Bologna. Piovono sentenze definitive, della Cassazione, che ribadiscono che il Dc9 Itavia che trasportava 81 innocenti cittadini italiani da Bologna a Palermo il 27 giugno 1980 fu abbattuto da un missile, che quelle vite non furono difese e che poi fu usato ogni mezzo per coprire la verità. La verità è dunque sempre più sotto i nostri occhi e ci deve finalmente imporre comportamenti conseguenti, per la memoria delle povere vittime, ma soprattutto per la nostra dignità nazionale.
Infatti, come ci indicò già nel 1999 il giudice Priore, un aereo civile italiano è stato abbattuto in un episodio di guerra aerea, in tempo di pace, sui nostri cieli e «nessuno ci ha dato la minima spiegazione». Un grande oltraggio all’Italia!!
Bisogna dunque sia a livello nazionale, sia a livello internazionale avere la forza e il coraggio civile di chiedere spiegazioni.
Il governo deve agire responsabilmente senza tentennamenti e intanto aprire il confronto coi propri apparati. Oggi arriva a conclusione la vicenda Itavia, del povero Aldo Davanzali, la compagnia fu fatta fallire perché si diceva che l’aereo era caduto per un cedimento strutturale. La grande sostenitrice di questa tesi, ricordiamolo era l’Aeronautica Militare. Come poi sostenne la bomba a bordo, in un tragico gioco a nascondere.
Ma nel primo periodo, quello decisivo per l’Itavia, si sosteneva il cedimento, la tragica ovvietà che gli aerei cadono, la tesi più semplice per scongiurare ogni indagine.
E allora è proprio dai militari che si debbono avere le prime risposte: perché hanno sostenuto ogni ipotesi pur di non mettere a disposizione del governo e della magistratura tutte le informazioni esistenti, mentre tante intanto venivano fatte sparire. Bisogna essere chiari: la sentenza di oggi è una sentenza che chiama direttamente in causa il comportamento dell’aeronautica militare.
Poi si debbono affrontare i rapporti con stati amici ed alleati: ricordiamoci che nella notte stessa della tragedia l’ambasciata americana mette in piedi una commissione straordinaria su un incidente apparentemente soltanto italiano, che non coinvolge nessun cittadino statunitense. C’è qualcosa di strano o al contrario di molto chiaro: era ben evidente che qualcosa di tremendo era successo nel cielo. Ma dei documenti che furono esaminati in fretta e furia nella notte nessuno ha avuto conoscenza. Come parecchie sono ancora le richieste dei nostri magistrati che non hanno avuto risposte esaurienti. Un capitolo speciale riguarda la Francia che fino a pochi mesi or sono rifiutava ogni collaborazione affermando che la sua base più al sud, quella di Solenzara in Corsica, chiudeva i battenti d’estate molto presto, alle 17, come una comune rivendita alimentare. C’è poi il problema Libia: Gheddafi ha sempre sostenuto di esser stato il vero bersaglio di quella notte, ma poi non ha dato particolari informazioni. Non stanno facendo meglio i nuovi governanti. Ma al di
là di queste considerazioni deve essere chiaro che quello che è capitato quella notte è un terribile episodio di «disputa internazionale» che vede coinvolti gli Stati che non sono propensi a svelare tutte le loro trame. Con questa consapevolezza deve muoversi il nostro governo, cercando ogni mezzo, proprio in contesto internazionale, con una determinata pressione diplomatica. Le istituzione europee, la Nato debbono essere i primi interlocutori per avere collaborazione e risposte, poi tutte le informazione americane debbono essere reperite. E non sto a ricordare che Cossiga prima della morte puntò il dito contro la Francia. La procura di Roma sta indagando e tutto, proprio tutto deve essere fatto perché abbia ogni informazione.
Rimane poi il tema dei risarcimenti: vorrei fare un appello perché le «perdite» dello Stato non fossero messe sulle spalle dei cittadini, ma di quegli appartenenti agli apparati dello Stato che hanno clamorosamente operato per nascondere e stravolgere la verità.
L’Unità 23.10.13