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“La scuola italiana ha un punto debole”, di P.A. da La Tecnica della Scuola

Sarebbe la secondaria di primo grado che, a cinquant’anni dalla sua nascita, scricchiola sotto i colpi dei test internazionali, impietosi nel descrivere il crollo del rendimento dei preadolescenti nel passaggio dalle elementari alle medie. Le cause? l’età avanzata dei docenti. Mentre nella scuola primaria i bambini viaggiano ancora abbastanza alla pari con loro coetanei europei e no, le differenze socioculturali esplodono proprio alle medie dove fra l’altro si scopre che più la famiglia è istruita, tanto migliori sono i risultati scolastici. E siccome, dice il Corriere della Sera in una sua inchiesta, il livello d’istruzione delle famiglie italiane è molto basso (più della metà degli italiani adulti non ha un diploma di scuola superiore, contro una media Ocse del 27%), il successo scolastico finisce per arridere ai pochi fortunati che hanno i genitori diplomati o laureati, mentre tutti gli altri sono condannati a fare la parte degli asini.
Tuttavia la scuola elementare italiana rimane un punto di riferimento, come dicono i i risultati dell’indagine PIRLS 2011 sulle capacità di lettura dei bambini di 10 anni. In base a questa rilevazione, gli alunni italiani raggiungono un punteggio medio di 541, staccando nettamente i coetanei spagnoli (513) e francesi (520), a pari merito con i tedeschi . Se si confrontano questi risultati con quelli dell’ultimo test Pisa sulle competenze dei quindicenni nei Paesi Ocse si vede come, sul fronte della cosiddetta «literacy» (ovvero le competenze linguistiche), i nostri ragazzi nel giro di pochi anni perdano molte posizioni, finendo sotto la media Ocse (486 contro 493 punti), facendosi largamente sorpassare dai colleghi inglesi (494), francesi (496), tedeschi (497): indietro restano solo gli spagnoli (481), mentre a distanze siderali svettano i «soliti primi della classe»: asiatici e Paesi del Nord Europa (sul podio, Cina, Corea e Finlandia, rispettivamente a quota 556, 539 e 536).
Né le cose migliorano quando si passa alle cosiddetta «numeracy». Basta guardare i risultati dell’indagine TIMSS 2011sulle capacità matematiche e scientifiche dei bambini di 10 anni e dei 14enni. Anche in questo caso i bambini delle elementari si piazzano piuttosto bene in matematica, sopra la media dei 500 punti (508). Mentre gli adolescenti finiscono, anche se di poco, sotto il valore di riferimento medio (a quota 498). Idem per le scienze. Secondo il «Rapporto sulla scuola italiana» della Fondazione Agnelli pubblicato da Laterza nel 2011, l’Italia è il Paese con il calo degli apprendimenti più netto fra elementari e medie.
Il problema a questo punto è però, dice il Corriere, quello di capire le cause di tanto insuccesso che si manifesta proprio nel passaggio dalla primaria alla secondaria e per pesare anche nella secondaria di secondo grado.
Una delle possibili ragioni di questo scollamento, indicata da più parti, sta nell’età avanzata dei docenti. Mancano, in generale, insegnanti giovani (l’età media in Italia è di oltre 50 anni contro i 43 della media europea) , anche per via del sistema di reclutamento legato alle liste del precariato. Professori anziani, con insufficienti conoscenze informatiche, che faticano ad entrare in contatto con i cosiddetti nativi digitali (come del resto faticano anche i loro genitori incapaci di trovare una strada per comunicare con i loro figli «marziani», tutti app, videogiochi e social network). Resta da spiegare come sia possibile che a 15 anni sei ragazzi su dieci non sappiano da cosa dipende l’alternarsi del giorno e della notte…

La Tecnica della Scuola 10.11.13

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L’«anello debole» della scuola italiana
«Rapporto sulla scuola italiana» (Fondazione Agnelli)

