“Il suicidio politico di Mario Monti”, di Franco Monti
Ora è persino troppo facile infierire su Mario Monti all’insegna della vecchia massima “chi è causa del suo ma…..”. Se egli avesse dato ascolto ai tanti, a cominciare da Napolitano, che gli sconsigliavano di farsi parte tra le parti, di dare vita all’ennesimo, piccolo partito, avrebbe potuto preservare il suo profilo apprezzato di tecnico e di riserva della Repubblica. La sua parabola e l’epilogo di uomo sconfitto e rancoroso suggeriscono qualche spunto di riflessione. In primo luogo, la consapevolezza che la politica vanta una sua autonomia e specificità, che essa, weberianamente, presuppone una «vocazione» che palesemente Monti ha mostrato di non avere. Di qui i suoi limiti e i suoi errori, di cui poi è caduto vittima. Penso alla fallace idea che la cura per la polis tutta si risolva nel sapere tecnico ed economico, mentre essa esige anche altre attitudini tipo il gioco di squadra (la politica è azione collettiva), la ricerca del consenso, il governo delle relazioni con persone e forze politiche. In secondo luogo, anch’egli è incappato nella mitologia del centro e …