Liberiamoci dalla visione correntizia.
Noi siamo al centro della politica mediatica: Grillo fa il Vaffa Day la settimana precedente le nostre primarie e concentra in un giorno gli insulti agli altri, poi però negli altri 364 giorni i suoi parlamentari insultano gli elettori non realizzando le cose che si erano impegnati a realizzare. E si nascondono sui tetti invece di capire che dovrebbero stare al piano di sotto a fare politica.
Berlusconi ha annunciato un colpo segreto. Mi dicono: non hai paura? A me fa sufficiente paura il disegno chiaro che è quello di creare un centrodestra a la carte con Fi, Alfano, Fratelli d’Italia, la Lega e poi presentarsi insieme alle elezioni per sconfiggere la sinistra.
Ci siamo fatti dettare l’agenda dalla destra, ci siamo limitati a rincorrerli impauriti. Ora basta, ora tocca a noi. Soltanto il PD può salvare l’Italia. Dal 9 dicembre dovremo cambiare il rapporto con il governo senza alcuno sgambetto mantenendo la grande lealtà finora dimostrata. Il governo ha usato molto della nostra lealtà, pazienza e responsabilità, ora deve usare la nostra politica per andare avanti.
I nostri punti da cui vogliamo partire sono:
a) le riforme istituzionali compresa la riforma elettorale; b) adottare efficaci politiche sul lavoro; c) dare una vera svolta all’Europa.
Ha ragione Gianni Cuperlo a dire che non siamo il volto buono della destra, ma non possiamo essere neppure il volto peggiore della sinistra, quello che non ha risolto il conflitto di interessi e che ha mandato a casa Prodi. Chiedere di cambiare non significa ignorare la storia. Come in Cile durante il Pinochet, per uscire dalle difficoltà dobbiamo usare la carta dell’allegria. Dobbiamo farci carico del passato e progettare il futuro.
Gli ultimi 20 anni, la parola valore ha smesso di essere un riferimento culturale. Il valore è diventato un aspetto economico: tutto è incentrato su ciò che si ha e non su ciò che si è!
Il PD deve fare una gigantesca campagna sulla scuola, per la scuola e nella scuola. Non si riparte dallo spread ma dalla cultura. La prima iniziativa che vorrei fare e su cui chiedo il voto esplicito di tutti è sulla scuola, un’iniziativa che porti a capire che l’Italia ha ancora un’anima.
Noi diciamo con forza al governo Letta che fa bene ad andare avanti, deve avere la certezza che in questo 2014 la legge ha tra caratteristiche.
La prima è che “chi vince, vince. Che non è mai chiaro in Italia, si sa sempre che non perde nessuno”. Due, “chi vince governa”. Infine, “chi vince governa per 5 anni, perché non è possibile che dal giorno dopo si cerchi di mandarlo a casa”.
Non voglio fare il presidenzialismo, prima di ragionarne intanto facciamo una legge elettorale che non richiede una modifica costituzionale. Mettiamoci d’accordo sui paletti e diciamo alla maggioranza: su questi tre paletti non si transige. Lo facciamo per l’interesse del paese.
Le altre priorità sono la trasformazione del Senato in Camera delle Autonomie (Senato e province possono pure restare in vita, purché “senza indennità e senza elezione diretta” dei rispettivi componenti);
– il dimezzamento dei costi della politica (“Che senso ha il Cnel che da 67 anni rende pareri? E la Corte costituzionale che costa il doppio degli organi analoghi in tutto il mondo? E che i dirigenti pubblici italiani guadagnino il doppio che in Europa?);
– pensare all’Europa in maniera diversa: Basta con la frase “ce lo chiede l’Europa”. Cominciamo a dire cosa chiediamo noi all’Europa.
“Prima i sogni erano XXL, ora ci si sono ristretti così come le ambizioni. Mi candido per poter dire una volta per tutte che adesso tocca a noi, non faremo quelli che aspettano e che hanno paura, che torneremo grandi a condizione di sognare tutti insieme”.