Siena, Cagliari, Lecce, Ravenna, Perugia-Assisi e Matera sono le candidate italiane a Capitale europea della cultura per il 2019. Lo ha deciso ieri la giuria europea di selezione che ha proposto al ministero per i Beni culturali la «short list», ovvero la lista abbreviata, che entro un mese il dicastero guidato da Massimo Bray potrà ratificare. Nessuna città del Nord, dunque: tutte candidature concentrate soprattutto tra il Centro e il Sud. E addio ai sogni di gloria delle altre candidature: Venezia-Triveneto, Vallo di Diano e Cilento, Taranto, Mantova, Caserta, Palermo, Aosta, Erice, Reggio Calabria, Urbino, l’Aquila, Bergamo, Grosseto, Siracusa e Pisa. La giuria, presieduta dal britannico Steve Green (sette membri internazionali, sei italiani) ora si riunirà nell’ultimo trimestre del 2014, ovvero tra un anno, per scegliere la città vincitrice.
Entusiasmo nelle città «finaliste». Il sindaco di Perugia, Wladimiro Boccali: «Grande soddisfazione, abbiamo fatto un lavoro serio e intelligente». Fabrizio Matteucci, sindaco di Ravenna: «Da lunedì cominceremo a lavorare pancia a terra, tutti insieme». A Siena il sindaco Bruno Valentini dichiara: «La nostra città è in festa».
La prima, durissima polemica scoppia a Venezia, città capofila del progetto. In realtà la candidatura era territorialmente trasversale, da Trieste a Bolzano passando per Venezia e il Veneto. In sostanza, il Nordest. Nordesteuropa Editore, che lanciò l’idea del «territorio diffuso» come possibile Capitale europea della cultura, ieri ha diffuso una nota stampa durissima contro il sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni: «Da questa sconfitta risulta evidente che il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni ha raggiunto il risultato che si prefiggeva: far perdere la candidatura di Venezia con il Nordest a Capitale europea della cultura 2019. Una proposta che non ha mai amato perché conteneva in sé un progetto di sviluppo del territorio in chiave metropolitana da lui da sempre osteggiato a favore della rendita di posizione della sola Venezia storica e di una visione ottusa che predilige il turismo di massa a quello di qualità». Nordesteuropa arriva a chiedere esplicitamente le sue dimissioni.
Invece proprio Giorgio Orsoni ribatte con molta serenità: «La commissione sembra aver assunto una decisione di tipo formale. Tutte le candidature di territori più vasti delle singole città sono state scartate. E anche a noi non erano sfuggiti i dubbi sul bando. Ma, al di là o meno dell’inserimento di quest’area nella short list, un risultato importantissimo lo abbiamo portato a casa: aver messo insieme territori ampi facendoli dialogare sul tema del turismo culturale, profondamente sentito nei nostri territori. Sono state gettate le basi per una futura collaborazione molto intensa. Insomma, il vero obiettivo era mettersi a lavorare insieme. E lo abbiamo conseguito una volta per tutte». Altra esclusione che colpisce è quella di Urbino: poteva contare su testimonial come l’architetto e urbanista Odile Decq, l’ex ministro francese della Cultura Jack Lang e sostenitori illustri come Umberto Eco.
Delusione a L’Aquila. Stefania Pezzopane (Pd), presidente del Comitato promotore di «Aq19», commenta amareggiata: «Ce l’abbiamo messa tutta, ma non è bastato. Non è stato un bel leggere, per i commissari europei e italiani, i resoconti sugli sprechi del post sisma, sulle presunte infiltrazioni di mafia e camorra e sull’arresto dell’assessore regionale alla Cultura Luigi De Fanis».
Ma ora c’è un’altra scommessa. Bisognerà vedere se, per la Capitale europea della cultura 2019, continueranno a vincere i campanilismi e i localismi. O se invece qualsiasi città verrà proclamata vincitrice riuscirà a diventare un volano per l’economia e la cultura del sistema-Paese. O se gli sforzi si ridurranno al singolo territorio, con una visione miope, spesso tipicamente (e tristemente) nostrana.
Il Corriere della Sera 16.11.13