Singolare ultimatum di un condannato al Capo dello Stato. «Il Quirinale è ancora in tempo a concedermi la grazia». E se non lo fa è colpa sua. È questa, in sostanza, l’opinione che si coglie nelle parole di Berlusconi. Che sono state rilasciate a Vespa in occasione del suo ultimo libro. Un discutibile gioco di prestigio orchestrato in maniera disinvolta tra due partner sul filo della pura comunicazione. Non più la sola comunicazione del giornalista e quella del politico dettate dai propri personali e distinti interessi, ma una doppia tecnica di comunicazione combinata insieme per ottenere un risultato politico inquietante: la messa in mora di Napolitano sulla questione della «grazia» a Berlusconi.
Le anticipazioni di un libro in genere si riferiscono a notizie di alcune settimane precedenti che vengono offerte al lettore, in un contesto diverso dalla cronaca immediata, e destinato ad una riflessione più meditata! Niente di tutto questo. Le anticipazioni nei libri di Vespa sono l’esatto opposto: non anticipano niente ma sono dei veicoli pubblicitari per vendere meglio il libro, immergendolo nella stretta attualità e, al tempo stesso, degli amplificatori spesso acritici della comunicazione altrui.
La tecnica di comunicazione di Berlusconi, che si serve del lancio promozionale del libro di Vespa, è ormai fin troppo conosciuta per destare stupore, ma colpisce ugualmente per la sua spregiudicatezza nei confronti del capo dello Stato. Confidando nella memoria necessariamente incompleta della maggior parte del pubblico, si riprende una vecchia notizia (come se si trattasse di un libro già scritto) e la si ripropone disinvoltamente depurandola di alcuni aspetti essenziali e facendola apparire a proprio personale vantaggio.
La ormai vecchia notizia è il comunicato del Quirinale del 13 agosto di quest’anno ove il presidente della Repubblica chiarisce in maniera ineccepibile dal punto di vista costituzionale i limiti dell’esercizio del potere di grazia secondo l’art.87 della Costituzione.
Ricordiamo i passaggi essenziali di quel comunicato. L’articolo 681 codice di procedura penale con riferimento alla grazia indica le modalità di presentazione della relativa domanda. Negli ultimi anni, si è sempre ritenuta essenziale la presentazione di una domanda. A questa domanda, (necessaria ma non sufficiente aggiungiamo noi), deve seguire un esame obbiettivo e rigoroso, sulla base dell’istruttoria condotta dal ministro della Giustizia, per verificare se emergano valutazioni e sussistano condizioni che senza toccare la sostanza e la legittimità della sentenza passata in giudicato, possano motivare un eventuale atto di clemenza individuale che incida sull’esecuzione della pena principale. Perché tutto questo possa avvenire è necessario un clima di comune consapevolezza degli imperativi della giustizia e delle esigenze complessive del Paese. Né è accettabile che vengano ventilate forme di ritorsione ai danni del funzionamento delle istituzioni democratiche.
Dopo di allora cosa è successo? Un paio di fatti gravissimi e diametralmente opposti rispetto alle accorate esortazioni di Napolitano. Prima l’annuncio da parte dell’assemblea del gruppo parlamentare del pdl delle dimissioni collettive dei parlamentari del gruppo del Pdl: fatto senza precedenti nella storia repubblicana. E prontissima la risposta del Quirinale che definisce «inquietante» quel gesto destinato a ripercuotersi sulla funzionalità stessa delle Camere (26 settembre).
Poi, dopo pochi giorni, le pesanti insinuazioni orchestrate da un parlamentare Pdl, secondo le quali il presidente Napolitano sarebbe intervenuto sulla Cassazione nella vicenda del Lodo Mondadori per pilotare la sentenza della Corte suprema a sfavore del Cavaliere. Ed immediata la reazione del Quirinale: «Quel che sarebbe stato riferito al senatore Berlusconi circa le vicende della sentenza sul Lodo Mondadori è semplicemente un’altra delirante invenzione volgarmente diffamatoria nei confronti del Capo dello Stato» (30 settembre).
In questo quadro, ben lontano da quel clima auspicato dal presidente della Repubblica nel comunicato del 13 agosto, riproporre seccamente la questione della grazia, dimenticando la ricostruzione costituzionale del Quirinale e tutte le condizioni che avrebbero dovuto circondare quell’atto, rappresenta un modo disinvolto di «giocare» con le istituzioni e un tentativo maldestro di capovolgere la realtà. La comunicazione è una cosa, la deformazione dei fatti, decisamente un’altra.
L’Unità 06.11.13