«Tenetevi pronti, lunedì si passa all’opposizione di questo governo di tasse e amici dei giudici». Silvio Berlusconi resta blindato a Palazzo Grazioli, chiama a raccolta i colonnelli di Forza Italia. È la vigilia della settimana campale. Li chiama tutti a raccolta nelle prime linee del fronte, la permanenza in maggioranza ha le ore contate, come la sua in Parlamento d’altronde. «Ci riuniremo lunedì e decideremo» comunica a chi va a trovarlo, da Carfagna a Prestigiacomo, da Bergamini alla Mussolini, dalla Polverini a Rotondi. Il dado dunque è tratto.
Da ieri sera i senatori forzisti hanno indossato l’elmetto: astensioni a raffica sulla manovra, in commissione Bilancio. Una linea che del resto il Cavaliere aveva adombrato nella lunga notte precedente trascorsa in relax con la ventina di giovani del partito, quelli ufficiali, portati dalla responsabile Annagrazia Calabria in vista della kermesse di oggi della Giovane Italia alla quale il leader ha confermato la sua presenza. Ma è nel salotto di Palazzo Grazioli, dove si è intrattenuto fino alle 2.30, che si è abbandonato alle confessioni più amare sul momento. «Vedrete che mi arresteranno, farò la fine di Yulia Timoshenko», paventa la persecuzione di qualche «procura impazzita» pronta a spiccare il mandato di cattura dopo il 27 novembre. Magari per l’ipotesi di corruzione di testimoni del Ruby ter
che stanno per imputargli. A dir poco avvilito dalla prospettiva. «La prima settimana mi saranno tutti vicini, la seconda solo la metà, la terza non avrò più nessuno intorno ». È il Berlusconi vittima, il ruolo in sceneggiatura che gli è sempre riuscito meglio. E che tornerà a interpretare in tv, forse da Vespa, difficile a questo punto prima della decadenza, probabile subito dopo. Intenzionato comunque a non mollare la presa dal 27, o quando avverrà l’espulsione dal Parlamento. Da lì partirà la sua campagna per i club “Forza Silvio”. Già in cantiere una convention a Milano per l’8 dicembre, per fare da contraltare alle primarie Pd, il Renzi day.
L’ordine di scuderia alla squadra di 60 senatori è di dare battaglia sulla legge di stabilità, per allungare il più possibile i tempi e rinviare il voto sulla decadenza di mercoledì prossimo, nonostante la conferma del presidente del Senato Grasso. Voto palese, ma l’ultima spiaggia sarà tentare il voto segreto sui molteplici ordini del giorno che i forzisti produrranno contro il pronunciamento pro-espulsione della giunta. Volpi d’aula come Donato Bruno e Lucio Malan sono al lavoro. Come al lavoro è Berlusconi stesso sul suo discorso che pronuncerà in aula nel giorno clou. Di certo non si dimetterà un momento prima, avverte. Preannuncia un discorso «alto, non astioso», conciso. «Mi state consegnando ai magistrati, ma sappiate che presto le toghe si scateneranno contro di voi» è un passaggio anticipato agli ospiti di ieri. Per il momento la mobilitazione di quel pomeriggio sotto Palazzo Grazioli è confermata, come la sua partecipazione.
Angelino Alfano sembra che abbia voluto comunicare di persona al Cavaliere la decisione di non sostenere la richiesta di fiducia del governo e la battaglia per posticipare la decadenza rispetto alla manovra. Per Berlusconi, stando a quanto ha riferito poi ai suoi interlocutori, sono solo «tatticismi ». Quella del vicepremier una «carineria tardiva: hanno voluto spaccare il partito e non riesco a spiegarmi ancora le ragioni, se non la voglia di restare incollati alle poltrone». Il sospetto che alberga dentro Forza Italia è che in realtà “Angelino” lavori in pieno accordo col premier Letta. Pronto a «scaricare» una volta per tutte l’ex leader subito dopo il via libera alla stabilità. Sprezzante, nei toni, il Berlusconi che ha commentato ancora coi suoi lo strappo: «Avete visto? Altro che 7-10 per cento, non hanno più del 3,6, non vanno da nessuna parte». Alfano riunisce i suoi trenta senatori che eleggono Maurizio Sacconi capogruppo e conferma la linea della «responsabilità » nei confronti dell’esecutivo per marcare le distanze dagli “ex”. Non avrebbe causato questo terremoto, diversamente. E lì si concede dell’ironia sulle liti esplose dentro Forza Italia perfino per l’elezione del capogruppo. «Noto che il metodo Berlusconi mette tutti d’accordo, per troppa democrazia non riescono nemmeno a scegliere il sostituto di Schifani, noi lo abbiamo eletto in cinque minuti ». Questa mattina la prima uscita pubblica, a Roma, con la presentazione dei 58 parlamentari nazionali, i 7 europei, gli 86 consiglieri regionali (12 assessori), un governatore (Scopelliti in Calabria), stando al censimento dell’uomo dei numeri del Ncd, Dore Misuraca. Perché la partita grossa si gioca ora sui territori. Anche se Schifani e Quagliariello ce la stanno mettendo tutta, raccontano nel partito, per convincere 4-5 senatori forzisti a passare con Alfano. È l’ultima remora che frena ancora Berlusconi dall’ufficializzare il passaggio all’opposizione, il timore di un altro smottamento imminente.
La Repubblica 23.11.13