«Anello debole», «maglia nera» della scuola italiana. Le metafore contro la scuola media si sprecano. Nata 50 anni fa con l’intenzione, sacrosanta, di porre fine all’odioso doppio percorso (di eredità fascista) che condannava i figli dei contadini e degli operai all’avviamento professionale riservando la «scuola di mezzo» solo a chi era destinato (per storia familiare) a proseguire gli studi, la media unica è invecchiata, ed è invecchiata male. Doveva offrire un’istruzione di qualità per tutti ma ci è riuscita solo a metà: ha innalzato sì il livello di scolarità ma non ha saputo garantire a tutti i ragazzi le stesse opportunità di successo scolastico. Con il risultato che mentre nella scuola primaria i bambini viaggiano ancora abbastanza alla pari, le differenze socioculturali esplodono proprio alle medie: quanto più la famiglia è istruita, tanto migliori sono i risultati scolastici. E siccome il livello d’istruzione delle famiglie italiane è molto basso (quasi metà degli italiani adulti non ha un diploma di scuola superiore, contro una media Ocse del 27%), il successo scolastico finisce per arridere ai pochi fortunati che hanno i genitori diplomati o laureati, mentre tutti gli altri sono condannati a fare la parte degli asini, soprattutto se confrontati con i loro coetanei di altri Paesi.

Guarda le slides tratte dalla ricerca «I numeri da cambiare» elaborata dall’Associazione TreeLLLe e dalla Fondazione Rocca

LETTORI ESPERTI ALLE ELEMENTARI, ASINI ALLE MEDIE? – E dire che alle elementari partiamo alla grande. Basta guardare i risultati dell’indagine PIRLS 2011 sulle capacità di letturadei bambini di 10 anni. In base a questa rilevazione, gli alunni italiani raggiungono un punteggio medio di 541, staccando nettamente i coetanei spagnoli (513) e francesi (520), a parimerito con i tedeschi . Se si confrontano questi risultati con quelli dell’ultimo test Pisa sulle competenze dei quindicenni nei Paesi Ocse si vede come, sul fronte della cosiddetta «literacy» (ovvero le competenze linguistiche), i nostri ragazzi nel giro di pochi anni perdano molte posizioni, finendo sotto la media Ocse (486 contro 493 punti), facendosi largamente sorpassare dai colleghi inglesi (494), francesi (496), tedeschi (497): indietro restano solo gli spagnoli (481), mentre a distanze siderali svettano i «soliti primi della classe»: asiatici e Paesi del Nord Europa (sul podio, Cina, Corea e Finlandia, rispettivamente a quota 556, 539 e 536).

BOCCIATI IN MATEMATICA – Né le cose migliorano quando si passa alle cosiddetta «numeracy». Basta guardare i risultati dell’indagine TIMSS 2011sulle capacità matematiche e scientifiche dei bambini di 10 anni e dei 14enni. Anche in questo caso i bambini delle elementari si piazzano piuttosto bene in matematica, sopra la media dei 500 punti (508). Mentre gli adolescenti finiscono, anche se di poco, sotto il valore di riferimento medio (a quota 498). Idem per le scienze. Secondo il «Rapporto sulla scuola italiana» della Fondazione Agnelli pubblicato da Laterza nel 2011, l’Italia è il Paese con il calo degli apprendimenti più netto fra elementari e medie.

PROF VECCHI, ADOLESCENTI ANNOIATI – Andando a ricercare le cause di risultati così poco lusinghieri, nello stesso studio si vede come i preadolescenti italiani siano molto più a disagio dei loro coetanei a scuola. Una delle possibili ragioni di questo scollamento, indicata da più parti, sta nell’età avanzata dei docenti. Mancano, in generale, insegnanti giovani (l’età media in Italia è di oltre 50 anni contro i 43 della media europea) , anche per via del sistema di reclutamento legato alle liste del precariato. Professori anziani, con insufficienti conoscenze informatiche, che faticano ad entrare in contatto con i cosiddetti nativi digitali (come del resto faticano anche i loro genitori incapaci di trovare una strada per comunicare con i loro figli «marziani», tutti app, videogiochi e social network). Resta da spiegare come sia possibile che a 15 anni sei ragazzi su dieci non sappiano da cosa dipende l’alternarsi del giorno e della notte…

Il Corriere della Sera 10.11.13

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