Oltre 6 milioni di italiani vorrebbero lavorare, ma non possono. È la somma dei 3,07 milioni di disoccupati e dei 2,99 milioni tra «scoraggiati» o persone che vorrebbero avere un’occupazione ma non sono immediatamente disponibili per motivi di studio, di famiglia, di impegni i più disparati da portare a termine. Sono gli ultimi dati aggregati dell’Istat, che emergono dalle tabelle relative al secondo trimestre dell’anno. Ma non è che poi sia andata meglio, anzi. E il dato certo è che la crisi non solo colpisce vietando l’accesso al mondo del lavoro a milioni di persone, semplicemente perché il lavoro non c’è, soprattutto al Sud e tanto più tra i giovani (il tasso di disoccupazione in Italia è arrivato al 12,10%, la media europea è al 10,9%), ma anche producendo effetti di scoraggiata rassegnazione, per cui nemmeno si cerca. Per non dire di quanti (soprattutto tra i giovani, ovvio) fanno le valigie direttamente per l’estero. Fenomeni non nuovi, ma che ora colpiscono per le proporzioni assunte.
WELFARE FAMILIARE
Ma chi sono gli italiani arruolati in questo esercito? L’Istituto di statistica precisa: i disoccupati sono persone che han- no cercato attivamente lavoro nelle ultime quattro settimane e sono disponibili a lavorare immediatamente. Poi c’è una fascia intermedia che vorrebbe lavorare ma non cerca attivamente: molti perché sono scoraggiati (1,3 milioni circa), altri per problemi di famiglia o per altre questioni. Di questo segmento fanno parte 2,99 milioni di persone. Infine c’è un’altra sacca di persone inattive che non sono disponibili a lavorare, ad esempio studenti sono concentrati nel finire gli studi e casalinghe che intendono restare tali. Il lavoro manca in particolare al Sud e tra i giovani: su 3 milioni e 75mi-a disoccupati segnati nel secondo trimestre 2013 quasi la metà sono al Sud (1.458.000), e oltre la metà sono giovani (1.538.000 tra i 15 e i 34 anni, 935mila se si considera la fascia 25-34 anni). Secondo lavoce.info, il sito economico diretto da Tito Boeri, è il tasso di inattività l’indicatore alla luce del quale la peculiarità italiana rispetto ai partner dell’Unione europea emerge in modo clamoroso. Sono le persone in età lavorativa (15-64 anni) che non lavorano e non cercano lavoro. La media europea di questo indicatore è 26,4% mentre in Italia siamo al 36,6%, uno scarto di oltre dieci punti alla luce del quale le differenze nei tassi di disoccupazione appaiono minime. «Un livello decisamente preoccupante», dice lavoce.info. Gli inattivi si dividono in tre principali categorie: i giovani, che rimangono molto più a lungo che negli altri Paesi nel sistema educativo o ai margini di questo prima di mettersi alla ricerca di un impiego ed entrare formalmente nel mercato del lavoro. I pensionati di età inferiore ai 64 anni, che sono ancora molti di più che negli altri Paesi, a causa di tanti interventi che per molto tempo hanno facilitato e incoraggiato il pensionamento anticipato. Infine ci sono le donne di tutte le età, che spesso per motivi culturali, per necessità di cura dei figli e assistenza degli anziani decidono o sono costrette a non lavorare. «È nel tasso di inattività, quindi – sottolinea lavoce.info – che si palesano queste tre grandi anomalie italiane che, molto più della disoccupazione, marcano la nostra distanza dagli altri Paesi dell’Unione. È importante riconoscere che esse sono in gran parte il risultato di politiche pubbliche sbagliate, cambiarle è condizione necessaria alla loro soluzione. Proposte sensate di riforme del sistema scolastico e universitario e degli incentivi al lavoro femminile non mancano, manca però un governo in grado di realizzarle».
A corollario, l’indagine di Coldiretti, da cui emerge che a disoccupati e sfiduciati si aggiungono ben sette italiani su dieci (70%) che si sentono minacciati dal pericolo di perdere il lavoro in questo autunno di crisi. È il rischio più te- muto in una situazione in cui per una famiglia su quattro (22%) sarà un autunno di sacrifici economici. Se il 42% degli italiani vive senza affanni, quasi la metà (45%) riesce a pagare appena le spese, mentre oltre 2 milioni di famiglie (10%) non hanno oggi reddito a sufficienza neanche per l’indispensabile. In questa situazione la famiglia – precisa la Coldiretti – è la principale fonte di welfa- re. Il 37% degli italiani è stato costretto infatti a chiedere aiuto economico ai ge- nitori, il 14% a parenti e il 4% addirittura ai figli. Solo il 14% si è rivolto a finanziarie o banche mentre l’8% agli amici.
L’Unità 27.10.13