«Forse c’erano troppe aspettative su questa manovra». Il ministro per gli affari regionali e le autonomie, Graziano Delrio, risponde così alle molte critiche che si muovono da più fronti al ddl stabilità licenziato dal governo. Non che vada tutto bene, lui per primo indica i punti vulnerabili del provvedimento, ma definisce «inaccettabili» le bocciature tout court di parte del Pdl. Ministro, le critiche affatto morbide, però, arrivano anche dal suo partito. Angelo Rughetti dice: «Manca il taglio, non i tagli». Vi invita a considerare l’impatto di Imu, Tari e Tasi sui contribuenti già in sofferenza.
«Il Pd aveva scelto un taglio molto netto per la manovra: evitare interventi sulla Sanità e invertire il passo sul Patto di stabilità con un allentamento e non ulteriori penalizzazioni per i Comuni. Questo è avvenuto anche grazie allo sforzo di Errani e quindi i nostri obiettivi sono stati raggiunti. È chiaro che tutti avremmo voluto molto di più, sul patto di stabilità avrei preferito due miliardi e non uno perché da lì nasco- no posti di lavoro, ma è stato fatto un passo in avanti. L’altro tema che ci eravamo imposti era quello della service tax, uno strumento fiscale adeguato per i Comuni e che desse agli stessi una piena manovrabilità delle aliquote per distribuire il peso di questa tassa sui servizi indivisibili in maniera più equa rispetto all’Imu».
Hanno ragione o no i tutti coloro che temono che questa nuova imposta si traduca in maggiori esborsi per i contribuenti?
«Da questo punto di vista la critica di Rughetti è sensata, ma riguarda il 2014, perché il tetto dell’aliquota del 2, 05 per mille riguarda soltanto il prossimo anno. Sono convinto che si debba aumentare l’aliquota, altrimenti non ci saranno le detrazioni e di conseguenza non ci sarà equità. Sarebbe stato tutto più semplice lasciando le cose come pri- ma ma abbiamo dovuto trovare un compromesso sull’Imu per la prima ca- sa. Adesso bisognerà farla entrare a pieno regime, rendere pienamente manovrabile l’aliquota, introdurre l’esenzione per i figli e le detrazioni fiscali per le situazioni particolari. Soltanto così si avrà uno strumento più equo rispetto all’Imu».
Per Bondi questa manovra tradisce gli impegni presi dal Pdl con gli elettori. Ci risiamo, dopo solo 15 giorni di tregua?
«Ci risiamo. Nel Pdl c’è una discussione aperta, la rispetto, ma non vorrei che si ricominciasse con le minacce di crisi come ai primi di ottobre. Se le co- se si decidono insieme poi bisogna sostenerle, un attacco così frontale alla legge di stabilità da parte del Pdl, diverso dai distinguo e dagli inviti a migliorare, non lo capisco davvero. Non capisco cosa voglia dire».
Stefano Fassina minaccia le dimissioni. Qualcuno ha fatto ironia, Epifani lo ha difeso. Si ricomporrà la rottura?
«Non lo so, ma capisco che ognuno vorrebbe essere più coinvolto. Vale per tutti il discorso che ha fatto Stefano Fassina, d’altra parte la manovra era sotto la regia del Ministero dell’Economia, immagino quindi si riferisse soprattutto al suo dicastero».
Molti renziani hanno detto che sarebbe stato necessario più coraggio. Condivide l’osservazione?
«Non si può pensare di fare politiche di grande coraggio quando ci sono visioni così diverse sull’economia. Anche sul cuneo fiscale ci sono punti di vista molto diversi nel governo che è di coalizione. Non si può pensare che la manovra abbia l’impronta legata ad uno solo dei sentimenti che animano questa maggioranza».
Sta dicendo che uno degli effetti collaterali delle larghe intese è l’impossibilità di fare riforme radicali, quelle di cui c’è più bisogno?
«Ci sono temi sui quali si può trovare il coraggio di fare riforme forti, penso al superamento del Bicameralismo o alla riforma delle Province. È chiaro però che centrodestra e centrosinistra divergono sulla visione della spesa pubblica – che secondo me serve al Paese, motivo per cui ho difeso la Sanità – o dell’economia. Quello che cerco di ricordare spesso è che bisogna avere le aspettative giuste per non rimanere delusi. Noi, con le risorse date, abbiamo cercato di fare il massimo».
Come Bersani ritiene che ci siano state troppe aspettative?
«Assolutamente sì. Chi pensava a una riforma strutturale in campo economi- co in grado di cambiare il volto del Paese sottovaluta un particolare: per riuscirci bisogna avere la stessa visione e questo difficilmente è possibile in un governo di larghe intese. Mi sembra im- probabile che Pd e Pdl possano avere la stessa idea su società ed economia. Possono trovare convergenze sul rafforzamento delle piccole e medie imprese, sul rifinanziamento della cassa integrazione, ma su molto altro no». Sarà, come dice Letta, meno arduo l’obiettivo del 2015 per il governo?
«Io credo di sì, noi ce la stiamo mettendo tutta, ma il governo si regge sui voti in Parlamento. Il Pd è sempre stato il più serio nel sostegno al governo e nel contrastare le crisi fondate sul nulla».
L’Unità 19.10.13