Tanto patrimonio e tanto spreco. L’Italia, si sa, non è capace di far fruttare la sua cultura, arte, bellezza, ma quella che per il Paese è una grande occasione perduta, per il Sud diventa un autentico delitto. La crisi sta allungando le distanze fra le due aree, ma la leva che potrebbe aiutare a ridurle resta inutilizzata. Nel Meridione, infatti, si concentra il 48 per cento dei musei, siti archeologici, monumenti presenti sull’intero territorio nazionale, ma tanta beltà produce il 24,8 per cento appena dei redditi del settore. Ventotto milioni lordi su un totale di 113 con il 75 per cento degli incassi concentrato fra Ercolano, Pompei e la Reggia di Caserta. Poco più che briciole rispetto alle potenzialità. E visto che, almeno a parole, tutti sono d’accordo nel dire che senza cultura non ci sarà ripresa né sociale né economica, il guaio è grosso.
Tanto che per discuterne l’Università di Bari e Federculture (l’associazione di settore degli enti pubblici e privati), daranno vita domani ad un convegno dove, alla presenza del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e del ministro Massimo Bray si cercherà di approdare a «nuove strategie» partendo dai dati.
Il quadro, secondo la ricerca presentata da Roberto Grossi,
presidente di Federculture, è nero e le abitudini da cambiare sono tante: è vero, per esempio, che in Italia le biglietterie dei musei incassano molto meno di quanto dovrebbero, ma è altrettanto vero che il 35 per cento dei visitatori entra gratis. E al Sud la media raggiunge la vetta del 41,7 per cento. Nel 2012, per la prima volta negli ultimi dieci anni, le famiglie hanno ridotto le spese culturali, ma nel Mezzogiorno il crollo arriva da lontano e non è legato solo alla congiuntura economica. Negli ultimi quindici anni, infatti, nei siti culturali italiani c’è stato un aumento medio del 30 per cento nella presenza di visitatori, ma rapportata solo alle regioni meridionali quella percentuale è pari allo zero.
I turisti stranieri sempre più spesso si fermano a Roma e Firenze: certo i trasporti non aiutano, ma fa comunque effetto vedere che tutte le regioni del Sud messe assieme generano un numero di arrivi dall’estero inferiore a quelli della sola Toscana (7,2 milioni contro 7,8). Nel 2012 in Calabria sono arrivati solo 220 mila stranieri, contro i 20 milioni della Lombardia attratti, certo, anche dal ramo business. Enorme il ritardo dell’industria culturale che nel Sud produce poco più di 12 miliardi di euro in valore aggiunto controi quasi 27 del solo Nord-Ovest.
La domanda interna non va meglio di quella esterna: gli abitanti delle regioni del Mezzogiorno (sicuramente anche per motivi di reddito) vanno meno al cinema, nei musei, a teatro e ai concerti rispetto alla media del Paese. Anche per quanto riguarda la scuola il Sud sta messo peggio: nonostante la spesa pubblica per istruzione sia più alta rispetto alla media del Paese (6,4 per cento del Pil contro il 4) il tasso di abbandono scolastico è più alto (ben il 21,2 per cento contro il già eccessivo 18,2). Un’“eccellenza” in realtà sopravvive: nelle regioni del Mezzogiorno i residenti che leggono da 1 a 3 libri l’anno sono il 56,8 per cento, contro una media nazionale del 46 (ma nel Nord-Ovest si scende sotto): un paese unito verso il basso.
La Repubblica 28.10.13